Guida tascabile alle prossime elezioni (in Israele)
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Cari amici,
Come sapete il 17 marzo in Israele si vota. E' un tema importante per noi e anche se informazione corretta ha pubblicato qualche bell'articolo di Manfred Gerstenfeld sul tema, le informazioni di base sono piuttosto rare. Mancano più di sei settimane di campagna elettorale in un paese molto politicizzato, con rapidi cambiamenti dell'opinione pubblica, e un sistema elettorale che favorisce molto la polverizzazione del voto. Anche se la soglia per entrare il parlamento è stata alzata al 3,25 % dei voti, cioè quattro deputati alla Knesset, il collegio nazionale unico e la proporzionale pura faranno sì le liste che ce la faranno siano circa una decina e che sia probabile che i partiti maggiori (Likud e la lista Livni/Herzog) si collochino sotto il 25% dei voti.
Gli ultimi sondaggi disponibili, quelli di venerdì scorso assegnano al Likud fra i 25 e i 27 seggi e ai suoi avversari fra i 26 e i 24. Segue Bennett fra i 15 e i 12, i partiti arabi riuniti con 12, e altre sei o sette liste fra i 9 e i 4 seggi. Potete trovare i risultati di tutti i sondaggi qui: http://en.wikipedia.org/wiki/Opinion_polling_for_the_Israeli_legislative_election,_2015 e quelli dell'ultima settimana, con commenti analitici qui: http://knessetjeremy.com/category/knesset/polls/ . La Knesset complessivamente ha 120 membri, la maggioranza è ovviamente a 61 e per governare ci vuole qualche seggio in più.
E' chiaro che in queste condizioni quel che conta è la capacità di fare coalizioni, cioè la politica - arte in cui Netanyahu eccelle, la Livni è pessima (è alla sua quarta scissione, se non sbaglio e anche quando è arrivata prima, due elezioni fa, e aveva dalla sua il presidente della repubblica Peres, non ce l'ha fatta a costituire una maggioranza; quanto a Herzog, la cosa più gentile che si può dire di lui è che nessuno l'ha mai visto davvero alla prova e quindi non si sa quanto vale nel gioco grande (il che è un limite molto grave per chi si candida a gestire Israele in un momento così difficile). Sia il Likud che Livni/Herzog hanno solo un alleato ciascuno senza secondi pensieri. Netanyahu ha Bennet alla sua destra, e insieme arrivano intorno ai 40/41 deputati; Herzog e Livni hanno il Meretz che li porta intorno ai 29/30. Su questa base si costruiscono le coalizioni.
I partiti arabi non hanno mai partecipato al governo, non daranno la fiducia a Herzog ma certamente in cambio di vantaggi politici possono dargli una mano, per cercare di eliminare un fiero difensore di Israele come Netanyahu. Herzog non può chiamarli al governo senza perdere altri possibili alleati. Sono un'incognita politicamente passiva, più che una parte del gioco.
Restano i partiti che sarebbero in teoria disposti ad appoggiare sia Herzog che Netanyahu. Innanzitutto ci sono i charedim (due partiti uno askenazita e uno sefardita, che fanno circa 15 deputati: si batteranno per riconquistare vantaggi materiali e disfare alcune leggi sul matrimonio, sulla leva ecc., voluti soprattutto da Lapid); ma vi è anche, al limite della soglia un partito che è dì di destra decisa, che se passasse cambierebbe molto il gioco a favore di Netanyahu. Poi ci sono i centristi di Lapid e di Kulanu (un partito nuovo guidato da un ex Likud, Kahlon), con circa 15-17 seggi; e il partito di Liberman, ridotto intorno ai 5 seggi da numerosi scandali, che ha dichiarato però di essere incompatibile con Meretz e anche coi partiti arabi.
In questo gruppo intermedio a Netanyahu bastano poco più di una ventina di seggi, mentre a Herzog servono tutti. Il che significa che Bibi può sfuggire, se ha un po' di fortuna, alle incompatibilità fra religiosi e laicisti, mentre certamente Herzog dovrebbe trovare un compromesso assai difficile. Aggiungete che i temi della sicurezza sono incombenti, anche se c'è una parte del paese che sente la tentazione suicida di affrontare i problemi sociali del paese tornando indietro al dirigismo che l'aveva portato vent'anni fa quasi al fallimento per iperinflazione: allora fu Netanyahu a dare il contributo decisivo per il gigantesco successo degli ultimi vent'anni imboccando la strada delle liberalizzazioni. In realtà Israele è il Paese industrializzato che ha superato meglio la grande crisi economica degli ultimi quindici anni e un europeo non può che meravigliarsi del fatto che da lì qualcuno punti a ripetere l'esperienza disastrosa del nostro assistenzialismo. Ma anche questo succede.
Fatto sta che Bibi ha tutte le carte in mano per ottenere fra un paio di mesi il quarto mandato e avere la responsabilità di guidare Israele nel momento difficilissimo in cui Obama riuscirà a coronare il suo progetto di appeasement con l'Iran e si avrà la nuova offensiva politico-diplomatica-giudiziaria dei palestinisti. E' difficile dire se questi rischi arriveranno a provocare un nuovo scontro militare o resteranno nel campo della politica. Ma certo è che Obama, l'Europa e i gruppetti mediatici e intellettuali della sinistra israeliana non vogliono che in qual momento la guida di Israele sia ancora nelle mani di un leader lucido, esperto e autonomo come Netanyahu. Per questo stanno intervenendo pesantemente nella campagna elettorale. Ma di questo vi racconteròà in una prossima cartolina.
Ugo Volli