Riprendiamo dal MANIFESTO di oggi, 10/02/2015, a pag. 6, con il titolo "La sfida di 400 rabbini: 'Stop alle demolizioni' ", il quotidiano articolo di disinformazione su Israele di Michele Giorgio.
Ancora una volta il Manifesto si conferma un organo di propaganda che soffia sul fuoco già di per sé vivace dell'odio per Israele e dell'antisemitismo. Michele Giorgio è il campione di questa indegna crociata della disinformazione.
La propaganda del quotidiano comunista, e di Giorgio in particolare, ha come veicolo principale l'utilizzo dei termini. Per questo, Giorgio non utilizza mai - MAI - parole come "terrorista" o "terrorismo" scrivendo di terrorismo islamico, mentre si riferisce a Israele come a una "potenza occupante", la cui politica è di "occupazione" e "colonizzazione" e il cui principale obiettivo sarebbe l'ampliamento delle "colonie ebraiche".
Nell'articolo di oggi, che riproduciamo di seguito, Giorgio, invece, virgoletta il termine "illegali", riferito a quattrocento abitazioni costruite per volontà dell'Unione Europea e con fondi dell'Unione Europea in West Bank nella zona C di esclusiva amministrazione israeliana secondo gli accordi di Oslo. Con l'utilizzo delle virgolette, il lettore non può che pensare che si tratti di una definizione propugnata da Israele, già definito a più riprese "Stato coloniale". E invece non è così (ma questo Giorgio si guarda bene da dirlo): le 400 abitazioni sono state edificate senza autorizzazione alcuna delle autorità israeliane (in base agli accordi di Oslo del 1993).
Il fatto che 400 rabbini abbiano difeso le abitazioni illegali dimostra soltanto che in Israele ciascun cittadino ha diritto a professare con totale libertà le proprie idee, per quanto discutibili possano essere.
Un gesto di grave e aperta ostilità da parte dell'Unione Europea nei confronti dell'unico Stato democratico del Medio Oriente, viene trasformato sul Manifesto/Stürmer nell'ennesima occasione per demonizzare lo Stato degli ebrei.
Vi invitiamo a guardare questo video, che mostra le costruzioni illegali con inequivocabili simboli dell'Unione Europea: https://www.youtube.com/watch?v=YIel8nK9SyE
Su questo argomento è intervenuto Ugo Volli nella Cartolina dal titolo "Colonialismo", ecco il link: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=280&id=57133
Morale:
1) Se le costruzioni nel West Bank le fa l'Unione Europea, agli odiatori di Israele vanno benissimo. Se è Israele a costruirle - anche nei territori sui quali ha giurisdizione- commette sempre un'illegalità.
2) L'odio verso Israele del Manifesto è tale, da arrivare ad applaudire persino dei fanatici rabbini che si ispirano ad una ultra-ortodossia da non riconoscere il diritto di Israele ad esistere. Complimenti al 'laico' Stürmer' !
Ecco l'articolo:
Michele Giorgio
Alcune abitazioni edificate dall'Unione Europea
Quattrocento rabbini di Israele, Gran Bretagna e di altri paesi si sono uniti alle voci che chiedono con forza al premier Benjamin Netanyahu di revocare l'ordine di demolizione di circa 400 abitazioni, strutture ed edifici palestinesi costruiti senza l'autorizzazione delle autorità di occupazione nella zona C della Cisgiordania.
Nella petizione, promossa dall'associazione "Rabbini per i Diritti umani", i religiosi descrivono la decisione presa dal governo contraria al «diritto internazionale e alla tradizione ebraica». Ricordano che migliaia di palestinesi «sono stati costretti a costruire senza permesso» e che «grande sofferenza umana è causata ogni anno dalla demolizione di centinaia di case». Infine sottolineano che Israele ha l'obbligo di garantire il diritto ad avere una casa a tutti coloro che sono sotto il suo controllo.
Per Israele quelle case e strutture edilizie vanno demolite perché sono illegali. Una motivazione che si scontra con una realtà sul terreno. Proprio nella zona C sono situate le colonie costruite da Israele in aperta violazione di leggi e convenzioni internazionali.
Der Stürmer, organo della propaganda antisemita del nazismo nella Germania hitleriana
Un capitolo doloroso dl Oslo
La questione della zona C è un altro dei dolorosi capitoli degli accordi di Oslo raggiunti nel 1993 da Israele e Olp. Con la creazione dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) nel maggio 1994, la Cisgiordania fu divisa in tre zone. La A, sotto l'Anp, la B a controllo misto, e la C sotto la piena autorità di Israele. Questa divisione doveva essere temporanea, della durata massima di 5 anni, ossia durare fino alla definizione dello «status permanente» dei Territori occupati e alla nascita dello Stato di Palestina.
Come sono andate le cose è noto a tutti. A distanza di 21 anni da quelle intese, sul terreno non è cambiato nulla, se non, in peggio, la vita dei palestinesi. Gli accordi di Oslo che dovevano aprire la strada all'indipendenza palestinese, almeno nei piani dell'allora leader dell'Olp Yasser Arafat, si sono invece rivelati una gabbia.
Tutto iI potere all'esercito
La zona C è la porzione più ampia della Cisgiordania, il 60% di questo territorio palestinese, in cui l'esercito israeliano detiene tutti i poteri, a cominciare dalla pianificazione edilizia. E' popolata da 150mila palestinesi che vivono in 542 cornunità. I coloni israeliani giunti dopo l'occupazione nel 1967 sono quasi 350mila e vivono in 135 insediamenti e un centinaio di «avamposti colonici».
Ocha, l'ufficio di coordinamento delle attività umanitarie dell'Onu, ricorda che mentre alle colonie sono assegnate ampie aree per l'espansione edilizia, solo l'1% della zona C è destinato allo sviluppo delle comunità arabe. Circa 5mila palestinesi, specialmente nel sud della zona C, abitano in 38 comunità dentro o nei pressi di aree definite «zone di addestramento militare», perciò soggetti a pericoli e a forti pressioni affinché si trasferiscano in altre località. I permessi per le nuove costruzioni palestinesi, anche quando si tratta di scuole o altre strutture pubbliche, sono concessi con il contagocce dalle autorità militari. E nel 2012, ad esempio, 540 edifici (tra i quali 165 abitazioni) sono stati demoliti perché «illegali» e 815 palestinesi sono rimasti senza casa. E non è insignificante che il 70% delle comunità palestinesi della zona C non siano collegate alla rete idrica, a differenza di tutti gli insediamenti colonici israeliani.
Progetti umanitari "illegali"
Con discrezione, spesso con progetti di ong internazionali, come Oxfam o l'italiana Gvc, l'Unione europea cerca di dare sostegno ai 150 mila palestinesi che vivono nella zona C in condizioni difficili. Progetti umanitari che però Israele ritiene, almeno in parte, «illegali» o comunque usati dai palestinesi per espandersi. Da parte loro i palestinesi ricordano che questa porzione di Cisgiordania fa parte della loro terra e di avere il diritto, alla luce anche del fallimento degli accordi di Oslo, di costruire e sviluppare le loro comunità nella zona C.
È improbabile, in mancanza di pressioni internazionali, che il governo cambi la sua decisione di demolire le 400 strutture «abusive». Netanyahu è un accanito sostenitore della colonizzazione ma pesa anche il voto del 17 marzo. Il premier israeliano non intende offrirsi su di un piatto d'argento per una eventuale accusa di debolezza da parte dei partiti dell'estrema destra, come «Casa Ebraica» che chiede l'annessione della zona C della Cisgiordania. Continuerà perciò la corsa della colonizzazione.
Due settimane fa era stata approvata la costruzione di altre 430 unità abitative negli insediamenti. leri il giornale Haaretz ha rivelato che l'esercito israeliano ha confiscato 374 ettari di terre in Cisgiordania per espandere quattro colonie - Kedumim, Vered Yericho, Neveh Tzuf e Emanuel — più altri 100 ettari che saranno messi a disposizione degli insediamenti del blocco di Etzion.
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