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La Stampa Rassegna Stampa
31.12.2014 Israele, Isis, Siria 2014: un bilancio
Commenti di Maurizio Molinari, Giordano Stabile, Francesca Paci

Testata: La Stampa
Data: 31 dicembre 2014
Pagina: 6
Autore: Maurizio Molinari - Giordano Stabile - Francesca Paci
Titolo: «Israele - Isis - Siria»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 31/12/2014, a pag. VI-VII, con il titolo "Israele", il commento di Maurizio Molinari; a pag. VI, con il titolo "Isis", il commento di Giordano Stabile; a pag. VII, con il titolo "Siria", il commento di Francesca Paci.

Maurizio Molinari: "Israele"


Maurizio Molinari

Quando e perché vi è stato l’ultimo conflitto armato nella Striscia di Gaza fra Hamas e Israele?
Il conflitto è iniziato l’8 luglio, quando Israele ha lanciato l’operazione «Margine Protettivo» in risposta al massiccio lancio di razzi da parte di Hamas contro i centri urbani del Sud. La crisi era iniziata a metà giugno con il rapimento e l’uccisione di tre ragazzi ebrei da parte di Hamas a Sud di Gerusalemme. Israele aveva risposto con arresti e blitz anti-Hamas in Cisgiordania, a cui Hamas reagì col lancio di razzi da Gaza.

Quanto è durato il conflitto e quali caratteristiche ha avuto?
È durato 50 giorni, nei primi 10 Israele ha condotto un’offensiva aerea e poi ha lanciato una vasta operazione di terra. È stato un conflitto su due fronti: Hamas ha bersagliato i centri urbani di Israele lanciando 4564 fra razzi e colpi di mortaio ma il 95 per cento di quelli destinati a colpire zone densamente abitate sono stati intercettati dal sistema difensivo «Iron Dome»; Israele ha fatto massiccio uso di aviazione, artiglieria e tank per demolire le strutture di Hamas dentro la Striscia, distruggendo in particolare i tunnel sotterranei scavati sotto il confine per colpire i kibbutzim del Negev.

Quali sono state le conseguenze del conflitto?
«I palestinesi hanno registrato oltre 2200 vittime e Hamas avrebbe subito la perdita di oltre 300 miliziani. Ciò significa che gran parte dei morti palestinesi sono stati civili. Israele ha subito la perdita di 66 soldati e 6 civili. Alcune aree di Gaza, come a Sajayia, Beit Hanun e Rafah hanno registrato imponenti devastazioni e la ricostruzione della Striscia prenderà anni».

Chi ha vinto e chi ha perso?
Entrambe le parti affermano di aver vinto. Hamas ritiene che il successo sia stato nel non capitolare davanti all’offensiva di terra, conservando il controllo della Striscia ottenuto nel 2007 e riuscendo a colpire Israele in profondità con razzi a lungo raggio. Israele ribatte che il successo è stato nell’aver inflitto un duro colpo militare a Hamas, depotenziandone l’arsenale. Il cessate il fuoco, ottenuto grazie alla mediazione egiziana, è assai precario in maniera analoga a quanto avvenuto dopo i precedenti due conflitti Hamas-Israele, combattuti sempre nella Striscia nel 2008 e 2012.

Giordano Stabile: "Isis"


Giordano Stabile

Quali sono le radicistoriche dell’Isis?
Lo Stato islamico dell’Iraq e della Siria (Isis), da giugno Stato islamico, è un ibrido di organizzazione terroristica, unità di guerriglia, esercito strutturato e istituzioni parastatali. Le radici affondano a 25 anni fa. Nel 1989 un islamista giordano, Abu Musab al Zarqawi, arriva in Afghanistan. Troppo tardi per combattere i sovietici in ritirata ma in tempo per diventare discepolo di Osama bin Laden. Nel 2001, dopo la caduta dei taleban, Al Zarqawi fugge in Iraq.

È diverso da Al Qaeda?
Nel 2003 Saddam Hussein è abbattuto dagli americani. Un anno dopo Al Zarqawi fonda Al Qaeda in Iraq (Aqi). Con una particolarità: non attacca le truppe Usa ma altri islamici, l’etnia sciita nemica dell’ortodossia sunnita. Il settarismo di Al Zarqawi viene sanzionato dalla leadership di Al Qaeda. Inutilmente. Finché Al Zarqawi è ucciso in un raid, nel 2006.

Come è riuscito Al Baghdadi a espandersi finoa controllare territori grandi come la Francia?
Al Baghdadi assume la guida dell’Aqi nel 2011 e la ribattezza Stato islamico dell’Iraq (Isi). Gli americani si stanno ritirando, il premier iracheno, lo sciita Nouri al Maliki, discrimina i sunniti. A differenza di Al Zarqawi, Al Baghdadi è iracheno e usa la sua rete di relazioni tribali per allargare l’alleanza anti-sciita. Una coincidenza lo aiuta. Nella vicina Siria il presidente alawita (sciita) Bashar al Assad opprime la maggioranza sunnita ma non controlla i territori confinanti con l’Iraq. L’Isi penetra in Siria, nel maggio del 2013 occupa la città di Raqqa, e viene rinominato Isis, Stato islamico dell’Iraq e della Siria.

Quanto ha contatola presa di Mosul?
Al Baghdadi ha finora mostrato capacità strategica. Il suo luogotenente Abu Omar al Shishani (il ceceno) coglie le opportunità tattiche. L’esercito iracheno non obbedisce ai nuovi comandanti sciiti. Sulla carta ha 270 mila uomini, ma solo un decimo combatte. L’Isis si è ingrossato in Siria con l’arrivo di jihadisti dal mondo islamico e dall’Europa e conta 50 mila combattenti. Con un blitz, nel giugno 2014 Al Shishani sposta una colonna motorizza dalla Siria all’Iraq e occupa Mosul, 2 milioni di abitanti. Al Baghdadi fonda allora lo Stato islamico su quasi mezza Siria e mezzo Iraq. Si autonomina Califfo, guida spirituale e politica di tutti i popoli islamici, e governa 10 milioni di sudditi. Ora ha 80mila uomini.
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Perché l’Isis è così crudele?
Al Baghdadi fonda la sua ideologia sulla purezza dell’islam nella versione salafita: chi non si adegua va eliminato. Nel bersaglio finiscono sciiti, cristiani, yazidi, curdi, laici. In due anni si stima che l’Isis abbia ucciso 10mila militari e altrettanti civili. Una lettura letterale del Corano porta a giustificare uccisioni, riduzione in schiavitù, stupri. La ferocia delle esecuzioni serve a intimidire i nemici, a galvanizzare gli estremisti, da monito ai timidi. È il cemento del suo potere.

Perché i raid americani non l’hanno distrutto?
Da agosto gli Usa hanno condotto 1400 raid e ucciso oltre mille miliziani. Ma Al Baghdadi ha resistito in passato all’occupazione americana ed è stato loro prigioniero. Sa come limitare i danni. Sul terreno manca un esercito vero in grado di contrastarlo. Solo i curdi sono riusciti a condurre controffensive serie a Kobane e sul Monte Sinjar.

Francesca Paci: "Siria"


Francesca Paci

A quasi 4 anni dalla rivolta contro Assad, quali sono le forze in campo?
I protagonisti in azione dentro al paese sono 4: il regime di Damasco che controlla il 45% del territorio (tra cui le principali città) e il 60% della popolazione e che si è indirettamente avvantaggiato dall’intervento internazionale contro lo Stato Islamico; Isis che tiene sotto il giogo della sharia il 35% del territorio e 3 milioni di persone; il fronte Al Nusra accomunato allo Stato Islamico dalla jihad contro Assad ma autonomo nei metodi meno feroci che lo rendono più accettabile dalla gente (controlla il 5% della Siria); i curdi che gestiscono un 9-10% e tengono testa in campo aperto agli uomini neri del Califfato. Resta un 5% di terra di nessuno in mano a briganti e milizie fai-da-te. Gli attivisti liberal e il Libero Esercito Siriano (l’opposizione armata e moderata) sono attualmente irrilevanti.

Quali sono invece gli attori esterni al Paese?
L’Iran (più il suo alleato libanese Hezbollah) che, sebbene stia negoziando un accordo sul nucleare con le principali potenze mondiali, mantiene il supporto ad Assad. Gli Usa, risoltisi all’intervento in coalizione con numerosi partner europei e arabi (sunniti) che bombardano le postazioni dello Stato Islamico e di Al Nusra (come fa Damasco) ma tengono il regime sotto sanzioni. Il fronte sunnita, capitanato dall’Arabia Saudita (ma ultimamente è tornato a bordo il ridimensionato Qatar), che combatte contro l’Iran anche abbassando il prezzo del petrolio. La Russia di Putin, grande sponsor di Assad, che come l’Iran ha ridotto il supporto economico a Damasco ma non (non ancora?) quello politico. La Turchia, a lungo spalla dell’opposizione siriana, che è spiazzata dall’avanzata dello Stato Islamico (in sei mesi il Califfato ha ucciso 2 mila persone) ma non ha voglia di arginarlo perché combatte contro i suoi arcinemici curdi.

Quali sono i costi umani di questa guerra infinita?
Nel 2014 tutte le forze in campo (tranne i curdi) hanno perso terreno (il regime ha ripreso Aleppo, Homs e Kalamon ma ha perso Idlib, il Golan e Daraa). I costi umani sono enormi: il 90% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, le vittime sono già oltre 200 mila (oltre la metà civili), i profughi sono 3 milioni (rifugiati nei paesi confinanti) più quasi 5 milioni di sfollati interni.

Che prospettive ci sono?
Il regime di Damasco dice ora di voler incontrare l’opposizione in Russia. La mossa è poco credibile perché il caos riabilita Assad come campione anti-jihad e perché l’opposizione è divisa. La prospettiva oggi è una Siria divisa o uno scenario somalo.

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