Gentilissima Redazione, vorrei ringraziarVi di aver pubblicato, ieri, il bellissimo articolo di Natan Sharansky “Non è un ‘Europa per noi” e, oggi, l’intervista a padre Pizzaballa del Corriere della Sera. Per quanto riguarda il primo, al di là della tremenda amarezza che procura l’attuale situazione europea, esprime piuttosto bene uno dei punti su cui mi sono sempre sentita in sintonia con Israele: la convinzione che libertà e appartenenza possano convivere e sostenersi reciprocamente, che io non debba rinunciare ad essere italiana per non diventare un pericolo per il prossimo, che, anzi, rinunciare alla propria identità nazionale, religiosa, culturale possa creare facilmente un vuoto suscettibile di essere riempito da altre convinzioni magari tutt’altro che pacifiche. Mi piacerebbe cogliere l’occasione per ringraziare Sharansky e rendergli pubblico omaggio per la sua intrepida lotta per la libertà, quando io ero tra l’infanzia e l’inizio dell’adolescenza e lui sfidava a carissimo prezzo il totalitarismo sovietico. Ho letto con molta attenzione l’intervista al Custode di Terra Santa: concordo con Voi su una sola cosa, che sarebbe bella e (aggiungo), di tanto in tanto, anche doverosa una menzione esplicita dell’abissale differenza fra la democrazia israeliana e gli altri Stati mediorientali (nei quali, a quanto pare, continua a viaggiare: si veda la menzione del viaggio ad Aleppo). Per il resto, ho apprezzato l’analisi nient’affatto edulcorata dello stato attuale del mondo musulmano, parte del quale è in lotta aperta con la modernità ed è attraversato da lotte intestine, la descrizione del fanatismo (dall’Iraq alla Nigeria) e l’accento sulla necessità di un’educazione della gioventù al pensiero critico e al confronto, l’affermazione chiara della necessità dell’Europa di difendere i suoi valori fondamentali in materia di libertà e diritti umani ed imporne il rispetto anche da parte degli immigrati, quella dei doveri dei religiosi in carne ed ossa (non delle ‘religioni’) e, oggi, in particolare di quelli musulmani di fronte al fanatismo, lo scetticismo nei confronti della condanna dell’attacco terroristico in Francia da parte di Hamas (con una chiara menzione del frequente ricorso, in Medio Oriente, alla duplicità di posizioni, ad uso interno ed a beneficio delle relazioni internazionali), l’osservazione sul fatto che ‘Islam moderato’ è un’espressione europea che semplifica la realtà e sui problemi creati dal lasciar le cose a metà quando si interviene contro dittatori. Per quanto riguarda l’antisemitismo, padre Pizzaballa non lascia affatto intendere che non sia un problema o che non ci sia nulla da fare, anzi afferma che “va combattuto” ed osserva che abbiamo allentato la vigilanza nella convinzione, o illusione, che dopo la Shoah non ci fosse più spazio per esso. L’invito a non spaventarsi (pur dichiarandosi non ottimista per il breve periodo, ma riaffermando la sua speranza cristiana per il lungo periodo) è riferito a tutta una serie di fatti (deriva antisemita ed aumento dell’immigrazione musulmana in Europa, emigrazione degli ebrei francesi, persecuzione delle comunità cristiane nel mondo musulmano) che l’intervistatore elenca tutti insieme chiedendogli che cosa stia accadendo, al che egli risponde che “finisce un’epoca” (con tutti i problemi che ciò comporta per la nostra generazione che ci si trova nel bel mezzo e deve affrontare la situazione perché non ci travolga). Perciò, non credo che questa intervista gli meriti le accuse di omertà, faziosità e disonestà intellettuale ed il non certo onorifico attributo di ‘mascalzone’. Con i più cordiali saluti,
Annalisa Ferramosca
E' sempre con particolare piacere che leggiamo lettere come questa, elogiative ma soprattutto critiche. Ribadiamo d'altra parte quanto già detto in sede di commento dell'intervista a Padre Pizzaballa. Il rimprovero principale che gli muoviamo è di non prendere chiaramente posizione a favore dell'unica democrazia del Medio Oriente, dove i cristiani vivono in pace: Israele. E invece, Pizzaballa se ne guarda bene.
IC redazione