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La Stampa Rassegna Stampa
28.01.2015 Le origini del Califfato
L'anteprima del libro di Maurizio Molinari in uscita domani

Testata: La Stampa
Data: 28 gennaio 2015
Pagina: 24
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Così cantano i jihadisti mentre marciano verso l'Occidente ignaro»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 28/01/2015, a pag. 24-25, con il titolo "Così cantano i jihadisti mentre marciano verso l'Occidente ignaro", l'anteprima del libro di Maurizio Molinari "Il Califfato del terrore", in uscita domani per Rizzoli.


Maurizio Molinari

Abbiamo i barbari alle porte di casa. Vogliono portare il terrore nelle nostre città, decapitare i passanti, stravolgere la vita di milioni di persone, obbligarci a rinunciare alle libertà civili e precipitarci in un Medioevo sanguinario. A muoverli è l’ideologia della jihad, la volontà di combattere gli «infedeli», di imporre su ognuno la versione più estrema e intollerante della sharia, la legge islamica. Sono loro ad aver aggredito Parigi il 7 gennaio scorso con l’attentato al settimanale satirico Charlie Hebdo e al supermarket kosher Hyper Cacher, svelando l’intenzione di dichiarare guerra all’Europa. Alle spalle hanno la galassia di sigle del salafismo jihadista e soprattutto hanno uno Stato, erede e rinnovatore del conflitto brutale contro le democrazie iniziato da Osama bin Laden con gli attacchi dell’11 settembre 2001 a New York e Washington. [...]

I canti di guerra
Nasheed sono le musiche jihadiste che accompagnano le pattuglie della polizia religiosa nelle strade di Raqqa, tengono compagnia ai miliziani asserragliati nelle postazioni di Aleppo o Ramadi, fanno da sottofondo ai siti islamici che reclutano volontari e risuonano tra i quartieri dei centri urbani conquistati dallo Stato Islamico, quando carovane di pick-up con il vessillo nero sfilano appesantite da grappoli di combattenti e da ogni sorta di armamenti leggeri.
La genesi dei nasheed risale alla fine degli anni Settanta quando, in Egitto e in Siria, i fondamentalisti islamici iniziano a comporli per ispirare i seguaci, motivare la jihad e diffondere il proprio messaggio. Si tratta di motivi a sfondo religioso che i Fratelli Musulmani trasformano in inni alla ribellione politica per sfidare Hafez Assad in Siria e Anwar Sadat in Egitto, facendoli circolare sotto forma di cassette e suscitando sovente le ire di imam salafiti, che li condannano come una «distrazione dallo studio del Corano».

A conferma dell’importanza di questi inni come fattore aggregante c’è il fatto che Osama bin Laden, da adolescente, finanziò e cantò in un gruppo nasheed, puntando a diventare popolare fra i coetanei sauditi. Il vero contenzioso dottrinario sui nasheed riguarda l’uso di strumenti musicali, perché i jihadisti sunniti li reputano haram (proibiti) e dunque si limitano a canti collettivi, mentre i jihadisti sciiti fanno delle concessioni, accettando per esempio i tamburi. In quello divenuto dal dicembre del 2013 l’inno nazionale dello Stato Islamico, gli unici suoni non umani sono quelli di una spada sfoderata, di soldati che marciano e di spari di fucili. Si intitola Dawlat al-Islam Qamat, dura 4 minuti e 33 secondi e per i primi tre minuti si presenta come un canto arabo collettivo ritmato attorno al concetto di umma, la comunità dei fedeli. Melodia e ritmo evocano il deserto fino a quando My Ummah, Dawn has appeared (Mia umma, l’Alba è arrivata) – questo il titolo scelto per la diffusione fra i non arabi – si trasforma in un’apologia dello «Stato Islamico sorto dal sangue dei giusti e dalla jihad dei pii», promettendo di continuare a «sconfiggere i nemici».

Falluja
Si tratta solo del nasheed più popolare fra i miliziani del Califfo, che si distinguono per suonare o cantare un repertorio assai vasto. Per esempio, all’inizio del 2014 il brano intitolato Al-Maliki, la tua fine sarà domani accompagna l’offensiva nel Nord dell’Iraq che porta alla conquista di Ramadi, Fallujah, Mossul, la pianura di Ninive e gran parte della regione dell’Anbar.

Il centro di produzione
Il Califfo ha ordinato la creazione di un apposito centro di produzione musicale – l’Anjad Media Foundation – al fine di realizzare motivi capaci di rispondere a esigenze differenti: rafforzare la capacità di attrazione di volontari sul web, sostenere l’umore dei miliziani in combattimento e imporre un clima di obbedienza assoluta nei territori controllati.

A quest’ultimo gruppo di canzoni appartiene La sharia del Nostro Signore il cui testo recita: «La sharia è la luce grazie a cui ci eleviamo sopra le stelle, viviamo senza umiliazione, viviamo in pace e sicurezza, combattendo contro il nemico, l’idolatria tirannica».

l militi della giustizia
O soldati della giustizia, sollevatevi è invece un canto di battaglia teso a motivare i mujaheddin durante gli scontri più duri, e le strofe sono di tenore diverso: «La terra di Sham s’illumina di luce, lo Stato Islamico è nato, distruggete tutti i confini, ovunque la nostra mano guerriera si posi, c’è l’umiliazione per il rabbino degli ebrei, spezziamo le croci, distruggiamo la progenie dei discendenti delle scimmie, resta solo lo Stato Islamico». I riferimenti alla guerra senza quartiere contro i cristiani – le croci spezzate – e gli ebrei – i discendenti delle scimmie – sono tradizionali simboli della jihad per sottolineare la superiorità dell’Islam sulle altre fedi monoteiste.

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