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La Stampa Rassegna Stampa
10.02.2015 'Il vicario' di Rolf Hochhuth, la pièce che denunciò il silenzio di Pio XII
Censurato in Italia, lo ricorda Alberto Papuzzi

Testata: La Stampa
Data: 10 febbraio 2015
Pagina: 27
Autore: Alberto Papuzzi
Titolo: «Quando una pièce su Pio XII spaccò socialisti e democristiani»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 10/02/2015, a pag. 27, con il titolo "Quando una pièce su Pio XII spaccò socialisti e democristiani", l'articolo di Alberto Papuzzi.

Papuzzi chiude il su pezzo con " Hochhuth .....chiuderà la sua carriera con la sceneggiatura di un opaco film di Costa Gavras, Amen." Amen, al contrario, è un film di altissimo valore, tutt'altro che 'opaco', come scrive Papuzzi, è uno dei film più interessanti sui rapporti fra Vaticano (Pio XII) e il nazismo. "Powerful" l'aveva definito la critica. Chi non l'avesse visto, non lo perda, anche per onorare la memoria di Hochhuth, che ne fu lo sceneggiatore. 
ecco la locandina:


Alberto Papuzzi            Rolf Hochhuth


Una scena della pièce Il vicario

All’inizio era sembrato un caso di secondaria importanza. Uno dei tanti che negli Anni Sessanta agitavano le acque della borghesia intellettuale e alimentavano i pettegolezzi nel bel mondo romano. In realtà si rivelò un affare spinoso, con serie ripercussioni politiche, con denunce, provocazioni e accuse. Come sempre, nel nostro Paese, ci si ritrovò a fare i conti con quelli del sì e quelli del no, con il partito dei laici e quello dei credenti. Ci fu chi addirittura pronosticò beghe e rotture che avrebbero potuto mandare a carte quarantotto l’alleanza di centrosinistra, fra democristiani e socialisti, già per sé fragile; e si tornò a discutere circa l’interpretazione del primo articolo del Concordato del 1929.


Il cardinale Pacelli (poi papa con il nome di Pio XII) conversa con Adolf Hitler in una foto degli anni '30

Parliamo di un testo teatrale - Il Vicario del drammaturgo e scrittore tedesco Rolf Hochhuth - che cinquant’anni fa mise in scena i silenzi di Pio XII di fronte allo sterminio degli ebrei pianificato da Hitler.

Scritto nel 1963, in cinque atti, messa in scena nello stesso anno a Berlino e l’anno seguente a Londra, Il Vicario arrivò in Italia, agli inizi del 1965, accompagnato dagli echi di qualche inevitabile polemica, ma senza eccessivi imbarazzi. Soltanto Parigi aveva visto costituirsi due veri schieramenti, uno a favore, l’altro a biasimo, del lavoro di Hochhuth. Ma prima che su un palcoscenico, il testo era entrato nelle librerie, pubblicato da Feltrinelli nel 1964, con una prefazione dello scrittore e critico cattolico Carlo Bo. Come dramma teatrale finì nelle mani del regista Carlo Cecchi, con la compagnia di Gian Maria Volonté, attore di cui era arcinoto l’impegno politico. Attore popolare per gli spaghetti-western, però nel 1960 aveva fatto in teatro Sacco e Vanzetti, sul dubbio processo ai due anarchici, e nel 1962 aveva girato Un uomo da bruciare (storia d’un sindacalista assassinato dalla mafia).

Ma l’allestimento italiano del testo di Hochhuth fu oggetto di una censura che lo fece diventare un caso politico. Cecchi e Volonté riuscirono a organizzare soltanto una rappresentazione quasi clandestina nel retrobottega della Libreria Feltrinelli (11 febbraio 1965). Erano previsti successivi allestimenti in una cantina romana, ma furono vietati dalla Pubblica Sicurezza perché mancava il certificato di agibilità; quindi arrivò anche un decreto prefettizio che dichiarava l’opera di Hochhuth contraria alle norme del Concordato. Nel frattempo la polemica fra chi chiedeva rispetto per il Sommo Pontefice e chi difendeva strenuamente la libertà di espressione si era spostata anche a Firenze, dove teatranti e sostenitori si chiudono nel Teatro di Santa Apollonia, per mettere in scena (è il caso di dirlo) uno sciopero della fame. Sul quale si esercitò la satira di un settimanale di destra, Lo Specchio, che pubblicò fotografie di vassoi di salsicce destinate agli scioperanti. In altri ambienti, vicini al Vaticano, corsero invece voci sul coinvolgimento di agenti o ex, di servizi segreti dei Paesi dell’Est, che avrebbero fornito a Hochhuth materiali per costruire e far parlare il suo Vicario.

In realtà l’opera era la punta di un iceberg che osava affrontare in modo estremamente critico la figura, al tempo quasi sacrale, di Pio XII. «Per cinque lunghi anni assistette al sommarsi convulso degli addendi di un tragico quoziente di morti e distruzioni. Eppure non parlò mai», come scrisse Carlo Falconi, vaticanista dell’Espresso. Ma altrettanto impegnativi erano gli interventi a difesa del papa, alla morte del quale la statista israeliana Golda Meir riconobbe che aveva «levato la voce in difesa della vita».

Sul tema si registrano, fra gli altri, interventi di Mauriac e di Camus. Diversi personaggi pubblici, per esempio Alcide De Gasperi, hanno riconosciuto di aver trovato protezione nelle stanze vaticane. Hochhuth, che nel frattempo aveva scritto un altro testo polemico, Soldati, contro Winston Churchill (senza però destare scandali), chiuderà la sua carriera con la sceneggiatura di un opaco film di Costa Gavras, Amen.

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