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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
31.01.2015 Come si combatte l'odio antico, l'opinione di Daniel Goldhagen
Intervistato da Alessandra Farkas

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 31 gennaio 2015
Pagina: 5
Autore: Alessandra Farkas
Titolo: «Auschwitz, il microcosmo dell'Europa che avrebbero voluto i nazisti. Parla Daniel Jonah Goldhagen»

Con questa intervista a Daniel Goldhagen, inizia la collaborazione al sito online del SOLE24ORE di Alessandra Farkas. La riprendiamo oggi, 31/01/2015, con il titolo "Auschwitz, il microcosmo dell'Europa che avrebbero voluto i nazisti. Parla Daniel Jonah Goldhagen"

 

Daniel Goldhagen                            Alessandra Farkas 

Nel 70° anniversario della liberazione di Auschwitz, fa discutere l’editoriale firmato sul New York Times da Daniel Jonah Goldhagen “How Auschwitz is Misunderstood”, dove il celebre saggista ed ex docente di Harvard ridimensiona la centralità dei campi di concentramento nazisti “erroneamente considerati il pinnacolo tecnologico di uno sterminio che per andare a segno avrebbe necessitato tale scala industriale”.
“Contesto la tesi secondo cui le camere a gas furono erette per motivi di efficienza tecnologica, come strumento cruciale per uccidere il numero più alto di persone possibile”, spiega Goldhagen ad America 24, “Nel 1994 in Rwanda i carnefici Hutu trucidarno 800mila Tutsi ad un ritmo quotidiano ben superiore rispetto ad Auschwitz, usando solo machete, coltelli e mazze”.
Secondo lo studioso, insomma, “Auschwitz non era tecnicamente necessario per l’ attuazione dell’Olocausto”.
“La leadership tedesca non ha inventato fabbriche della morte per motivi di efficienza”, teorizza, “Lo scopo dei nazisti era porre un’opportunistica distanza tra i killer e le loro vittime. Creando al tempo stesso un microcosmo del tipo di modello sociale che, se avessero vinto la guerra, avrebbero instaurato in Europa. Un mondo dove una razza superiore avrebbe dominato e schiacciato tutte le altre, ebrei e non, considerati biologicamente inferiori e ridotti al rango di meri schiavi”.
Nel suo celebre best-seller “I volonterosi carnefici di Hitler” lei punta il dito contro il collaborazionismo dei tedeschi ordinari.
“Un altro falso mito sull’Olocausto sostiene che si sarebbe trattato di uno sterminio burocratico, perpetrato da gente che si è limitata a seguire gli ordini con efficienza, senza condivisione morale. In realtà i tedeschi erano motivati da un virulento antisemitismo eliminazionista, così come molti altri europei, convinti che gli ebrei fossero biologicamente malvagi e pericolosi per il resto dell’umanità. Una costante di tutti i genocidi della storia è che partono da una leadership motivata e fanatica per essere poi perpetrati da moltitudini che ne condividono ideologia e obiettivi”.
Eppure negli ultimi tempi ci sono stati tentativi per riesumare le controverse tesi sulla ‘banalità del male’ avanzata negli anni 60 da Hannah Arendt durante il processo Eichmann.
“Tutte le teorie della Arendt sono state scientificamente confutate e oggi non c’è storico, psicologo e studioso serio che si sogni di prenderle per buone”.
Nel suo ultimo libro “The Devil That Never Dies: The Rise and Threat of Global Antisemitism”, lei esplora l’unicità dell’Olocausto.
“E’ l’unico genocidio perpetrato in un intero continente e da una coalizione internazionale di stati e popoli, dalla Croazia alla Romania, dall’Ungheria all’Italia, dove però va ricordato che molti ebrei furono nascosti da membri della chiesa cattolica e comuni mortali”.
Cosa c’è dietro il grande revival antisemita degli ultimi tempi?
“L’antisemitismo è la forma d’odio più antica, radicata e diffusa del mondo. L’orrore post-Olocausto e i divieti legislativi a riesumarlo l’avevano relegato a livello sotterraneo fino a una ventina d’anni fa, quando, caduti i tabu nella cultura e nel linguaggio, è letteralmente riesploso. Nei sondaggi il 50% della popolazione europea, Italia inclusa, è profondamente antisemita. Quasi un miliardo e mezzo di persone nel mondo”.
Secondo uno studio dell’Anti-Defamation League esiste anche nei paesi dove non vivono ebrei.
“Purtroppo si tratta di pregiudizi radicati nelle culture musulmana e cristiana secondo cui gli ebrei hanno ucciso Dio e quindi non potranno mai raggiungere la salvezza. Gli stereotipi sono quelli di sempre: gli ebrei sono diversi, troppo potenti, pericolosi, vogliono danneggiare i non ebrei e quindi vanno fermati. Sebbene il nuovo Shylock non è più locale ma israeliano e americano, oggi anche in Italia un ebreo non può camminare liberamente per strada con la kippah senza paura di venire attaccato.
Papa Francesco potrebbe essere il papa della svolta?
Lo spero”.
Come si fa ad estirpare una volta e per tutte questo cancro?
“Le élite europee di destra e di sinistra devono capire che l’ antisemitismo mascherato da anti-Israelismo deve cessare. Basta affermare che gli israeliani stanno commettendo un genocidio contro i palestinesi. E mostrare lo stato ebraico sempre e solo in luce negativa. L’Europa faccia come l’America, dove qualsiasi figura pubblica osi pronunciare una frase antisemita o razzista contro i neri e le minoranze è esclusa per sempre dalla corsa politica”.

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