Israele: cronache elettorali, dozzine di arresti, l’evento più rilevante della settimana
Analisi di Manfred Gerstenfeld
(Traduzione di Angelo Pezzana)
Giovedì scorso la polizia ha fermato decine di funzionari pubblici sospettati di aver partecipato in attività criminali: riciclaggio di denaro, corruzione, abuso di fiducia. La polizia ha dichiarato che la vice Ministro dell’Interno Faina Kirschenbaum, di Israel Beitenu (Israele è la nostra casa), ha avuto un ruolo di primo piano. Dopo l’interrogatorio è stata rilasciata perché gode dell’immunità parlamentare. Fra gli arrestati c’era anche Stas Meseznikov, dello stesso partito, già Ministro del Turismo.
Il controllore del Likud, Shai Galili, ha interdetto il Primo Ministro Benjamin Netanyahu dal candidarsi alla leadership del partito. Galili ha affermato che alcuni indizi dimostrano che Netanyahu ha usato in modo illecito fondi del partito nella campagna per la leadership. Il comitato elettorale del Likud ha detto che Galili non ha l’autorità di escludere Netanyahu e non ne ha alcun valido motivo. Anche Netanyahu è ricorso contro la decisione di Galili.
Questa settimana il Segretario di Stato Usa John Kerry ha dichiarato agli ambasciatori UE a Washington che gli Stati Uniti si opporranno al Consiglio di Sicurezza dell’Onu a ogni risoluzione sul Medio Oriente . Tzipi Livni, leader di Hatnuah (Il Movimento), dopo aver incontrato Kerry, ha dichiarato di essere orgogliosa per essere riuscita a salvaguardare gli interessi vitali di Israele al Consiglio di Sicurezza. Moshe Yaalon (Likud) ha reagito, dicendo “ Ciò che Livni ha detto nel suo appello agli Usa è profondamente sbagliato, perché non si coinvolgono funzionari stranieri nella politica interna israeliana”. Ha poi aggiunto “ Sappiamo tutti che se Tzipi Livni e ‘Bugie’ Herzog fossero al governo, da tempo Hamastan governerebbe in Giude e Samaria”
L’accusa di interferire nelle elezioni israeliane emerge durante ogni campagna elettorale, tanto che Kerry è stato attento quando ha affermato che Washington non si occuperà delle elezioni in Israele. Il che è vero solo fino a un certo punto, le recenti dichiarazioni del Vice Presidente Joe Biden, per esempio,quando ha detto che non c’è alcun legame tra la sicurezza di Israele e l’aiuto degli Usa a sostegno di Netanyahu. Barack Obama, nell’apporre la firma alla legge che vede in Israele il partner strategico degli Stati Uniti, mai attribuita a nessuna altra nazione, non deve essere percepita quale aiuto verso Netanyahu.
Questa settima è stata segnata anche da violenze. Quando l’ex leader di Shas, Eli Yishai, ha annunciato di aver fondato il suo nuovo partito, Ha’am Itanu (Il popolo è con noi), l’incontro è stato disturbato da attivisti di Shas, espulsi dopo una zuffa dalle guardie della sicurezza. A Be’ersheva, una riunione per la presentazione della sezione locale del partito di Yishai, ha dovuto essere sospesa per la rinuncia dell’organizzatore, dopo aver subito pressioni da parte di alcuni rabbini. Shas, il partito ultra-ortodosso, dal quale se n’è andato Yishai, è guidato da Aryh Deri, che ha subito una pesante condanna. Era stato riconfermato alla testa del partito al posto di Yishai dal leader spirituale del partito,il rabbino Ovadia Yosef, morto nel 2013. Quel che rimane di Shas potrà unirsi ai laburisti di Herzog se toccherà a lui la formazione del prossimo governo. I partiti ultra-ortodossi non facevano parte della coalizione uscente di Netanyahu, che aveva cancellato gli aiuti economici di stato alle loro istituzioni. Yishai sembra collocarsi al centro, augurandosi che Tekuma (Unione Nazionale) e Habait Hayehudì (La casa ebraica) si spacchino, e si uniscano al suo partito, ma finora non è successo, anche se alcuni rabbini importanti vicini a Tekuma sono oggi dalla parte di Yishai.
Se Habait Hayehudì sotto la guida di Naftali Bennett rimane unita potrebbe essere il terzo partito dopo le elezioni. Le tensioni nell’altro partito ultra-ortodosso, United Torah Judaism, sono meno evidenti. Moshe Gafni, a capo della fazione Degel Hatorah (La bandiera della Torah), ha dichiarato che potrebbe allearsi a un governo di sinistra con Herzog. Queste parole hanno creato subbuglio nel partito, che teme ora di perdere voti a destra.
Dei 6 deputati di Hatnuah, solo Livni e Amir Peretz, già leader laburista, correranno nelle prossime elezioni. Il generale Eliezer Stern, deputato, ha lasciato il partito, dicendo che non condivideva la politica di Livni, che aveva difeso male gli interessi del partito nella fusione con i laburisti, quando ha cercato di ottenere l’incarico di Primo Ministro a rotazione. Gli altri tre deputati, David Tsur, Amram Mitzna e Meir Sheetrit hanno deciso di non ricandidarsi.
Moshe Kahlon ha presentato il primo candidato del suo nuovo partito Kulanu (Tutti Noi), l’ex ambasciatore negli Usa Michael Oren. Un altro candidato è l’esperto in economia sociale Eli Alaluf. Kahlon ha detto che “ le prossime elezioni son saranno tra destra e sinistra, ma .. tra chi sconfiggerà le differenze, provvederà eguali opportunità, sulla leadership, la visione e il coraggio di chi saprà creare i cambiamenti necessari e attesi”.
Un sondaggio per The Jerusalem Post e Maariv, prevede 24 seggi per i laburisti, 23 per Likud e 17 per Habayt Hayehudì. In caduta verticale Israele Beitenu, dai 13 attuali a 5. Il Rafi Institute, per conto della radio Reshet Bet, gliene attribuisce invece 8.
Ma i sondaggi non vertono soltanto sul numero dei seggi, pongono anche altre domande. Un sondaggio di Channel 10 è su chi darà maggiori garanzie in fatto di sicurezza di fronte alle minacce contro Israele. Il 30% ha risposto Netanyhau, il 22% ha preferito Avigdor Lieberman di Israel Beitenu, il 21% Herzog.
Un’altra domanda presente nei vari sondaggi era se le indagini investigative della polizia erano di natura poltica. Il 44% ha risposto sì, il 40% no.
Il 40% ha detto che le indagini della scorsa settimana sulla diffusa povertà in Israele avrebbero influenzato il loro voto, mentre il 14% ha detto che lo avrebbero influenzato le indagini sulla corruzione. Alla domanda se credevano che ci potrebbe essere un nuovo scontro nella Striscia di Gaza, il 64% ha detto sì, il 16% no.
Manfred Gerstenfeld è stato presidente per 12 anni del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta.