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La maledizione di Allah 12/01/2015

Pubblichiamo la traduzione di una lettera aperta che la politologa e scrittrice Elham Manea ha pubblicato su Civic Egypt all'indomani della strage di Parigi, rivolta a chi l'ha minacciata di morte. È la testimonianza di un fermento in atto nel mondo musulmano. Un piccolo segnale che speriamo cresca.

(traduzione dall’arabo di Valentina Colombo)

Ecco la lettera: 

“La maledizione di Allah su di te, donna miscredente, donna criminale. Affronterai presto lo stesso destino dei vignettisti, se Allah lo vorrà. Verrai uccisa, cagna!” Un esempio tra le tante minacce. Minacce numerose dal momento in cui ieri ho pubblicato due vignette del nostro Nobile Profeta. Ieri, sette gennaio, è stato un giorno colmo di dolore. È iniziato con la notizia dell’uccisione di 33 giovani yemeniti e il ferimento di sessantadue nei pressi dell’accademia di polizia a Sanaa. Un attentato terroristico. Un’autobomba. Che li ha dilaniati. Un attentato terroristico. A quanto pare portato a compimento da Al Qaeda. Dopodiché è giunta un’altra notizia: l’uccisione di dodici persone – tra cui otto giornalisti e due poliziotti - presso la sede della rivista Charlie Hebdo a Parigi. Un attentato terroristico. Tre giovani come quello che mi ha maledetta. Sono entrati nella sede della rivista e hanno dato avvio allo spargimento di sangue. Una rivista che aveva pubblicato alcune vignette sul Nobile Profeta. I tre giovani hanno ritenuto che quell’atto comportasse l’uccisione di chi l’aveva commesso. Un attentato terroristico. A quanto pare anch’esso legato a Al Qaeda. Al Qaeda che vuole ritornare alle luci della ribalta dopo essere stata espropriata dello Stato islamico in Iraq e in Siria. E ha sparso il sangue per conquistare la ribalta! Ero sopraffatta dal dolore. Afflitta per i giovani yemeniti il cui sangue si era riversato sulle strade di Sanaa. Chi avrebbe consolato le loro madri? Afflitta per i giornalisti e gli agenti francesi il cui sangue scorreva in Francia. Chi avrebbe confortato le loro famiglie? Chi avrebbe consolato i loro figli? Afflitta per noi. Per la nostra religione. Per il nostro Nobile Profeta. Per colui in nome del quale uccidiamo, ci facciamo esplodere e rapiamo le donne. Al punto da collegare la paura al Suo nome. Avevo la consapevolezza che il pensiero che aveva ucciso i nostri giovani nello Yemen era lo stesso pensiero che aveva ucciso quei giornalisti. Lo stesso pensiero. Lo stesso pensiero che aveva spinto un altro giovane yemenita a farsi esplodere in un centro culturale a Ibb in cui festeggiava la nascita del nostro Nobile Profeta. Lo stesso pensiero. Sono convinta che questo pensiero estremista possa essere fronteggiato solo a partire dal nostro pensiero, dalle nostre parole, dalle nostre azioni. Inizia dal nostro stesso pensiero. Perché spesso diciamo quel che di fatto non intendiamo dire. Diciamo di rispettare la libertà di opinione. Ma dopo l’attacco alla rivista sussurriamo dentro di noi che in parte se lo erano meritato. Perché avevano valicato i confini che noi rispettiamo. Siamo sinceri con Allah, quanti di noi lo hanno sussurrato? Come i Fratelli musulmani. Che hanno condannato l’attentato alla rivista. E al tempo stesso nel loro sito in arabo sostengono il pensiero e gli scritti di Sayyid Qutb, quel pensiero che rende lecito uccidere e combattere musulmani e non musulmani che, secondo loro, sono parte della jahiliyya, dell’epoca dell’ignoranza che è dovere respingere! Come alcuni che sostengono di difendere i diritti umani nel nostro paese. E poi istigano a dichiarare la guerra contro l’altro, non importa che si tratti di uno sciita zaydita oppure di un riformista. La guerra. L’omicidio. E poi dicono di difendere i diritti umani. Se i Fratelli musulmani fossero davvero coerenti con quel che credono – ovvero un pensiero ideologizzato che vuole instaurare uno Stato, che con il tempo diventerebbe come lo Stato Islamico di al-Baghdadi, pensiero che occultano con la dissimulazione – ebbene noi non giocheremo più a questo gioco o altri simili giochi. Non confonderemo più le carte. Ebbene ho pubblicato due vignette del nostro Nobile Profeta. La prima era apparsa nel numero della rivista dedicato al nostro Nobile Profeta. La seconda raffigurava il Profeta mentre diceva: “Com’è difficile amare gli stupidi!” ovvero gli estremisti. Perché l’ho fatto? Non l’ho fatto né per offendere né per aizzare né per odiare. Sono sempre stata e sono convinta di parlare dall’interno dell’islam. La mia religione che ho scelto. La religione dell’amore. Tuttavia non mi riconosco nella nostra visione di questa religione. Credo in un islam umano. Ho pubblicato le vignette per ricordare che la libertà d’espressione non si può mercanteggiare. È un diritto umano che non deve essere mercanteggiato nemmeno quando colpisce e ci ferisce. Per chi se lo fosse dimenticato: la stessa rivista ha dedicato un numero intero a Gesù e nessuno ha ricevuto minacce dai suoi fedeli. Ha deriso Gesù, ha deriso il Profeta Mosè, ha deriso il Papa. Così come ha deriso il nostro Nobile Profeta. Sempre pungente, ha sempre strappato un sorriso e spinto alla riflessione. Talvolta ha ferito le sensibilità. Perché l’ho fatto? Per ricordare che la libertà di espressione è alla base di tutte le libertà delle nostre società. Raif Badawi è stato condannato a dieci anni di prigione in Arabia Saudita perché ha criticato i fondamenti wahhabiti e i loro eccessi nel suo paese. Maryam è stata arrestata e condannata a morte in Sudan perché aveva scelto la religione cristiana e non la religione di suo padre ovvero l’islam. Solo la mobilitazione civile in Sudan e a livello internazionale l’hanno salvata. Blogger tunisini sono stati arrestati perché omosessuali. Giornalisti e giornaliste, avvocati e avvocatesse sono in carcere in molti nostri paesi perché hanno difeso un’opinione, una posizione o un principio in modo del tutto pacifico. Forse direte che questi esempi non c’entrano per nulla con la pubblicazione di un’immagine del Profeta. Lo direte? Altri mi domanderanno perché difendo tutti questi diritti. Alcuni diranno che va bene difendere i diritti umani di coloro che sono stati arrestati, oppure di chi la pensa diversamente da noi dal punto di vista religioso e politico. Ma mi malediranno perché difendo il diritto di dichiarare di essere ateo o omosessuale, oppure di dichiarare pubblicamente di avere abbandonato l’islam per un’altra religione. Questo è il relativismo cui mi oppongo. Non c’è via di scampo. Per questo vorrei che ci vergognassimo un po’. Perché molte persone in Occidente rispettano la libertà di espressione? Perché non dimenticano la loro storia. Una storia in cui la libera espressione è stata messa a repentaglio. Pensate al grande scienziato Galileo processato per avere affermato che la terra ruota intorno al sole e capirete quel che dico. La Chiesa avrebbe voluto metterlo al rogo all’epoca. Mi viene in mente lo shaykh Bin Baz che ha dichiarato apostata chiunque sostenesse che la terra è rotonda, penso a quanto intorno a lui hanno avuto paura di opporsi a lui ritenendo che parlasse “in nome di Allah”. Ma la terra ruota intorno al sole ed è rotonda. Quel che chiamiamo limite alla libertà d’espressione corrisponde a metterle i ceppi, ceppi che ci chiudono le bocche affinché smettiamo di pensare, smettiamo di porci delle domande e smettiamo di chiedere il cambiamento e la riforma. Hanno riportato dal passato i tribunali dell’inquisizione. Ma noi viviamo oggi. E ora ritorno a chi mi ha minacciata. E agli altri che hanno mandato altri messaggi usando termini ben peggiori. Ebbene vi mando un messaggio d’amore. Niente odio. Ti prego di leggere quel che ho scritto. Di rifletterci sopra. Per poi accettarlo oppure rifiutarlo. Ma di non chiedere la mia uccisione. Perché l’omicidio è un limite a quella libertà che difendo. Se solo tu riflettessi un po’, troveresti nella nostra storia islamica tante raffigurazioni del nostro Nobile Profeta. Incise sulle pareti e disegnate nei nostri libri. Ma noi ci rifiutiamo di vedere. Le abbiamo messe al rogo. Perché la religione così come ce l’hanno insegnata negli anni passati non crede nel pluralismo che ha conosciuto la nostra storia. Raffigurare il nostro amato Profeta non è un oltraggio. Uccidere in suo nome è un oltraggio. Io continuerò a rispettare la libertà di espressione. Tutto il mio affetto e il mio rispetto.

Elhan Manea


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