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La Stampa Rassegna Stampa
22.01.2015 Il Califfato che minaccia l'Occidente
Estratti dal libro 'Il Grande Califfato' di Domenico Quirico

Testata: La Stampa
Data: 22 gennaio 2015
Pagina: 20
Autore: Domenico Quirico
Titolo: «L'ascesa silenziosa del Califfo di sangue»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 22/01/2015, a pag. 20, con il titolo "L'ascesa silenziosa del Califfo di sangue", un estratto del nuovo libro di Domenico Quirico "Il Grande Califfato". In uscita da Neri Pozza.


Domenico Quirico                         "Il Grande Califfato" (Neri Pozza)

Il giorno in cui, per la prima volta, mi parlarono del califfato era un pomeriggio, un pomeriggio di battaglia ad al-Quesser, in Siria. Ero prigioniero degli uomini della guerra santa, di una brigata del feroce emiro Abu Omar, da quasi due mesi. (...)
Fu quel giorno che l’emiro mi parlò del califfato. «Guardate gli uomini che ho accanto. Per capire». Abu Omar fa ruotare, sdraiato pigramente su un pagliericcio, il suo rosario; le mosche enormi, incattivite di caldo, sembrano non infastidirlo, ha la mano bendata, un dito steccato è rosso di sangue rappreso e di disinfettante: puliva il kalashnikov, un colpo era rimasto in canna, gli ha quasi spappolato la falange. Fa roteare gli occhi azzurri, malvagi, nella sua lunga faccia magra, dalle guance incavate e la pelle del colore di un violino, la barba assira alla maniera di Bin Laden. (...)


Video Isis in cui i terroristi si apprestano a decapitare un prigioniero curdo

L’emiro
L’emiro oggi non combatterà, è ferito, ogni tanto mi pone domande, ha cercato di convincermi ad abiurare la fede cristiana e a diventare musulmano: «Cristiano, tu non sai niente, il vero cambiamento, quello vero è nelle mani di Dio. Eretici pestilenziali come Bashar, questo fetido alauita, hanno allentato il rapporto con Dio. Ma anche gli altri, Mubarak e Ben Ali, non sono veri musulmani; a parole dicevano sì alla legge islamica, ma poi fanno leggi ispirate a quelle dei Paesi occidentali, fingono di essere musulmani e obbediscono agli ordini dell’America. Con l’aiuto di Dio noi spazzeremo via Bashar e uccideremo tutti gli alauiti, razza di Satana, miscredenti... anche le donne e i bambini. Non ne resterà nessuno in Siria e cacceremo i cristiani che non accetteranno di pagare la tassa. Costruiremo, sia grazia a Dio Grande Misericordioso, il califfato di Siria... Ma il nostro compito è solo all’inizio. Poi sarà la volta degli altri capi traditori, in Giordania in Egitto in Arabia: uno a uno. Alla fine il Grande Califfato rinascerà, da al-Andalus fino all’Asia. Siamo nella dimora della guerra
dar al harb,
ci è lecito uccidere per difendere la fede». (...)
«L’Islam è una grazia, cristiano» riprese Abu. «Vi illudete che abbiamo bisogno delle vostre porcherie per vivere, che siamo ormai deboli e obbedienti... Ti racconto una storia: c’era nel deserto un cucciolo di leone che era cresciuto tra le pecore e il cucciolo pensava di essere una pecora anche lui, e belava e scappava di fronte ai cani. Poi un giorno un leone passò di lì e gli mostrò il riflesso in una pozza d’acqua e scoprì ciò che era davvero. Cominciò a ruggire. I cani fuggirono. Ecco: noi siamo musulmani non pecore, non dimenticarlo più, ci avete umiliato e sfruttato per secoli. È finita».

Noi e l’Altro
Noi e l’Altro: quante volte l’ho visto in azione, questo ingranaggio, nell’ex Jugoslavia, in Ruanda... Ecco: un gran numero di individui comincia a credere o vuole credere di appartenere a qualcosa di unitario e distinto, la razza la nazione la vera fede. Si sono costruiti un criterio identitario che gli serve da conchiglia di sicurezza per attraversare tempi torbidi. A questo punto il percorso comincia a divenire irreversibile, quando si abbandonano le proprie identità individuali per fondersi in quella che ormai è diventata la comunità: noi siamo il vero Islam, non più marocchini o afghani, iracheni o francesi, ma uomini di Dio. (...)
Quando tornai dalla prigionia, cinque mesi dopo, era il settembre del 2013, non c’era nulla che assomigliasse a quel vaticinio dell’emiro. La guerra civile continuava feroce e convulsa, ognuno ancorato alle proprie posizioni, i jihadisti le campagne e il deserto, i soldati del regime difendevano le grandi città e tentavano di allontanare a poco a poco i ribelli dalla frontiera libanese. (...)
Tutto doveva esser fatto rientrare nello schema della guerra civile musulmana, sunniti contro sciiti, Iran contro Arabia Saudita per il controllo della supremazia nel mondo islamico. Che c’entrava tutto questo con il califfato e i tempi di Abu Bakr? la creazione subdola del Noi procedeva a velocità impressionante. Al prezzo evidentemente della individuazione di un Loro. (...)

Totalitarismo islamista
Il totalitarismo islamista era nato, silenziosamente, senza che lo vedessimo crescere accanto a noi. (...) Era passato un anno intanto dal mio sequestro, appena un anno; ma da Raqqa nell’Est della Siria, dove i miei sequestratori mi avevano portato nell’ultima fase della prigionia, giungevano ormai voci e poi notizie sensazionali e allarmanti: il gruppo Per lo Stato islamico in Iraq e nel Levante, guidato da un iracheno misterioso che si faceva chiamare Abu Bakr al-Baghdadi, stava diventando sempre più potente, assorbiva a grandi brancate ampie parti del territorio liberato dal regime. Chi non veniva spazzato via era costretto ad accettare di infeudarsi ed entrare a far parte dell’armata dell’Isis, e seguirne le bandiere vittoriose.

A giugno erano un esercito di trenta, quarantamila combattenti, come ammetteva a denti stretti la Cia; dopo aver varcato e distrutto la frontiera dilagò in Iraq sbriciolando l’esercito sciita armato dagli americani. Mossul, due milioni di abitanti, cadeva sotto l’urto di un attacco dall’esterno e della insurrezione di una quinta colonna che si era tenuta nascosta in città. Anche Baghdad sembrava in pericolo, tutta la pianura di Ninive era perduta, dalla Grande Moschea di Mossul al-Baghdadi proclamava la rinascita del califfato e dichiarava guerra all’Occidente: arriveremo a Roma... (...)

Si riproponeva l’eterna domanda sull’uomo: come si può arrivare a uccidere migliaia di persone senza difesa? E perché in più farli soffrire, violarli, martirizzarli prima di annientarli? Le bandiere nere delle forze islamiste sventolavano nelle savane del Nord della Nigeria, la terra dei Boko Haram, sulle sabbie del Sahel, dalla Mauritania al Sudan, in Libia, nella Somalia degli Shebab irriducibili, nel Sinai, nel Sud della Tunisia. Il califfato globale non era più un progetto: esisteva già!

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