Riprendiamo dall'ESPRESSO di oggi, 06/02/2015, a pag. 67, con il titolo "Parole vuote sulla Palestina", il commento di Paul Salem.
Paul Salem, vicepresidente del Middle East Institute, sostiene che l'Europa, per esercitare una azione incisiva che esprima la propria distanza da Israele, debba "liberarsi dell'ombra americana". Il ragionamento è corretto, sono le premesse a essere sbagliate. Perché, infatti, l'Europa dovrebbe proseguire una politica ostile all'unica democrazia dell'intero Medio Oriente, ponendo ostacoli alla sua sopravvivenza quando questa viene messa a repentaglio dal terrorismo arabo-palestinese?
Salem, inoltre, sostenendo che Netanyahu sarebbe contrario a due Stati, dimentica che obiettivo di tutti i governi israeliani dal 1948 a oggi - inclusi dunque quelli presieduti da Netanyahu - hanno cercato la pace con gli Stati arabi e gli arabi palestinesi in cambio delle terre ottenute con numerose guerre di difesa. Di conseguenza, parlare - come Salem fa - di Israele come "potenza occupante" è una menzogna.
Sottolineiamo, infine, come ancora una volta l'Espresso pubblica contributi non equilibrati su Israele.
Ecco l'articolo:
Paul Salem Benjamin Netanyahu
Si è parlato molto della recente decisione del Parlamento europeo di riconoscere "in linea di principio" uno Stato palestinese e della condanna degli insediamenti israeliani nei Territori dichiarati "illegali secondo la legge internazionale". Anche alcuni Parlamenti nazionali europei hanno approvato risoluzioni analoghe e la seconda più alta Corte europea ha deciso di cancellare Hamas dall'elenco delle organizzazioni terroristiche.
Tutto ciò coincide con il lancio da parte dell'Autorità Palestinese di una "intifada diplomatica" che ha contemplato: un incontro con i firmatari della Convenzione di Ginevra; una mozione presso il Consiglio di sicurezza Onu e iniziative per l'ammissione dell'Autorità a membro della Corte penale internazionale. L'incontro di Ginevra ha prodotto un ammonimento a Israele sul rispetto della legge umanitaria. Il voto al Consiglio di sicurezza, che chiedeva la fine dell'occupazione israeliana e un accordo di pace basato su due Stati entro il 2017, non ha ottenuto i nove voti minimi necessari. Mentre il tentativo dell'Autorita Palestinese di entrare a far parte della Corte penale internazionale è ancora sotto esame.
Se questi sviluppi indicano, da una parte, nuovi trend nelle dinamiche politiche del conflitto israelo-palestinese, dall'altra, è improbabile che riescano a rimettere in piedi il moribondo processo di pace. Beninteso, la decisione europea rimarca il crescente isolamento diplomatico di Israele. Tuttavia, questo modesto strappo diplomatico non si è tradotto - ed è improbabile che avvenga - in alcun tipo di pressione significativa.
Israele e i suoi amici europei, che restano uniti da forti interessi economici, politici e di sicurezza, continueranno a concordare che sulla questione palestinese sono in disaccordo. Peraltro. se l'Europa è stata un elemento fondamentale per la nascita dello Stato d'Israele, per la sua sopravvivenza sono gli Stati Uniti l'elemento decisivo. Anche se le relazioni tra il primo ministro israeliano e il presidente statunitense sono le peggiori mai registrate nella storia dei due Paesi, non è immaginabile che la potenza americana eserciti alcuna pressione su Israele tanto più ora che il neo eletto Congresso a maggioranza repubblicana ha invitato Netanyahu a parlarvi e minaccia sanzioni contro l'Autorità Palestinese.
In Israele, la diatriba con l'Europa e con il presidente Obama aiuta Netanyahu nella campagna elettorale in vista delle elezioni del 17 marzo. Arriva sulla scia di un pesante attacco agli Hezbollah sulle altezze del Golan, e di un attentato a un bus a Tel Aviv. Finché Netanyahu riuscirà a mantenere i riflettori puntati sulle questioni della sicurezza, del terrorismo, sull'Iran, evitando i temi della realtà quotidiana come lo sviluppo economico, i sondaggi non gli daranno grattacapi. Corne ammettono persino gli amici di Israele, Netanyahu non si è mai adoperato seriamente per una soluzione a due Stati. Che abbia o meno successo alle elezioni, le bacchettate europee non faranno cambiare idea né a lui né alla destra israeliana.
Sul versante palestinese, il voto europeo è solo una importante affermazione di principio senza conseguenze pratiche. Persino gli Usa sono a favore della soluzione che prevede due Stati. La frenetica attività diplomatica palestinese è un segno di disperazione e la prova dell'impasse in cui si trova l'Autorità Palestinese, non più in grado di convincere il proprio popolo della bontà di negoziati con la potenza occupante. II pericolo non è soltanto che ciò rafforzi Hamas ma che si apra la strada a elementi ancora più radicali legati allo Stato Islamico.
Il processo di pace è morto ed è improbabile che risusciti presto. Netanyahu non ritiene che la soluzione "due Stati" sia nell'interesse del Paese. II presidente Usa concentra tutta la sua attenzione sulla firma di un accordo nucleare con l'Iran e non ha né la risolutezza né la capacità di attivarsi per il processo di pace. Se gli europei non riusciranno a liberarsi dell'ombra americana, a far seguire alle parole azioni in grado di esercitare una vera pressione, le recenti dichiarazioni svaniranno nell'eco del tempo. L'occupazione irrisolta porterà nel frattempo. a una maggiore radicalizzazione e allo scoppio di focolai di violenza.
Traduzione di Guiomar Parada
Per inviare la propria opinione all'Espresso, telefonare 06/84781, oppure cliccare sulla e-mail sottostante