Ci sono profughi e profughi
Commento di Deborah Fait
Pochi giorni fa, il 10 febbraio, sono stati commemorati gli italiani morti nelle foibe, donne, uomini, bambini, spesso gettati vivi, legati l’uno all’altro, dentro quelle voragini carsiche. Più di 10.000 persone furono ammazzate dai comunisti di Tito, in parte fucilati nelle loro case, per le strade delle loro città, torturati a morte, altre migliaia furono infoibate. Questo scempio avvenne dal 1943 al 1947, a guerra gia’ finita. Trieste fu l’unica città italiana che visse la liberazione come un incubo perchè per 40 giorni le squadre titine imperversarono torturando, uccidendo, deportando migliaia di cittadini innocenti. Il Maresciallo Tito voleva Trieste, le sue truppe, ma anche molti abitanti sloveni del Carso triestino, urlavano Trst je nas, Trieste è nostra. Questo eccidio, insieme alla pulizia etnica dell’Istria e della Dalmazia che dovevano diventare slave e comuniste, è passato sotto silenzio, un silenzio inaudito di cui la storia dovrà rendere conto.
Soltanto il 10 febbraio 2005, 50 anni dopo la tragedia, il Parlamento italiano ha dedicato la Giornata del Ricordo ai morti nelle foibe, un riconoscimento contestato, vergognosamente, dalla sinistra italiana. Tra quelli che hanno firmato contro, ecco alcuni nomi eccellenti: Armando Cossutta, Oliviero Diliberto ( l’innamorato di Arafat), Giuliano Pisapia( ricordatelo, milanesi!), Marco Rizzo ( altro innamorato di Arafat), Nichi Vendola!!! Questi firmatari del NO e altre decine di scellerati dell’opposizione di quegli anni non volevano che l’eccidio comunista fosse ricordato ritenendo i morti delle foibe indegni perchè scacciati da un regime comunista quindi, secondo loro, fascisti, quindi...sempre secondo loro....punibili con la morte e l’esilio. Ogni anno i sinistri ( gli stessi che amano il terrorismo palestinese, quello di Al Qaeda e tutti i terrorismi islamici, quelli che adesso non proferiscono parola contro lo Stato islamico) rifiutano di partecipare alla Giornata del Ricordo delle foibe, ogni anno i nullafacenti teppisti dei centri sociali cercano di disturbare le manifestazioni. Quest’anno sono andati a gettare bombe carta a Trento! Vegogna marcia! Una vergogna tutta italiana contro la Memoria della Shoà e contro il Ricordo degli infoibati, un’Italia venduta ai palestinesi dal Lodo Moro e che permise al terrorismo nero, rosso e palestinese di fare scempio su tutto il territorio nazionale. Io ero piccola ma ricordo la casa dei miei nonni in un borgo che in italiano si chiamava Crevatini e in sloveno Hrevatin, era abitato da italiani che parlavano un dialetto molto simile al veneto, ricordo mia nonna e i suoi racconti della famiglia che aveva costruito quella casa più di 400 anni prima, ricordo l’amicizia della gente, le porte delle case di pietra sempre aperte, l’asino, il cane Boby con cui giocavo, il frinire, al tramonto, delle cicale che gareggiavano coi grilli a chi faceva più baccano. Andavamo a caccia di maggiolini, e se noi bambini avevamo fame potevamo entrare in una qualsiasi di quelle porte aperte, chiedere un panino, un frutto, in bicchiere di latte, tutti si conoscevano, si aiutavano, avevano umanità, pazienza e allegria. Un mondo scomparso. Quando tornai, anni dopo, nella casa dei miei nonni, quel bel dialetto così musicale era scomparso sostituito da una lingua dura piena di consonanti, le porte non erano più aperte, tutto era cupo, mi sentivo spiata con sospetto da dietro le finestre, eravamo i “ talianski”, le antiche case di pietra col porticato di vite e i grappoli che pendevano sulla testa, erano state demolite e al loro posto avevano costruito brutte e anonime case di cemento con orrende verande di plastica e alti muri di mattoni tra una e l’altra. Gli italiani non c’erano più, tutte le mie amiche d’infanzia era andate via, chi a Trieste, chi in altre città italiane, chi in Australia. Solo mia nonna era rimasta nella “corte”, parlava il suo dialetto coi nuovi vicini croati che stranamente la capivano, diceva che avrebbe lasciato la sua casa “solo dopo morta”. E così fece. Dall’Istria furono cacciati dalle loro case, dalle loro terre, dai luoghi dove vivevano ( loro per davvero) da centinaia d’anni, 350.000 italiani. Una pulizia etnica portata a termine con tutti i crismi, una lunga scia di umanità che camminava verso chissà dove, coi carretti pieni di sedie , tavoli, materassi. Le porte delle case lasciate aperte perchè sapevano che non vi sarebbero tornati mai più. Alcuni furono imbarcati sulle navi verso Ancona o Trieste, messi nelle baracche dei campi profughi, altri sui treni verso città italiane che li avrebbero accolti malissimo , “fascisti” gli urlavano. La grassa, dotta e rossa Bologna rifiutò di rifocillarli quando arrivarono in stazione, rifiutarono loro anche l’acqua. Italiani, brava gente, che negavano aiuto ad altri italiani. Con gli anni quei profughi ripresero in mano la loro vita, le baracche furono trasformate in piccole casette con i fiori alle finestre, pian piano tutti si sistemarono e molti emigrarono. Nessuno mai andò a gettare bombe contro quelli che si erano impossessati delle loro case e delle loro terre, nessuno si trasformò in terrorista. Nessuno! Gli istriani vivevano in quelle terre da sempre, da tempi immemorabili, erano le loro terre, non erano arrivati da altri paesi! Gente civile, pacifica, lavoratori che pensarono solo a ricominciare tutto da capo anche in paesi stranieri, anche dall’altra parte del mondo , misero le chiavi delle case avite nei cassetti, per ricordo, senza mai sbandierarle, senza mai urlare che là sarebbero tornati. Sapevano che era finita per sempre, che non avevano più “dove tornare” come scriveva Fulvio Tomizza, accettarono il loro destino forzato di profughi pensando a rifarsi una vita nel ricordo e colla nostalgia dei tempi passati e perduti. Le innumerevoli associazioni istriane, createsi dopo l’esilio, servivano a mantenere nel cuore della gente il ricordo delle tradizioni e l’amore per la terra perduta, non sono mai state covi dove alimentare odio e violenza.
Sto scrivendo non solo per ricordare il dolore e la morte nelle terre della mia infanzia ma anche perchè trovo doveroso far notare alcune enormi differenze tra profughi e profughi, tra gli italiani scacciati dalle terre Italiane dell’Istria e i palestinesi, per la maggior parte arrivati da altri paesi proprio grazie agli ebrei che davano loro lavoro e vita decente, molti anni prima della fondazione politica di Israele. Ai palestinesi (chiamiamoli così per comodità anche se erano semplicemente arabi come essi stessi si definivano), autoctoni o no, che vivevano in Israele nel 1948, Ben Gurion chiese di rimanere e lavorare insieme per dar vita e futuro a un paese democratico e moderno. Rifiutarono, già imbevuti di odio e propaganda, e, come fu loro ordinato dai paesi arabi, se ne andarono in 650.000 colla promessa della Lega Araba che sarebbero tornati a distruzione di Israele avvenuta. Come usa dire, se la presero in saccoccia, Israele vinse quella prima guerra come tutte le altre promosse dai paesi arabi, uniti nel tentativo di eliminarlo. A differenza dei profughi istriani, l’unico lavoro in cui i palestinesi eccelsero fu il terrorismo che produsse solo miseria per loro e disperazione per noi che, dopo millenni di persecuzioni, anelavamo a un po’ di pace. Rinchiusi dagli arabi nei campi profughi delle nazioni createsi ex novo intorno a Israele, risultato della II guerra mondiale e fine del colonialismo europeo, hanno metabolizzato odio riversandolo sugli ebrei, trasformando in tragedia la vita di tutti, una vita che avrebbe potuto essere diversa soprattutto per loro. Se il Medio Oriente avesse accettato la pace con Israele e non avesse negato la creazione di un secondo Stato per gli arabi/palestinesi , avrebbe potuto trasformarsi, almeno per la parte che si affaccia sul Mediterraneo, in una specie di paradiso. Genialità e inventiva ebraica, soldi arabi, pace e lavoro avrebbero potuto fare la differenza. Purtroppo la barbarie ha avuto la meglio e gli ebrei di Israele sono stati lasciati soli. Oggi i palestinesi sono potenti, l’odio antiebraico ha trasformato la loro ideologia assassina in una unione planetaria contro Israele, hanno in mano la propaganda internazionale e il ricatto del terrorismo, ormai globalizzato, rende loro schiave le nazioni di una povera e debole Europa. Sono i precursori di tutte le organizzazioni terroristiche che oggi stanno distruggendo il Medio Oriente e terrorizzando l’Occidente. E le loro popolazioni? Come vivono le popolazioni palestinesi oggi, a distanza di 70 anni? Vivono nella miseria morale e civile cui i loro capi scellerati le hanno portate trasformandole in bombe umane, in fucine di un odio da cui esce ogni sorta di barbarie sempre in attesa di eliminare l’unica democrazia, molto fastidiosa per loro, del Medio oriente.
Ci sono profughi e profughi, civiltà e ferocia, desiderio di vivere e voglia di morire provocando morte altrui, pensateci Amici!
Deborah Fait
Gerusalemme, Capitale di Israele, unica e indivisibile.