Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 13/02/2015, a pag. 17, con il titolo "La vedova del killer di Parigi testimonial dell'Isis in Siria", la cronaca e commento di Maurizio Molinari.
Maurizio Molinari
Amedy Coulibaly
«È bello vivere nello Stato Islamico», «ogni donna deve sostenere il marito jihadista», «non c’è nulla di meglio di combattere i nemici di Allah»: sono i messaggi-spot per il Califfo dello Stato Islamico (Isis) diffusi nel cyberspazio da Hayan Boumeddiene, moglie del terrorista Amedy Coulibaly autore della strage dell’«Hyper Cacher» di Parigi. Le forze di sicurezza francesi le danno la caccia da quel giorno, sospettandone la fuga attraverso la Turchia fino alla Siria, e la conferma arriva da un’intervista pubblicata su «Dar al Islam», il magazine di Isis in francese, in cui si esaltano gli attacchi a «Charlie Hebdo» e «Hyper Cacher» titolando in copertina: «Allah Maledica la Francia».
Nell’intervista Boumeddiene viene definita «moglie del nostro fratello Abu Basir Abdullah Al-Ifri» ovvero il nome musulmano di Coulibaly. Quanto la donna afferma, nel botta e risposta, corrisponde a messaggi mirati a raggiungere i jihadisti di lingua francese, invitandoli a unirsi al Califfato. «Allah mi ha facilitato il viaggio, non ho incontrato difficoltà» esordisce Boumeddiene, spiegando che è «bello vivere in una terra dove vigono le leggi di Allah, si prova la sensazione di aver compiuto quest’obbligo». Come dire: il trasferimento è facile e una volta arrivati ci si trova nel posto giusto.
Hayat Boumeddiene
Il ricordo del marito
Poi si passa al ricordo del marito terrorista, per sottolineare che «gioì per la formazione del Califfato e invidiava i fratelli che vi erano giunti per combattere i nemici di Allah». Coulibaly dunque come modello: non solo per l’orrenda strage compiuta nella «maledetta Francia» ma per la volontà di unirsi allo Stato Islamico. Da qui l’appello che la moglie rivolge «a tutti i credenti»: «Interessatevi alla Umma - la comunità dei musulmani - al Corano e alla Sunna, è questo il motivo per cui Allah ci ha dato l’intelligenza, studiate la vita del Profeta, chiedete ad Allah di guidarvi».
È l’invito ad aderire al Jihad, a cui se ne aggiunge un altro «alle sorelle», le donne musulmane: «Sostenete mariti, fratelli, padri e figli dandogli riposo e tranquillità, facilitategli le cose, siate forti e coraggiose, abbiate la virtù della pazienza». È la conferma di uno dei pilastri della costruzione del consenso interno nel Califfato: sfruttare le donne per consolidare il sostegno degli uomini.
I modelli femminili
Per avvalorare il messaggio, Boumeddiene evoca due figure femminili: Asiya, moglie del Faraone durante la schiavitù degli ebrei in Egitto, perché «rinunciò a tutte le ricchezze del mondo per Allah», e Maryam, la madre di Gesù, «che scelse Allah elevandosi su tutte». Sono donne che non nacquero musulmane e dunque vengono sfruttate per motivare le convertite jihadiste. La società di produzione del Califfato diffonde inoltre un video nel quale si vede una donna che assomiglia a Boumedienne con un mitra in mano, assieme ad altri miliziani, facendo capire che è riuscita nell’intento di arrivare sulla linea del fuoco. La moglie di Coulibaly diventa così il secondo testimonial mediatico del Califfato affiancandosi a John Cantlie, l’ostaggio britannico trasformato in reporter pro-Isis.
È una strategia di comunicazione che, secondo la task force antiterrorismo del «Soufan Group» di New York, punta a «conquistare il monopolio della diffusione dell’immagine del Califfato» spiegando anche la determinazione con cui Isis cattura ed elimina chi gli può fare concorrenza: reporter e volontari delle ong in Siria e Iraq.
Per inviare la propria opinione alla Stampa, telefonare 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante