sabato 21 settembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Stampa Rassegna Stampa
03.02.2015 E' giusto collaborare con i terroristi di Hamas?
Cronaca e intervista di Maurizio Molinari a Davide Damosso, direttore Envipark

Testata: La Stampa
Data: 03 febbraio 2015
Pagina: 47
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Torino realizzerà il parco tecnologico nel fortino di Hamas - 'La lingua dell'innovazione è la stessa dei palestinesi'»

Riprendiamo dalla STAMPA - Torino di oggi, 03/02/2015, a pag. 47, con il titolo "Torino realizzerà il parco tecnologico nel fortino di Hamas", la cronaca di Maurizio Molinari; a pag. 47, con il titolo "La lingua dell'innovazione è la stessa dei palestinesi", l'intervista di Maurizio Molinari a Davide Damosso, direttore Envipark.

La domanda che ci si pone di fronte a una notizia come questa è se sia giusto collaborare con una organizzazione terroristica come Hamas, che si propone la distruzione di Israele.
Maurizio Molinari precisa con la consueta impeccabile puntualità la presenza di Hamas a Hebron, uno dei centri del West Bank dove più spesso si scatena la violenza del terrorismo palestinese.
In base al comportamento del Signor Damosso, nagli anni '30 avrebbe collaborato con la Germania nazista, essendo l'ideologia che contraddistingue Hamas chiaramente genocida nei confronti del popolo israeliano.


Manifestazione pro-Hamas a Hebron

Ecco gli articoli:

"Torino realizzerà il parco tecnologico nel fortino di Hamas"


Maurizio Molinari

Sviluppare una generazione di start up hi-tech nella roccaforte islamica della Cisgiordania: è la scommessa del progetto di cooperazione fra Torino e Hebron che ha visto un parterre di tecnici delle due città incontrarsi nella cornice dell’«Italy Day» celebrato nella sede del Politecnico palestinese.
«L’iniziativa nasce nell’ambito della cooperazione fra Italia e Autorità palestinese - spiega Maurizio Baradello, capo della Relazioni Internazionali della giunta Fassino - e in particolare dei rapporti fra città e città che hanno visto convergere Torino e Hebron sulla realizzazione di un parco tecnologico palestinese, al fine di creare uno spazio comune». È un’iniziativa che apparentemente stride con il profilo di una delle città della Cisgiordania più segnate dalle violenze: è qui che le fibrillazioni fra popolazione palestinese e insediamenti ebraici sono incandescenti, è qui che Hamas ha la roccaforte da dove ha organizzato la scorsa estate il rapimento dei tre ragazzi israeliani - poi uccisi - ed è sempre qui che a metà gennaio è stata sgominata la prima cellula jihadista dello “Stato Islamico” (Isis) che progettava attacchi tanto contro Israele che nei confronti dell’Autorità nazionale palestinese.



Identità precisa
È una cornice che non sfugge a Davide Damosso, direttore di Innovazione e Sviluppo all’Envipark di Torino, impegnato a far decollare il parco tecnologico. «Ma Hebron è anche la città con le maggiori industrie manifatturiere della Cisgiordania - risponde, facendo sfoggio di pragmatismo - ed è anche la sede di un Politecnico dal quale escono giovani ingegneri interessati a lanciare start up hi-tech». Come dire: Hebron ha una identità diversa, composta da aziende locali e giovani appassionati dell’hi-tech, che può generare uno sviluppo economico rivoluzionario in questo angolo di Medio Oriente trasformandosi in un antidoto poderoso contro violenze ed estremismi.

Sette edifici
È uno scenario avvalorato da quanto dicono Daoud Al-Zatari e Kamel Hmeid, sindaco e governatore di Hebron, sull’«opportunità da non perdere» intervenendo all’«Italy Day» co-gestito assieme al Console generale d’Italia a Gerusalemme, Davide La Cecilia. La platea di imprenditori, tecnici ed ingegneri italiani e palestinesi assiste all’esposizione dello studio di fattibilità del «TechnoPark dell’innovazione a Hebron» che Damosso illustra indicando l’obiettivo di realizzare sette edifici per un totale di 7 mila mq di uffici, laboratori, incubatori hi-tech e spazi condivisi, circondati da un parco esterno di 11 mila mq. Il tutto realizzato nella zona Sud della città dove già sorgono la sede della compagnia elettrica e idrica, con l’obiettivo di far operare assieme le industrie più antiche della Cisgiordania e start up capaci di proiettarle sul mercato globale assicurando così investimenti e posti di lavoro. «La missione è creare condizioni favorevoli per lo sviluppo di innovazioni nel sistema economico locale, sostenendo lo sviluppo delle imprese e di tecnologie pulite» spiega Damosso. L’esistenza a Hebron di un centro di lavorazione del marmo, con la partecipazione della cooperazione italiana, consente di avere una base di partenza. «Ma il più deve essere ancora fatto» concordano Damosso e Baradello, lasciando intendere che la sorte della scommessa a Hebron dipende da volontà e risorse che le autorità locali metteranno in campo.

"La lingua dell'innovazione è la stessa dei palestinesi"


Davide Damosso

Davide Damosso, direttore di Innovazione e Sviluppo di Envipark, da dove nasce il progetto del parco tecnologico in una città come Hebron?
«Da Hebron stessa. Ci sono le industrie manifatturiere, ci sono gli ingegneri che escono dalle aule del Politecnico e c’è la volontà della città di mettere assieme tali elementi per costruire qualcosa di nuovo. Il parco tecnologico consentirà di farlo».

Quali sono i settori dell’industria locale che giudica più preparati per il salto nel mercato della competizione globale?
«Ceramica, marmo, cuoio e agroalimentare perché hanno radici nelle tradizioni locali».

Quali sono le maggiori difficoltà che state incontrando?
«Hanno a che vedere con la novità dell’iniziativa, per realizzare un progetto come il parco tecnologico sono molti i tasselli che devono combaciare e siamo venuti qui proprio per facilitare questo delicato processo».

Quali sono i pro e contro di lavorare in un ambiente difficile come Hebron?
«I contro sono costituiti da dinamiche impreviste, i pro dalle grandi opportunità che nascono da una città vitale, molto produttiva, come Hebron».

Come si sente nelle vesti di pioniere dell’hi-tech in Cisgiordania?
«Noi siamo i tecnici impegnati a trasferire la nostra esperienza, giovandoci della cooperazione esistente a livello di municipalità e nazionale. Una cosa interessante è che con i nostri partner palestinesi parliamo la stessa lingua dell’innovazione».

Per inviare la propria opinione alla Stampa, telefonare 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT