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La Stampa Rassegna Stampa
14.01.2015 Dalla Siria alla Nigeria: la generazione perduta dei bambini killer
Cronaca di Maurizio Molinari, commento di Domenico Quirico

Testata: La Stampa
Data: 14 gennaio 2015
Pagina: 9
Autore: Maurizio Molinari - Domenico Quirico
Titolo: «Il bambino che uccide gli ostaggi, l'ultimo orrore del Califfato - Quei piccoli assassini allevati in un mondo senza speranze»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 14/01/2015, a pag. 9, con il titolo "Il bambino che uccide gli ostaggi, l'ultimo orrore del Califfato", la cronaca di Maurizio Molinari; con il titolo "Quei piccoli assassini allevati in un mondo senza speranze", il commento di Domenico Quirico.


Il bambino killer dell'Isis

Ecco gli articoli:

Maurizio Molinari: "Il bambino che uccide gli ostaggi, l'ultimo orrore del Califfato"


Maurizio Molinari

Con un video di sette minuti lo Stato Islamico rende pubblica la prima esecuzione realizzata da un «leoncino del Califfato». Si tratta di Abdullah, bambino kazako di 9-10 anni, che spara con una automatica alla nuca di due «spie russe», alzando poi il braccio con l’arma in segno di omaggio ad Abu Bakr al-Baghdadi, Califfo dello Stato Islamico (Isis).

Il precedente
Abdullah è lo stesso bambino che in un precedente video di Isis, postato online a novembre, era stato ripreso mentre esprimeva il desiderio di voler «macellare un infedele». In quel video si vedeva una classe di bambini provenienti dall’ex repubblica sovietica dell’Asia Centrale intenti a studiare materie coraniche sui banchi di scuola e poi, in una scena successiva, in divisa verde mentre si addestravano all’uso di armi da guerra.
«È la nuova generazione di mujaheddin destinata a scuotere la terra», commentava la voce in sottofondo e l’esecuzione delle due «spie russe» lascia ora intendere la volontà del Califfo di adoperare come killer i suoi «leoncini», come vengono definiti. Il terrorista-bambino si dimostra killer spietato, sparando a distanza ravvicinata e poi accertandosi della morte delle vittime.

I «leoncini del Califfo»
I «leoncini del Califfo» sono stati descritti da più produzioni di «Al Hayat» - il Media Center dello Stato Islamico - che li mostrano mentre simulano la decapitazione di bambole oppure mostrano delle teste mozzate. L’intento di Abu Bakr al-Baghdadi è assicurare in questo modo il «futuro della Jihad», come afferma uno dei video, puntando sulla formazione di una generazione di baby-terroristi con le origini più diverse: figli di jihadisti, bambini di minoranze «infedeli» - curdi, yazidi o cristiani - strappati alle famiglie e convertiti alla Jihad, oppure di figli di famiglie sunnite irachene o siriane che in questa maniera si assicurano stipendi e privilegi dall’amministrazione del Califfato.

Il guerriero caucasico
Il video sull’esecuzione di Sergei Ashimov e Memayev Jambulat - i nomi delle vittime - contiene un messaggio di sfida a Mosca perché i due confessano di essere al soldo dell’intelligence russa, svelano i nomi degli agenti da cui dipendono e spiegano di aver ricevuto la missione di raccogliere informazioni a carico di leader jihadisti. Il video inoltre è girato in russo, con un guerrigliero caucasico - forse ceceno - che legge la sentenza di morte prima dell’esecuzione da parte del «leoncino del Califfato». La Russia è avversata dai jihadisti per motivi convergenti: il conflitto in Cecenia contro i fondamentalisti e il sostegno al regime di Assad in Siria.

Domenico Quirico: "Quei piccoli assassini allevati in un mondo senza speranze"


Domenico Quirico

Il bambino è tranquillo, ma di una tranquillità morta. Ascolta la sentenza letta dal giovane miliziano quieto come un cane che attende l’ordine del padrone per mordere. La pistola è un giocattolo, ancora, nella mano abbassata. Quanta vita dimenticata questo giovane assassino in nome del califfo porta già in sé? È come una spugna imbevuta di cose vissute e sofferte, di una prodigalità di dolore e sofferenza, lo sentiamo. Ma quali?
Il ragazzo in divisa, un ceceno, ha una faccia cupa e sabbiosa, una faccia aggrottata e crudele mentre pronuncia a memoria la condanna a morte. Certe fisionomie islamiste hanno crudezze plastiche meravigliose, un loro candore efferato, la crudeltà buia e annoiata della belva. Il bambino avanza e spara. Gli uomini cadono, inspiegabilmente senza sangue.

Crudele e guasto
Improvvisamente nel mio mediocre pensare davanti a quell’orrore è lampeggiata una coscienza, quella della mia, nostra debolezza nei confronti di quel bambino. Crudele e guasto, mi figuravo che è e diventerà: ma quello che mi sconcertava non era tanta la sua immagine di fredda ferocia nell’uccidere, quanto la mansuetudine con cui lo guardavo nel video. Se questo bambino dovesse agire domani come un energumeno fanatizzato che cosa potrà mai vedere in me se non il nemico, il colpevole da eliminare?
La pietà che ho per lui è la massima e più sanguinosa delle offese: che cosa potrò opporre io al suo odio ? Nulla. Egli deriderà la mia mitezza, la debolezza dell’occidentale corrotto e senza dio: come gli hanno insegnato. Quello che c’è in essa di civile di umano, gli sfuggirà e io travolto da lui, sentirò la sua sghignazzante furia di «puro» perdersi lontano, verso altro sangue.
Il totalitarismo islamico ci abitua, giorno dopo giorno, a cose tutte curiosamente deformi, piene come sono di una loro crudeltà fredda, necessaria. Bimbi che uccidono, città bruciate come nell’apocalisse, bambine imbottite di esplosivo. Ma è una necessità oscura di fronte alla quale la ragione abdica, pur intuendola, presa dal senso diaccio di questa notte dell’uomo.

Omicidio sistematizzato
Nel mondo dell’omicidio sistematizzato, qual è il malefico ordine islamico, la paura non ha più valore: che futuro può mai figurarsi questo bambino, e le piccole kamikaze dei Boko Haram, loro che vivono da quando sono nati in tanta tormenta del mondo, in un tempo senza via di uscita? Un futuro che non eccita né curiosità né speranze. Questo congedo dalla speranze è la nota veramente nuova di questi giovani assassini allevati nel jihadismo. Era un tempo, questo, il lato più evidente della vecchiaia. Guardando il giovane assassino che dà il colpo di grazia, noncurante, alle spie russe penso alla felicità dei bambini che non hanno memorie, felicemente desertici: per loro tutto dovrebbe essere, è domani. A un domani nell’infanzia totalitaria non possono pensare tutti presi dalla difficile sepoltura di una parte di se stessi.
Forse il video dell’esecuzione è solo una montatura propagandistica, ci sono particolare che non quadrano. Ma è l’idea di utilizzare il bambino che è tremenda. Perché dimostra che l’abiezione diventa desiderio e destino. C’è nella scena tutto il mondo dell’islamismo radicale, guardatelo e imparate: i suoi codici, le sue parole d’ordine, i territori segreti, l’incubo dei predicatori che ispirano gli animi di adulti e bambini alla follia, la sua manovalanza e i suoi generali.
Vediamo un bambino che uccide e poi, nella sequenza successiva, sorride felice: chi sono questi nuovi indemoniati che ritengono che sia tutto permesso, anche contaminare l’infanzia, non più perché dio non esiste, ma anzi proprio perché dio esiste; e questa esistenza dà loro il diritto di essere fanatici.

L’omicidio perfetto
I bambini assassini con il mitra i mano, schiacciati in uniformi, li abbiamo già visti in bestiari antichi che appartengono anche a noi europei e cristiani: i soldati bambini del lugubre walhalla nazista, i neri angeli-killer di Pol Pot, i lanzichenecchi storditi dalle droghe delle guerre tribali senza pietà dell’Africa. Era il bambino soldato, frutto della disfatta o di una cinica produttività omicida. Ora è qualcosa di diverso. L’esecuzione non è il furore della battaglia; è l’omicidio perfetto.
Mi sono portato dietro dai territori jihadisti come il segno di maggiore orrore non le facce degli assassini adulti, sprofondati nella loro aberrazione, facce da bruti, l’odio sul viso, testa bassa e risate diaboliche o i mezzi sorrisi dei carnefici che attendono, impazienti, la loro ora. Nei miei incubi ci sono i visi delicati, innocenti dei bambini siriani che guardavano sui telefonini, avidamente, sequenze di bestiali linciaggi. E di quelli che, accanto ai fratelli o ai padri, assistevano alle umiliazioni o alle violenze che venivano inflitte all’occidentale, al cristiano. E si vedeva che speravano di esser chiamati a loro volta a parteciparvi, ad aggiungere uno sputo, un calcio, una irrisione. Nelle serre dell’islamismo che si è fatto Stato sta crescendo una giungla maligna.

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