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La Stampa Rassegna Stampa
13.01.2015 Il terrorismo Isis adesso è anche cibernetico
Analisi di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 13 gennaio 2015
Pagina: 4
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «La cyber brigata dell'Isis l'ultima frontiera del terrore»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 13/01/2015, a pag. 4, con il titolo "La cyber brigata dell'Isis l'ultima frontiera del terrore", l'analisi di Maurizio Molinari.


Maurizio Molinari


Passaporti dello Stato islamico

Il Cyber-Califfato autore del blitz contro il Comando Centrale Usa a Tampa dimostra l’efficacia dell’arma della Jihad digitale sviluppata dallo Stato Islamico (Isis) di Abu Bakr al-Baghdadi, realizzando un’idea avuta da Osama bin Laden. Circa un anno prima di essere eliminato ad Abbottabad, in Pakistan, il fondatore di Al Qaeda scrisse una lettera ai seguaci spingendoli a comprendere l’«importanza della Jihad elettronica». A raccogliere il messaggio è stato Abu Hamza Al-Muhajir, uno dei leader di Al Qaeda in Iraq, chiedendo per iscritto alle cellule di reclutare - come recita un suo ordine dell’aprile 2010 - «chi dimostra interesse per gli hacker, al fine di distruggere i siti Internet del nemico, ed infiltrare le sue roccaforti strategiche» nella convinzione che «la guerra elettronica è uno strumento efficace della guerra del futuro». Hamza Al-Muhajir viene eliminato proprio nel 2010 da un blitz congiunto americano-iracheno a Tikrit, in Iraq, ma quando Abu Bakr el-Baghdad arriva alla guida di «Al Qaeda in Iraq» dimostra di voler realizzare il cyber-arsenale jihadista, ritenendolo uno dei fronti di espansione del suo «Califfato»: inizia creando la rivista digitale Dabiq, mette sotto pressione i reclutatori affinché gestiscano forum per moltiplicare i simpatizzanti e affida ad un «Dipartimento Media» la ricerca di jihadisti in grado di essere hacker molto aggressivi. L’intelligence britannica ritiene che la persona decisiva per realizzare questo progetto è Junaid Hussein, nato a Birmingham e andato volontario a combattere in Siria, che sceglie il nome di battaglia di Abu Hussain Al Britani assumendo la guida delle operazioni digitali di Isis. Al Britani infatti ha alle spalle un passato da hacker, organizzò in Gran Bretagna il gruppo di cyberguerrieri «Team Poison» (Squadre Veleno) e nel 2012 venne detenuto per sei mesi in Gran Bretagna per aver hackerato l’account gmail dell’ex premier Tony Blair. Sarebbe proprio Al Britani ad aver creato il team di jihadisti cibernetici riuscito a scrivere un programma di software criptato che consente al «Cyber-Califfato» di esistere sui social network, resistere ad ogni attacco, comunicare attraverso delle app e lanciare blitz efficaci come quelli che hanno investito siti Internet del governo israeliano durante il conflitto a Gaza contro Hamas. In quell’occasione Israele disse che gli attacchi cibernetici «molto sofisticati» erano partiti anche dal Qatar e che i «mandanti» avevano tentato, con degli stratagemmi digitali, perfino di assoldare alcuni hacker israeliani. L’allarme su un possibile attacco cybernetico di grandi dimensioni risale a settembre, quando furono esperti americani e britannici a parlare dell’«intenzione del Califfo di mettere a segno un’azione sensazionale» operando attraverso Internet. Il blitz contro il comando di Tampa dimostra che tale capacità è maturata fra gli hacker del Califfo, guidati con disciplina dalla centrale di Raqqa e con «gruppi d’azione» in più Paesi, dal Nordafrica al Golfo.

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