Riprendiamo dalla STAMPA/TUTTOLIBRI di oggi, 17/01/2015,a pag.5, con il titolo " Singer, in cerca dell'Eden sbagliato " la recensione di Elena Loewenthal del libro "A oriente del giardino dell'Eden." di Israel Singer.
Elena Loewenthal Israel J.Singer
In una geografia ancora tutta da inventare, quando l'Eterno caccia Adamo ed Eva dal paradiso terrestre e li scaraventa sulla terra vera, fatta di fatica e dolore e cognizione della morte, pone a oriente dell'Eden i cherubini con la spada guizzante, a guardia dell'albero della vita. Che diventa così ancor più irraggiungibile di prima, se non con l'immaginazione e la fantasia, con il rimpianto e una remota speranza che sappiamo tutti essere un'illusione.
E quanta illusione c'è nel romanzo di Israel Singer che proprio così s'intitola: A oriente del giardino dell'Eden. Lo pubblica Bollati Boringhieri (sarà in libreria il 29 gennaio) nel contesto di una riscoperta del fratello maggiore di Isaac Bashevis, grande narratore anch'egli. Un'operazione editoriale più che meritoria, che propone al pubblico italiano un inedito rimasto sino ad ora incomprensibilmente tale, e lo fa nella impeccabile ma soprattutto empatica traduzione di Marina Morpurgo, che ha lavorato sulla versione inglese del romanzo, uscita negli Stati Uniti nel terribile 1939.
A oriente del giardino dell'Eden è la storia di una povera famiglia ebrea, nella migliore tradizione della narrativa yiddish. E' una storia di estrema povertà unita a una straordinaria sfortuna che prima o poi colpisce tutti, in questo libro. Mattes è un miserabile e dignitosissimo venditore ambulante che torna a casa il venerdì dai suoi estenuanti giri, carico di «grembiuli da donna, frustini, filze di perline di vetro, sapone verde, ditali di stagno e pelli di lepre». Ad aspettarlo ci sono Sarah, una moglie amorevole, e tante figlie femmine. C'è una mitezza profonda nelle prime immagini del libro, che a poco a poco cede il passo all'aggressività di un destino implacabile. Quando arriva finalmente il primo figlio maschio, accolto come una specie di messia, tutto comincia a prendere una piega diversa. La consuetudine con la povertà diventa un cieco faccia a faccia con la malasorte e con una lunga serie di vicissitudini, che porteranno i protagonisti nei luoghi e nelle condizioni più imprevedibili. Il padre Mattes vorrebbe farne un rabbino, del piccolo Nachman, ma la vita di questo bambino un poco tardo prenderà una piega ben diversa, verso ben altra vocazione. La chimera del socialismo sarà però anch'essa un'illusione, e tanto feroce. Ma non è un romanzo della disperazione. Israel Singer è formidabile nel condire sempre d'ironia la sua pagina, anche la più drammatica e più che mai là dove il mondo tutto risulta carico di un"mgiustizia insopportabile. E' vero, questo spirito che tutto alleggerisce e rende più viva la narrazione è un tratto stilistico di famiglia, è ciò che fra il resto rende mirabili le pagine del minore ma più acclamato fratello. Ma qui Israel Singer lo esercita con una sapienza davvero rara: è un'ironia delicata, sapiente, sempre dosata in misura perfetta. E, senza togliere nulla a Isaac Bashevis e al suo meritatissimo premio Nobel, Israel offre qui delle descrizioni di paesaggi davvero inimitabili: "Un gelo implacabile tratteneva nella sua morsa rigida gli alberi spogli attorno al villaggio di Pyask. Passeri assiderati battevano con ali intirizzite sui vetri delle case incrostati di ghiaccio, supplicando di essere ammessi. Corvi neri entravano volando nei porcili e si attaccavano ai dorsi dei maiali, alla ricerca di calore e nutrimento. I laghi ghiacciati, i rami rattrappiti, duri come ferro, la terra simile a pietra, tutto scricchiolava per il freddo, e il cielo era un miscuglio di marrone e azzurro". Pare quasi di sentirlo nelle ossa, quel freddo.
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