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Qatar, figliol prodigo ? Commento di Mordechai Kedar (Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)
Il figliol prodigo del Qatar si è pentito, e, sempre che sia vero, chi ha fatto in modo che avvenisse? E come? Tutti conosciamo la leggenda di Aladino e del genio che esce dalla lampada trovata in una grotta. La parte fantasiosa della storia che più ci colpisce è sicuramente quella del potente genio che, emerso dalla lampada che Aladino aveva sfregato, fa sì che tutti i suoi desideri diventino realtà. Il motivo è semplice: anche noi speriamo segretamente di trovare una lampada magica che possa liberare un genio in grado di trasformare tutti i nostri desideri in realtà. Ma l’Emiro non si accontentò: volle rovesciare gli altri regimi arabi, e con la guida dello sceicco Yusef Al Karadawi, portò i Fratelli Musulmani ad una posizione di potere. La Fratellanza non è un’organizzazione di assistenza sociale, ma un brodo di cultura che nutre la violenza, il terrorismo e la Jihad. E’ diventato evidente a tutti che è stato il Qatar di aver creato l’attuale situazione, incoraggiando nei media il terrorismo e finanziando con somme enormi la lotta contro i capi di governo sostenuti dall’Occidente. Dopo che nel luglio del 2013 il Generale Al Sissi aveva liberato l’Egitto dal Presidente Morsi, rappresentante dei Fratelli Musulmani, al Jazeera aveva aperto in Egitto un nuovo canale multimediale allo scopo di farlo tornare al potere e destituire Al Sissi.
Il Qatar è una penisola circondata su tre lati dal Golfo Persico - nel quarto però, c’è l'Arabia Saudita. E’come se gli americani, che conoscevano bene il coinvolgimento del Qatar nel finanziamento dell’ISIS, avessero lasciato intendere che niente di terribile sarebbe accaduto se l’Arabia Saudita avesse preso il controllo sul Qatar, deposto la Casa regnante di Thani e si fosse annessa la penisola. Se questo avesse portato il Qatar a chiudere con il sostegno al terrorismo nei confronti dell’America, gli Stati Uniti lo avrebbero visto come un prezzo equo da pagare. Non appena il Qatar vide che stava per essere lasciato solo, circondato da Paesi disposti a prendersi tutto senza alcuna efficace opposizione da parte americana, la famiglia regnante guidata dall’Emiro capì che il gioco era finito e che era venuto il momento di cambiare politica. Ha quindi organizzato un “incontro” degli Stati del Golfo, “ha ascoltato con attenzione” gli ordini del re saudita Abdullah, e “ha deciso di accettare le richieste dei suoi fratelli arabi.” Ha poi chiuso il canale egiziano di al Jazeera, strisciando su quattro zampe al Cairo insieme a un supervisore saudita, al fine di “risolvere le differenze” con quel Paese. Al Jazeera ha anche cominciato a chiamare Al Sissi con il titolo di “Presidente”. Questa è la saga della sottomissione del Qatar ai dettami sauditi, e l’America - è ormai chiaro - nelle sue relazioni con il Qatar, ancora una volta, aveva puntato sul cavallo sbagliato. Una risoluta coalizione di Arabia Saudita, Emirati ed Egitto è riuscita a porre fine al suo sostegno al Qatar, e la sensazione egiziana di vittoria è stata espressa questa settimana dal Primo Ministro egiziano con la dichiarazione che non avrebbe permesso all’ambasciatore americano al Cairo di incontrarsi in Egitto con rappresentanti dei Fratelli Musulmani, in quanto in contrasto con la legge egiziana che considera i “Fratelli” un’organizzazione terroristica. L’Egitto, sostenuto da sauditi ed Emirati, ha costretto l’America a rivedere la sua politica nei confronti dei Fratelli Musulmani. Obama, dopo la sconfitta subita nelle elezioni congressuali di medio termine, non si sente abbastanza forte per opporsi a una coalizione che sa quello vuole, soprattutto da quando si è dovuto rendere conto che il Qatar finanzia il terrorismo, ISIS compreso. Se il Qatar ha davvero cambiato politica verso l’organizzazione dei Fratelli Musulmani e le sue propaggini, queste organizzazioni stanno per trovarsi senza aiuto e, in particolare, sostegno finanziario, Questo vale per Hamas e i gruppi politici islamici in Egitto, Giordania, Sudan, Tunisia, Algeria, Marocco e in particolare in Siria e in Iraq, dove queste organizzazioni stanno attivamente prendendo parte ai combattimenti. Per quanto riguarda Hamas, i portavoce iraniani sono stati chiari: sono disposti a finanziare la sua conquista di Giudea e Samaria. Grazie alla disponibilità dell’Europa a riconoscere uno Stato palestinese, gli iranian già vedono quello Stato come instaurato e con capitale Gerusalemme; tutto quel che resta da fare, a loro avviso, è agire in modo che sia Hamas a controllarlo. Ciò consentirà all’Iran di distruggere lo Stato di Israele con i razzi iraniani che i terroristi di Hamas spareranno sulle aree intorno a Giudea e Samaria, da Dimona e Beer Sheva nel Sud, lungo tutto la piana costiera e Gush Dan, con Afula e Beit Shean, nel Nord. Per quanto ne so, la questione del finanziamento del terrorismo non è all’ordine del giorno dei negoziati tra l’Iran e le potenze occidentali. Oggi, con la crescita del terrorismo in tutto il mondo - in Australia e in Francia solo di recente - l'Iran potrebbe decidere di finanziare i terroristi che operano in Occidente, sciiti e sunniti, soprattutto se questi terroristi sentono la mancanza dei fondi che il Qatar ha smesso di inviargli. L’Occidente può imparare dai Sauditi e dagli Emirati come si svolgono negoziati con un Paese terrorista. L'Occidente ha negoziato con l’Iran per diciassette lunghi anni senza riuscire a costringerlo a porre fine ai suoi piani nucleari. Ad Arabia Saudita e agli Emirati è bastato un anno di pressione, accompagnato da minacce credibili, per cambiare le politiche ostili del Qatar. Vorrei concludere col raccomandare a coloro che stanno portando avanti i negoziati con l’Iran, di scoprire cosa è realmente accaduto dietro le quinte delle trattative di egiziani, sauditi ed Emirati con il Qatar, per imparare finalmente come si gestiscono i negoziati in Medio Oriente. Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi |
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