Riprendiamo dall' OSSERVATORE ROMANO di oggi, 28/12/2014, a pag.5, con il titolo "Non basta parlare di pace", un pezzo non firmato.
Di corretto c'è solo il titolo. Tutto il testo è una zuppa melensa di banalità che contraddicono la titolazione. E' da sempre conosciuta la posizione del Patriarca Twal, ostile fino alla menzogna a Israele. Le sue preoccupazioni sono sempre e in maniera esclusiva rivolte al mondo arabo-palestinese, Israele è sempre nel mirino, ciò che conta per il Patriarca sono i palestinesi. Si augura che crolli la barriera di sicurezza - davanti alla quale, non va dimenticato, si era fermato per pregare anche il papa- che cosa gliene importa se riprenderanno gli attentati, le vittime saranno solo ebrei.
Ci chiediamo perchè il Patriarca rimanga a vivere in Israele, con tutte le comodità che comporta, e non vada invece in Siria o in Giordania, magari in Libano o a Gaza, oppure a Ramallah, in fondo sono luoghi che formano quella Terra Santa che al mondo cattolico è così cara fino al punto che ha cancellato il nome di Israele. Perchè Twal non se ne va in uno di questi posti ? Dove non ci sono muri di separazione, lì potrebbe essere accanto a quelle popolazioni che tanto gli stanno a cuore. Invece no, se ne sta in Israele. Già, in Israele.
Ecco l'articolo:
«Ebrei, musulmani e cristiani dovrebbero vivere insieme, nell'uguaglianza e nel rispetto reciproco. Gerusalemme ha una vocazione universale alla pace e alla felicità. Invece, questa Terra santa è diventata terra di conflitto». Il patriarca di Gerusalemme dei Latini, Fouad Twal, ha colto l'occasione della messa natalizia di mezzanotte celebrata a Betlemme, nella basilica della Natività, alla presenza delle autorità palestinesi, per compiere una nuova disamina della grave situazione in cui versano i luoghi santi. «Abbiamo vissuto, quattro mesi fa — ha detto nell'omelia — la terza guerra consecutiva su Gaza che ha lasciato, sui due lati, migliaia di vittime. Peggio ancora, tutti questi sacrifici sembrano inutili: nel fondo del problema non è cambiato nulla. Il popolo israeliano continua a vivere nella paura e nella insicurezza, mentre il popolo palestinese continua a reclamare la propria indipendenza e la propria libertà e Gaza attende di essere ricostruita per la terza volta». Peggio ancora, «questa guerra ha approfondito l'odio e il sospetto tra i due popoli e li ha fatti entrare in una spirale di violenza e di rappresaglie. Ultimamente, la violenza ha colpito i luoghi di culto. Il gorgo della morte continua a travolgere e schiacciare». In questa prospettiva, Twal ha lanciato due appelli. Il primo per «la ricostruzione di Gaza e l'umanizzazione delle condizioni di vita dei suoi abitanti». Il secondo, per la valle di Cremisan, «minacciata di essere inghiottita dal tracciato del muro che rischia di separare 58 famiglie cristiane di Beit Jala dai loro campi». Secondo il patriarca, «queste famiglie perderebbero l'accesso alle loro proprietà. In nome della giustizia e della morale, domando ai responsabili politici di impedire questo muro». Muro sul quale, ha ricordato il presule, Papa Francesco, in occasione del suo pellegrinaggio in Giordania, Territori Palestinesi e Israele del maggio scorso, «si è fermato, vi si è inchinato e ha pregato. Il mondo potrebbe anche dimenticare tutti i discorsi di Sua Santità durante la sua permanenza tra noi, ma non potrà dimenticare la sua breve sosta davanti al muro. Con la sua preghiera, Sua Santità ha chiesto di far crollare anche i muri immateriali, incancreniti nei cuori e nelle anime: i muri dell'odio, del timore e dell'arroganza». Per questo, ha aggiunto, «in questa notte di Natale, non basta parlare di pace è necessario soprattutto pregare per la pace. Preghiamo, dunque, per la pace del mondo intero, per la riconciliazione in Medio oriente, per i prigionieri politici e i detenuti, preghiamo per i rifugiati accolti nei Paesi vicini, in Giordania e in Libano. Preghiamo per i poveri e i perseguitati a causa della loro fede e della loro razza. Preghiamo infine per i nostri capi politici perché il Signore accordi loro la saggezza e la forza. Preghiamo gli uni per gli altri».
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