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Il Giornale - La Stampa - Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
22.01.2015 Tel Aviv: l'attentato scaturisce dalla propaganda dell'odio
Cronache e commenti di Fiamma Nirenstein, Maurizio Molinari; commento a un titolo del Sole 24 Ore

Testata:Il Giornale - La Stampa - Il Sole 24 Ore
Autore: Fiamma Nirenstein - Maurizio Molinari
Titolo: «Un attentato al giorno: attacco in Israele sul bus 12 accoltellati - Tel Aviv, jihad con il coltello: assalto al bus all'ora di punta»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 22/01/2015, a pag. 14, con il titolo "Un attentato al giorno: attacco in Israele sul bus 12 accoltellati", la cronaca e commento di Fiamma Nirenstein; dalla STAMPA, a pag. 12, con il titolo "Tel Aviv, jihad con il coltello: assalto al bus all'ora di punta", la cronaca di Maurizio Molinari; segue il commento di Informazione Corretta su un titolo del SOLE 24 ORE.

A destra: le prime cure offerte a un ferito nell'attentato di ieri a Tel Aviv

Ecco gli articoli:

IL GIORNALE - Fiamma Nirenstein: "Un attentato al giorno: attacco in Israele sul bus 12 accoltellati"


Fiamma Nirenstein

Un altro giorno di ordinario terrorismo che il mondo non può ignorare. All'alba di ieri il giovane Hamza Muhammed Hasan Matrouk, 23 anni, lascia Tulkarem, dove si trova anche se in genere vive con la madre a Ramallah capitale politica dell'Autonomia Palestinese, prende un coltello ben affilato e raggiunge Tel Aviv. È qui che sull'autobus numero 40, sul quale sale alla vecchia stazione, riesce in pochi minuti a fare dodici feriti di cui 2 molto gravi.

È un mare di sangue, di urla, un mostro terrorista che si getta su tutti, uno a uno. I viaggiatori si ammonticchiano sul fondo, il guidatore colpito per primo chiama un amico raccomandandogli il suo bambino. Quando finalmente si riesce ad aprire le porte la furia non si è esaurita: il giovane insegue la preda, brandisce il coltello e si getta su una donna in fuga e la colpisce al collo e colpisce ancora finché la polizia lo ferma e lo cattura.

Matrouk, che è un 23enne con la collanina, abituato a introdursi in Israele in cerca di lavoro, ha spiegato in maniera confusa di avere tre ragioni: anche lui, come gli altri terroristi in tutto il mondo, è convinto di compiere una giusta vendetta. Stavolta è per la guerra di Gaza. Spiega che si batte per la Moschea di Al Agsa, una stella popolare della fantasia islamica, un luogo di perenne offesa e cospirazione, su cui il mantra ripete che gli ebrei vogliono strapparla al mondo islamico.


Una delle vignette palestinesi che già ieri hanno celebrato l'attentato di Tel Aviv

Infine, Matrouk dice di essere uscito di casa con l'idea sicura che sarebbe morto nell'operazione, che si aspettava il paradiso, come ogni buon islamico martire, e pare che abbia accennato anche alla promessa delle 72 vergini destinate a ogni shahid. Le prime indagini ci descrivono Matrouk uguale a tanti altri terroristi fanatici: un personaggio in cerca di autore, fanatizzato, solo, che realizza l'attentato avendo respirato un odio diffuso e consistente nel mondo di origine, afferra il primo strumento a sua disposizione, e uccide il nemico infedele. Tutto il mondo ha ormai subito attacchi con automobili, asce, coltelli, fucili, quello che è a disposizione o che ha potuto trovare.

Sullo sfondo due motori propulsori: il primo quello dell'eccitazione legata all' insorgenza internazionale del terrorismo islamista. Si sa che sono una trentina almeno i terroristi palestinesi passati in Siria per combattere con l'Isis, a Haifa è stata scoperta una cellula di sette terroristi e a Hebron una di tre. Sono state lente e difficoltose la condanne a mezza bocca dell'attacco a Charlie Hebdo dell'Autorità Palestinese nonostante la marcia di Abu Mazen a Parigi, e giustificate al pubblico dal fatto che i palestinesi dovevano essere grati alla Francia per il riconoscimento dello Stato palestinese.

La seconda ragione è quella di una insistente, quotidiana, totale nuvola di odio che copre i media, le scuole, i discorsi pubblici e che esalta il terrore senza un attimo di sosta. Ci sono piazze, corsi, programmi tv per bambini di educazione al terrore. Hamas, alleata di governo di Fatah, è parte dello schieramento internazionale del terrorismo sunnita con finanziamenti dal Qatar. Subito dopo l'attacco di Tel Aviv l'agenzia Shebab ha disegnato un coltello sorridente che gronda sangue e dice «Good morning Palestine» e un altro un autobus che gronda sangue dalle porte.

Gerusalemme e Tel Aviv ricevono la loro porzione quotidiana di terrore come il resto del mondo, non si vede il nesso fra l'aspirazione a uno Stato palestinese e questo attacco, o quello che ha ucciso quattro israeliani in preghiera a colpi di ascia e di fucile il 18 novembre, o l'attacco del 22 ottobre in cui un'auto che si è buttata sulla folla e ha ucciso una bimba di tre mesi e una ragazza. Israele da sempre in realtà è il primo della fila perché rompe la regola della sharia che non ammette nessuna presenza estranea alla propria religione su territorio islamico. È sempre stato il piccolo Hans col dito nella diga, ma ora che le onde sono altissime non ce la fa più a combattere da solo per tutti.

 LA STAMPA - Maurizio Molinari: "Tel Aviv, jihad con il coltello: assalto al bus all'ora di punta"


Maurizio Molinari

Un palestinese di 23 anni armato di coltello porta il terrore dentro un autobus di linea a Tel Aviv e poi spiega l’attacco alla polizia illustrando una sorta di manifesto personale del terrorismo, che coniuga jihadismo e nazionalismo palestinese. Hamza Matrouk, 23 anni, martedì sera aveva mangiato con i propri amici in un campo profughi nei pressi di Tulkarem, in Cisgiordania, mostrandosi «normale, quello di sempre» come uno di loro racconta all’agenzia «Maan». Ma poche ore dopo ha messo in atto il piano-killer. Entrato illegalmente in Israele, alle 7 era alla stazione dei bus di Tel Aviv, è salito sull’autobus della linea 40, ha aspettato che facesse due fermate per riempirsi di passeggeri e quando stava per arrivare all’incrocio «Maariv» - uno dei più congestionati - si è gettato contro l’autista, accoltellandolo. Per poi colpire a caso, fra i passeggeri.


Altra vignetta palestinese che esprime soddisfazione per l'attentato

Il coraggio dell’autista
Quando l’autista, gravemente ferito, è riuscito ad aprire le porte del bus per far fuggire le persone, Matrouk si è gettato al loro inseguimento, accoltellando due donne alle spalle prima di essere colpito dagli agenti dell’unità «Nacshon», che scortano i detenuti ed erano lì per caso. Ferito alle gambe è stato ammanettato e portato in ospedale dove, ricevute le cure d’emergenza, ha incontrato gli agenti dello Shin Bet - il controspionaggio - che lo hanno interrogato per tentare di capire genesi, motivi e dinamica dell’attacco terroristico che ha causato 12 feriti, 4 dei quali in gravi condizioni. Per lo «Shin Beth» si è trattato di un’opportunità rara perché in genere i terroristi muoiono negli attentati. Hamza Matrouk ha parlato a getto, illustrando una sorta di «manifesto del terrore» personalizzato che coniuga e sovrappone più matrici. «L’ho fatto di mia scelta e volontà - ha detto il palestinese - per vendicare le vittime della guerra di Gaza, per difendere la Spianata delle moschee di Gerusalemme» e anche dopo aver visto su Internet «i video che assicurano il paradiso a chi scegliere il martirio per la Jihad contro gli infedeli».

Cresce l’influenza dell’Isis
La sovrapposizione fra motivazioni di stampo nazionalista palestinese all’impronta jihadista conferma per gli inquirenti israeliani il sospetto avuto all’indomani della strage nella sinagoga di Har Nof, a Gerusalemme, quando in novembre quattro rabbini vennero uccisi brutalmente con asce e coltelli, ed a due di loro venne tagliata la testa con un rituale brutale che evoca la tecnica delle esecuzioni dei jihadisti dello Stato Islamico (Isis). Il contagio jihadista fra i nazionalisti palestinesi ha altri indicatori che si sono accumulati negli ultimi mesi: dalle sfilate salafite con le bandiere nere del Califfo nel Sud della Striscia di Gaza alla cattura di una cellula di Isis a Hebron, roccaforte di Hamas, fino all’arresto del «comandante di Isis in Palestina» ovvero Adnan Aladin, quarantenne medico di Nazareth, a capo di un gruppo di sette jihadisti tutti arabo-israeliani residenti in Galilea. Per il premier israeliano Benjamin Netanyahu il responsabile di questa escalation è «il presidente palestinese Abu Mazen che diffonde odio e si allea con i terroristi di Hamas».

La minaccia iraniana
In questo clima di tensione arrivano le parole del ministro degli Esteri iraniano Hossein Dehqan che promette di «armare la Cisgiordania» per rappresaglia al raid israeliano sul Golan contro gli Hezbollah dove sono morti anche degli ufficiali iraniani.

IL SOLE 24 ORE pubblica, a pag. 8, un articolo intitolato "Paura a Tel Aviv, un palestinese attacca un bus 'per rappresaglia' ". Pur virgolettando le ultime due parole, è un titolo disinformante, che oggi neppure Il Manifesto osa proporre. Il quotidiano di Confindustria, oggi, è più anti-Israele del quotidiano comunista, ed è tutto dire.

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