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La Stampa Rassegna Stampa
07.02.2015 Cooperatori, volontari, ong: eroismo o cattiva propaganda ?
Cronaca di Francesco Semprini

Testata: La Stampa
Data: 07 febbraio 2015
Pagina: 5
Autore: Francesco Semprini
Titolo: «Kayla, la ragazza dell'Arizona che voleva salvare i più deboli»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 07/02/2015, a pag.5, con il titolo "Kayla, la ragazza dell'Arizona che voleva salvare i più deboli" la cronaca di Francesco Semprini.


Kalya Muller

La vicenda di Kayla, quel suo sentirsi missionaria destinata alla salvezza dei più deboli - come recita la retorica alla quale ci hanno abituati i media influenzati dalla Gino-Strada-Ideologia - assomiglia a molte altre storie simili, italiane in particolare. Kayla ha perso la vita, altre si sono salvate dopo essere state sequestrate grazie al pagamento di riscatti milionari, che hanno alimentato le finanze dei terroristi. Una storia infinita che può terminare solo quando ci sarà una risposta definitiva, un NO secco al pagamento di qualunque riscatto, l'unico modo per porvi fine. La commozione per la loro sorte pregiudicherà la vita di molti altri 'cooperanti', per ben che vada 'ingenui' imbevuti di ideologie pacifiste, che andranno incontro a un tragico destino. Soltanto la comprensione della vera natura del terrorismo islamico potrà salvare le loro vite. Cominciamo a chiamare il terrorismo con il suo vero nome, Stato Islamico, basta con in vari IS o ISIS, che ricorda il nome di un fiore. Qui di fiori non ce ne sono, solo criminali che bruciano vivi esseri umani, tagliano gole, decapitano, tutto in nome dell'islam, del Corano e del suo profeta Maometto.

Ecco l'articolo:

Certezze, allo stato attuale, ce ne sono solo sul nome, Kayla Jean Mueller. È lei la cooperante americana ostaggio degli jihadisti dello Stato islamico, unico statunitense nelle mani dell’Isis, dopo l’esecuzione di Peter Kassig. Come quest’ultimo Kayla è una cooperante di 26 anni, e questi erano gli unici dati noti sino a ieri, assieme al fatto che si era recata in Siria per dare il proprio contributo in favore della popolazione civile ed era stata rapita ad Aleppo dove era volontaria all’ospedale di Medici senza frontiere assieme al fidanzato siriano. I genitori avevano optato per quello che, in caso di presunti rapimenti, si chiama «blackout». Generosa versogli altri Di lei si erano perse le tracce nell’agosto del 2013, circa due anni dopo dal video, ancora reperibile su YouTube, nel quale aderiva alla campagna «Syrian sit-in». Era il primo passo verso la scelta di recarsi nei territori tra Turchia e Siria per dare un contributo materiale a quella campagna tra le file della Ong «Support to Life». Oltre all’immagine sgranata del video del 2011, di lei circola in rete una foto più recente delmaggio 2013, a corredo di un articolo del «Daily Courier», il giornale di Prescott, la città dell’Arizona dove Kayla è originaria. Una foto che tradisce tutta la fanciullezza del viso della ragazza 26enne. Sullo sfondo una bandiera a stelle e strisce, a fianco uno stendardo del «Prescott Kiwanis Club», il circolo dove pronunciò un discorso denunciando l’emergenza in Siria. «Finché avrò vita - disse Kayla durante quel discorso - non permetterò che questa sofferenza diventi qualcosa di normale,qualcosa che accettiamo e basta. È importante fermarsi e capire quanto siamo privilegiati. E quindi cominciare ad agire». Maimostrata invideo Sempre lo stesso giornale in un articolo del 2007 raccontava che Kayla, allora studentesresa della Northern Arizona University, collaborava con «Save Darfur Coalition» ed era andata come volontaria in un ospedale in India. E la stessa foto del 2013 campeggiava ieri sulla home page del sito del «Daily Courier». Come per esorcizzare lo spettro della presunta morte dichiarata unilateralmente dalle cannonieremediatiche dello Stato islamico, unica vittima di un’unica bomba lanciata dai caccia giordani. Prima di ieri gli analisti si interrogavano sul perché la rapita non fosse comparsa mai in un video, nemmeno a corollario della decapitazione di qualche altro prigioniero, come avvertimento ultimo al nemico occidentale. Lo Stato islamico ha ucciso donne, ma tutte musulmane, condannate perché disobbedienti alle leggi della sharia, o guerrigliere curde, ma mai occidentali. E poi, visto che questi jihadisti non hanno mai risparmiato le immagini dei corpi di cui fanno scempio, perché di Kayla non è apparso neanche un fotogramma?

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