Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 08/01/2015, a pag. 2, con il titolo "Vendetta islamista, strage di giornalisti a Parigi", la cronaca di Paolo Levi.
Paolo Levi
Uno dei terroristi islamici fredda un poliziotto francese
«Allah è grande: siamo qui per vendicare il Profeta»: incappucciati, vestiti di nero, come l’auto nera che li ha portati a insanguinare Parigi, con la Francia colpita al cuore dalla strage più sanguinaria degli ultimi cinquant’anni e oltre centomila manifestanti in tutte le piazze della République a piangere i suoi «eroi».
Sono le 11,30 quando la Citroën C3 dei terroristi - due franco-algerini, di 32 e 34 anni, rientrati quest’estate dalla Siria, con un complice di 18 anni - arriva davanti alla sede di Charlie Hebdo, il settimanale satirico minacciato per le sue vignette sull’Islam e Maometto.
Azione militare
Un’operazione fredda, come questo cupo inizio d’anno parigino, da commando militare, che ha portato alla morte di dodici persone - tra cui otto giornalisti - e undici feriti, di cui 4 gravissimi. Sotto i colpi sono caduti anche l’economista Bernard Maris, che aveva una rubrica su Charlie Hebdo, un addetto alla portineria, un poliziotto accorso in bicicletta dal commissariato vicino e un altro che era di guardia all’interno della redazione per proteggere il direttore. Pochi minuti, un’azione precisa, letale.
«Dov’è Charlie Hebdo? Dov’è Charlie Hebdo?», gridano Said e Cherif Kouachi, franco-algerini già noti ai servizi, prima di mietere la loro prima vittima, il portiere dell’edificio della Rue Nicolas Appert, dove ha sede la rivista.
Nella moderna palazzina a due passi dalla Bastiglia, è l’inizio della mattanza. «Allah Akbar! Allah Akbar! siamo qui per vendicare il Profeta!»: le urla dei killer colgono di sorpresa i giornalisti durante la prima riunione di redazione dopo le feste. Il direttore Charb (Stéphane Charbonnier) e i tre vignettisti Georges Wolinski, Cabu (Jean Cabut) e Tignous (Bernard Verlhac) cadono sotto il fuoco dei kalashnikov, insieme ad altri quattro giornalisti, all’agente incaricato della sicurezza del direttore e all’economista Maris. Come in una tragica profezia, nella sua ultima vignetta lo stesso Charb aveva ritratto un fondamentalista islamico con barba e fucile a tracolla. Titolo: «Ancora nessun attentato in Francia». Commento del fondamentalista: «Aspettate, abbiamo tempo fino a fine gennaio per presentare gli auguri».
I minuti del terrore
In redazione, la carneficina dura pochi minuti, alcuni riescono a fuggire sui tetti, altri si nascondono dove possono, poi il silenzio. I due attentatori prendono poi la fuga, infilandosi nell’auto nera. Segue un violento scontro a fuoco con le volanti della polizia che finisce con la tragica esecuzione di un agente.
La Citroën continua la sua corsa verso il Nord di Parigi, investendo violentemente un’altra auto a place du Colonel Fabien, nei pressi del parco della Villette. I terroristi sono costretti ad abbandonare il veicolo, poi sequestrano con la violenza una Renault Clio e proseguono la fuga.
E ieri notte alla periferia di Reims - dove si sono nascosti i terroristi - è scattato il blitz delle forze speciali francesi.
In tutto il Paese comincia la caccia all’uomo e le piazze cominciano a riempirsi di manifestanti. Trentacinquemila a Parigi, oltre dodicimila a Lione. E poi Marsiglia, Rennes, Brest, Bordeaux, Lille, ma anche Bruxelles e Roma, con una fiaccolata silenziosa organizzata davanti all’ambasciata di Francia in piazza Farnese. I messaggi di solidarietà arrivano in un flusso continuo da tutto il mondo: il presidente Usa Barack Obama, Ban Ki-Moon, Angela Merkel, Matteo Renzi, Cameron.
La Francia piange gli «eroi»
In piazza molti hanno cartelli con la scritta «Je suis Charlie», o messaggi di sostegno ai giornalisti e alla libertà di espressione. Qualcuno porta dei fiori, soprattutto rose bianche, deposti ai piedi della statua che raffigura la République. Tantissimi brandiscono penne e matite, «le nostre armi di oggi»: la stessa impugnata dai vignettisti e dai giornalisti caduti sotto i colpi di kalashnikov degli attentatori. «Preferisco morire in piedi che vivere in ginocchio», disse una volta Charb. «Questi uomini sono morti per l’idea che avevano della Francia, e cioè per la libertà»: ha detto il presidente Hollande, che ha definito le vittime «i nostri eroi» e ha decretato il lutto nazionale.
In mattinata, davanti alla sede del settimanale, Danil Boubakeur, presidente dei musulmani di Francia, aveva condannato «l’orrore di questo crimine indicibile», chiedendo di non fare amalgama tra la sua religione e questi barbari assassini.
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