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Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
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Egitto: terrorismo nel Sinai 01/02/2015
 Egitto: terrorismo nel Sinai
Analisi di Zvi Mazel

(Traduzione di Angelo Pezzana)

http://www.jpost.com/Middle-East/Analysis-Egypt-and-the-new-terror-onslaught
-389606

 

 Dopo la strage di poliziotti e soldati nel Sinai da parte del gruppo terrorista Ansar Beit al Makdess, che ha causato decine di morti e feriti lo scorso 29 gennaio, è esplosa una grande solidarietà verso l’esercito, probabilmente la più popolare avvenuta in Egitto, con lo slogan “Sono un soldato egiziano” diffusa sui social networks. Ci sono però alcune domande. Come mai l’esercito egiziano, il più forte nel mondo arabo mediorientale, non riesce a sconfiggere un gruppo terrorista che opera nella penisola del Sinai, pieno territorio egiziano ? E dire che il nuovo regime aveva rafforzato questa area con elicotteri, vettori blindati e attrezzature pesanti.

i funerali dei soldati egiziani

Oggi, i media egiziani, che godono di una maggiore libertà di stampa rispetto a prima, sono tutti critici nei confronti del presidente, con un passato nell’esercito e che aveva promesso di sradicare il terrorismo. Secondo il portavoce dell’esercito, l’attacco è stato portato con veicoli che sono esplosi simultaneamente davanti a una stazione di polizia, un quartiere generale e installazioni militari a El Arish, sottoponendola a pesanti colpi di mortaio. Nessuna informazione ufficiale è stata fornita, si era saputo di una trentina di morti e decine di feriti, ma secondo quanto trasmesso da Al Jazeera le vittime sarebbero state molte di più. In ogni caso è stato l’attacco terrorista più grave dalla caduta di Morsi nel luglio 2013. Il Presidente Al Sisi ha subito annullato la sua breve visita ad Addis Abeba, dove avrebbe partecipato al summit annuale dell’Unità Africana sulla situazione politica. Il problema è che da 18 mesi dalla caduta dei Fratelli Musulmani, le organizzazioni terroriste nella Penisola del Sinai hanno intensificato enormemente le loro operazioni, unite sotto il vessillo di Ansar Beit al Makdess, stanno dimostrando alta efficacia nelle loro azioni. Lo scorso ottobre un attacco a una postazione militare ha causato la morte di 31 soldati. E’ stato decretato un coprifuoco notturno nel Sinai del nord e costruita una zona cuscinetto profonda 1000 metri lungo il confine con Gaza, obbligando chi vi abitava a trasferirsi altrove, senza ricevere alcun indennizzo, cosa che ha aumentato l’ostilità dei beduini nei confronti del regime. L’esercito ha anche conseguito dei successi. Ha distrutto 1850 tunnel dei contrabbandieri, centinaia di terroristi uccisi o incarcerati. Nelle scorse settimane erano diminuiti gli attacchi terroristici, ma nello stesso tempo Ansar al Makdess si è alleato allo Stato Islamico e al suo leader Abu Bakr al Bagdadi, prendendo il nome di “Distrettio Sinai”. E’ stata questa questa sigla a firmare l’attacco nel Sinai. Il terrorismo non riguarda soltanto il Sinai. In tutto il paese le stazioni di polizia, i palazzi governativi, linee elettriche e altri siti strategici vengono attaccati con ordigni esplosivi. Anche se i danni sono lievi, la popolazione è colpita, si sente minacciata e questo ostacola lo sviluppo economico. I Fratelli Musulmani organizzano regolarmente proteste di massa. Anche se attraggono sempre meno partecipanti, diventano sempre più violente, la loro repressione è molto aggressiva ed esaspera le forze addette alla sicurezza. Il presidente controlla sempre la situazione e quanto fa per sviluppare l’economia comincia a dare dei frutti. La sua popolarità ancora molto alta. Malgrado ciò, sta crescendo il malcontento dopo l’ultimo attacco. La gente si chiede come sia possibile che le autorità preposte alla sicurezza non erano al corrente che si stava preparando un attacco simile ? Ci sono volute settimane per prepararlo, una quantità enorme di esplosivo per imbottire i veicoli da far esplodere, e le munizioni di ogni tipo da trovare. Come è stato possibile che una simile attività sia rimasta nascosta ? Le forze addette al pattugliamento di un’area che dovevano conoscere benissimo non hanno visto nulla, lo stesso i servizi di intelligence non hanno sentito niente al riguardo. Ma non è tutto. E’ chiaro ormai che dopo 18 mesi di sforzi pesanti nella Penisola del Sinai, l’esercito non è ancora in grado di combattere la guerriglia, specialmente quella urbana. E’ v ero che armi sofisticate hanno fallito alrove- si veda gli americani in Iraq e Afghanistan- ma qui si tratta di un esercito nazionale che difende il proprio paese su un territorio che gli è famigliare. Tutto nasce dal fatto che l’esercito egiziano non è mai stato addestrato correttamente per questo tipo di guerra, non dai propri comandanti né dalla assistenza militare americana, che includeva addestramenti nelle accademie militari americane (frequentate anche dal Generale Al Sisi) e da esercitazioni congiunte. Il punto focale era però la guerra classica, che non ha più il rilievo di una volta nel Medio Oriente di oggi. In più, anche se l’esercito egiziano combatte sul proprio territorio, nel Sinai ha a che fare con una popolazione beduina largamente ostile,che non coopera con il governo centrale che per decenni l’ha ignorata. Un terreno ideale per Hamas, che durante gli anni di Mubarak si avvaleva dell’aiuto dei beduini per contrabbandare missili iraniani e armi dal Sudan a Gaza. Oggi il pericolo è ancora maggiore, arriva dagli jhadisti che provengono dalla Libia per unirsi a Ansar al Makdess, carichi di missili e armamenti saccheggiati dagli arsenali di Gheddafi. Per affrontare questa situazione complessa, occorrono misure urgenti per aiutare l’Egitto a superare la minaccia terrorista che ora aggravata dalla presenza di un avanposto dello Stato Islamico nel Sinai e dal flusso di militanti da altre zone. Sfortunatamente, l’ antico alleato americano, malgrado gli accordi di assistenza militare firmati con il Cairo dopo il trattato di pace con Israele, ritarda a ristabilire una cooperazione piena. Per cui l’Egitto non riceve l’aiuto di cui ha estremo bisogno per mantenere la propria stabilità. Mentre Al Sisi accusa a più riprese i Fratelli Musulmani di fomentare il terrorismo e favorire altre organizzazioni jihadiste di trascinare l’Egitto nel caos, l’Amministrazione Obama continua ancora a sostenere la Fratellanza, definendola una autentica e legittima corrente dell’islam invece di chiamarla con il suo nome, una organizzazione terrorista. Soltanto la scorsa settimana, una delegazione composta da membri della Fratellanza, espulsa dall’Egitto, è stata ricevuta dal Dipartimento di Stato Usa. La foto del loro incontro è uscita su internet. Quando l’Occidente - e l’America – capirà finalmente che il conflitto sanguinoso e prolungato nel Sinai contagerà ineluttabilmente tutti i paesi della regione e minaccerà non solo Israele ma anche l’Europa, dove già sta salendo la tensione, e, infine, gli stessi Stati Uniti ?

Zvi Mazel è stato ambasciatore in Egitto, Romania e Svezia. Fa parte del Jerusalem Center fo Public Affairs. I suoi editoriali escono sul Jerusalem Post. Collabora con Informazione Corretta


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