Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 23/01/2015, a pag. 15, con il titolo "Netanyahu e Obama, nuova rottura", il commento di Fiamma Nirenstein; dal CORRIERE della SERA, a pag. 16, con il titolo "Sgarbo di Obama, non riceverà Netanyahu", il commento di Massimo Gaggi; dal MANIFESTO, a pag. 8, con il titolo "L'Iran nel mirino di Israele", l'articolo di Michele Giorgio.
Barack Obama, Benjamin Netanyahu
Ecco gli articoli:
IL GIORNALE - Fiamma Nirenstein: "Netanyahu e Obama, nuova rottura"
Fiamma Nirenstein
Il rapporto fra Obama e Netanyahu, sempre molto teso, è arrivato a un punto quasi di rottura. Il presidente del Congresso John Boehner in nome della leadership bipartisan ha invitato il Primo Ministro di Israele a parlare al Congresso senza avvertire Obama. Solo Winston Churchill ha parlato, come toccherà adesso a Bibi, per ben tre volte al Congresso americano; inoltre il premier parlerebbe il 3 di marzo, in visita a Washington per il congresso dell'AIPAC, e le elezioni avranno luogo il 17.
Bibi ha incassato con grande soddisfazione annunciando di avere accettato l'invito, mentre Ron Durmer, l'ambasciatore israeliano in America, che segna un goal politico. Il discorso di Bibi al Congresso, anche secondo gli interessi dei repubblicani che sono favorevoli alle sanzioni all'Iran, sarà molto centrato sulla necessità di bloccare il pericolo atomico degli ayatollah con le sanzioni. Invece Obama, come ha detto anche nel discorso sullo Stato sull'Unione vuole che si evitino sanzioni per favorire un accordo.
Netanyahu è in prima fila nella lotta contro il terrorismo e ritiene che gli americani possano cadere nella trappola iraniana. Obama adesso lancia fulmini ormai inutili: il suo portavoce ha parlato di prassi inusuale, e ieri sera è arrivata la notizia che Obama non incontrerà Netanyahu quando verrà in USA perché "non si incontrano capi di Stato o candidati in prossimità delle loro elezioni così da evitare l'apparenza di influenzare le elezioni". Ma l'influenza si sentirà lo stesso.
CORRIERE della SERA - Massimo Gaggi: "Sgarbo di Obama, non riceverà Netanyahu"
Massimo Gaggi
Schiaffo chiama schiaffo. Sale la tensione tra Obama e il leader di Israele mentre nel Parlamento di Washington si fa incandescente la battaglia sulle nuove sanzioni contro l’Iran che la Casa Bianca è pronta a bloccare col veto presidenziale. L’annuncio di una visita di Benjamin Netanyahu al Congresso concordata senza coinvolgere la Casa Bianca era stato preso da Barack Obama come un intervento a gamba tesa dei repubblicani, ma anche del premier israeliano: «Il protocollo — aveva detto a il portavoce Josh Earnest — suggerisce che il leader di un Paese contatti quello di un altro Paese quando intende recarsi in visita. In questa circostanza sembra che ci sia allontanati dal protocollo». L’ufficio di Netanyahu ha comunque chiesto un incontro alla Casa Bianca, ma allo sgarbo israeliano Obama ha risposto con durezza: non solo non riceverà Netanyahu, ma ha praticamente bollato come inopportuna la sua visita fissata per il 3 marzo, due settimane prima delle elezioni politiche in Israele. Ieri, infatti, la portavoce del Consiglio per la Sicurezza Nazionale, Bernadette Meehan, ha spiegato il «no» all’incontro Obama-Netanyahu con una prassi da lungo tempo seguita dalla presidenza: non si invitano leader che sono anche candidati a breve distanza dalle elezioni «per non dare l’impressione di voler influenzare il processo democratico in un Paese straniero». Porta chiusa in faccia anche al Dipartimento di Stato: mercoledì, a caldo, John Kerry aveva detto che Netanyahu è il benvenuto. Ieri, però, è stato chiarito che nemmeno il capo della diplomazia americana lo riceverà. Ora fonti del governo Usa cercano di minimizzare: nessuna rottura, Obama e Netanyahu si sentono spesso, solo una questione di opportunità. Si sentono spesso, ma non si amano. E in questo momento l’Iran è un macigno tra di loro: Israele preme per la linea dura con le nuove sanzioni. La Casa Bianca spera ancora nella difficile intesa e considera un inasprimento dell’embargo un sabotaggio del negoziato che riprende proprio oggi in Svizzera.
IL MANIFESTO - Michele Giorgio: "L'Iran nel mirino di Israele"
Il Manifesto, nella sua quotidiana, esplicita ostilità a Israele, pubblica un pezzo di Michele Giorgio che è una autentica summa di tutti i cliché utilizzati contro lo Stato ebraico dal quotidiano comunista.
Il titolo rovescia completamente la realtà, insinuando l'idea che sia Israele lo stato aggressore e l'Iran quello che dovrebbe difendersi, mentre è vero esattamente il contrario.
Nell'articolo la disinformazione passa attraverso la scelta delle parole: il Golan sarebbe "occupato" da Israele, i pochi sostenitori di Israele nei Paesi arabi sono definiti "collaborazionisti", in modo che Israele sia assimilabile al nazismo, Hezbollah non è citata come una organizzazione terroristica ma come un semplice "movimento sciita", "Tel Aviv" è indicata quale capitale di Israele. E bravo il nostro Stürmer !
Ecco il pezzo:
Michele Giorgio
Al confine tra Libano e Israele la tensione resta alta dopo il raid aereo che a inizio settimana ha ucciso 12 persone nella Siria meridionale, vicino Quneitra, a ridosso del Golan occupato, tra le quali il comandante militare regionale di Hezbollah, Mohammed Issa, un giovane alto ufficiale del movimento sciita, Jihad Mughniyeh (figlio dello storico capo della guerriglia di Hezbollah, Imad Mughniyeh assassinato), e un importante generale della Guardia rivoluzionaria iraniana, Mohammad Ali Allahadadi. Proprio Allahdadi, secondo la stampa araba, era l'obiettivo principale dell'attacco israeliano, e non come si era pensato, subito dopo il raid aereo, Jihad Mughniyeh.
Israele, ha scritto il quotidiano kuwaitiano Al Rai, sapeva della presenza di Allahadadi nel convoglio in perlustrazione nella zona di Quneitra, e uccidendolo, aggiunge il giornale, ha mandato un messaggio molto chiaro a Teheran, impegnata assieme a Hezbollah a sostenere le forze armate governative nella guerra civile in Siria. Per Al Rai i servizi segreti israeliani hanno appreso della presenza del generale iraniano 90 minuti prima dell'attacco, un tempo sufficiente per decidere un piano di attacco. Probabilmente hanno saputo della partenza di Allahadadi da Damasco, avvenuta un'ora e mezza prima del raid aereo. II giornale non lo ha scritto ma è non azzardato ipotizzare che l'intelligence israeliana si sia avvalsa di informazioni in tempo reale fornite da collaborazionisti.
Israele, dopo l'inizio della guerra civile, non deve aver avuto difficoltà a trovare nuovi numerosi informatori in Siria. Di recente gli osservatori delle Nazioni unite dispiegati sulle Alture del Golan, hanno riferito che l'esercito israeliano mantiene contatti stabili con le forze «ribelli» anti Assad che controllano in parte l'area a ridosso delle linee di armistizio del 1973-74, tra lo Stato ebraico e la Siria. la prossima settimana il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, pronuncerà un discorso pubblico sui «martiri di Quneitra», per ribadire la determinazione del suo movimento di vendicarsi dell'attacco subito.
Per il momento Hezbollah non può far altro che giurare che risponderà al raid israeliano. L'Iran fa altrettanto - ieri un comandante della Guardia Rivoluzionaria ha ricordato che il suo paese è in possesso di missili Shihab, in grado di colpire in profondità Israele - e, allo stesso tempo, annuncia che armerà i palestinesi in Cisgiordania. «I sionisti riceveranno una risposta schiacciante a suo tempo e luogo - ha avvertito il ministro della Difesa iraniano, Hossein Dehqan - armare la resistenza palestinese è una priorità della politica della Repubblica islamica, che userà ogni mezzo per questo». Proposito che si scontra con i controlli israeliani sul territorio, sullo spazio aereo e lungo i confini.
La guerra di parole non dispiace al governo israeliano che ha ordinato a centinaia di migliaia di abitanti dell'alta Galilea di restare vicini ai rifugi mentre l'esercito ha elevato al massimo lo stato di allerta al confine del Libano. In realtà Israele sa che Hezbollah la vendetta la servirà fredda e sicuramente non con il lancio di razzi dal sud del Paese e non con attacchi in massa lungo la frontiera, perché gli fornirebbero il motivo per lanciare una offensiva contro il Paese dei Cedri, secondo round della guerra del 2006.
Tel Aviv continua a mantenere il riserbo sull'accaduto. «Per quel che ne so - ha commentato con sarcasmo il ministro degli esteri Lieberman - l'esercito israeliano non c'entra. ll raid sarà stato forse opera dell'esercito del Lussemburgo o del Liechtenstein. Se sono andati in Cielo - il ministro ha irriso gli uccisi - non c'è da rattristarsi».
II confronto tra Tel Aviv e Teheran si svolge ovunque. Dal Congresso americano a guida repubblicana che, contro la linea di Obama, intende approvare nuove sanzioni contro l'Iran. ll governo israeliano senza dubbio desidera queste sanzioni. d prossimo 3 marzo Netanyahu è invitato (aggirando la Casa Bianca) a parlare al Senato Usa e motiverà il suo appoggio alle nuove possibili sanzioni americane conto Teheran. A sorpresa però proprio il Mossad non sarebbe convinto della necessità di queste ulteriori misure punitive e lo avrebbe fatto sapere ai membri del Congresso, secondo Bloomberg. Poco convincente la smentita giunta ieri dai vertici del Mossad.
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