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Ugo Volli
Cartoline
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L'Onu e il salame 24/12/2014
 L'Onu e il salame
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

La mappa dello 'Stato di Palestina' secondo Abu Mazen, dopo la distruzione di Israele

Cari amici,

la novità di questo periodo di vacanze, per quanto riguarda il Medio Oriente, è che finalmente in questi giorni l'Autorità Palestinese dovrebbe presentare al Consiglio di sicurezza dell'Onu la sua mozione per la “fine dell'occupazione”, che darebbe a Israele un anno di tempo per ritirarsi dietro la linea verde, facendo pulizia etnica di tutti i suoi cittadini e restaurando la divisione del paese e della città di Gerusalemme come nei tempi dell'occupazione giordana. E' una mozione molto annunciata, lo stesso Abbas l'ha anticipata a settembre come una bomba diplomatica, gli americani l'hanno avvertito che avrebbero posto il veto e gli hanno in tutti i modi sconsigliato di presentarla, gli europei, in particolare Francia e Inghilterra, che in questo momento sono ancora più filo-palestinisti di Obama hanno proposto una “mozione di compromesso” (raddoppiando il tempo per Israele e inserendo alcune clausole che Abbas si era “dimenticato” di inserire come la smilitarizzazione del nuovo stato), un tentativo che sarebbe stato probabilmente approvato e che avrebbe creato molti problemi a Israele e che l'Autorità Palestinese, sempre ansiosa di non perdere mai l'occasione di non perdere un'occasione, come diceva Golda Meir, ha decisamente respinto. Insomma, la presentazione della mozione è una scommessa che con tutta probabilità dovrebbe risultare perdente, neutralizzando così in parte, si spera, il vantaggio diplomatico accumulato dall'AP in questi mesi (http://www.timesofisrael.com/abbass-un-gambit-capricious-and-possibly-self-defeating/).
 

La domanda è perché, a parte l'incapacità storica della dirigenza palestinista di cogliere le grandi occasioni strategiche - quanto è invece abile a fare tattica giorno per giorno: perché Abbas ha insistito tanto contro i consigli dei suoi migliori alleati per presentare (anzi far presentare alla Giordania, che non voleva, dato che lui non essendo membro a pieno titolo dell'Onu, non può) questa mozione “self-defeating”, come dicono gli americani, che cioè si sconfigge da sé? Una prima risposta, da tener presente per tutto il ragionamento che segue, è che Abbas non ragiona affatto in termini di successo giuridico. Per lui le questioni internazionali sono soprattutto problemi di politica interna. E il problema è l'incessante propaganda che lui stesso e prima Arafat hanno autorizzato e consigliato: vi raccomando come esempio questo piccolo filmato recente, in cui si vede un bambino che alla televisione di Hamas dice per un minuto e mezzo che gli ebrei sono scimmie, le più schifose creature dell'universo, cose di un hitlerismo assoluto: https://www.youtube.com/watch?v=ehbXqaih2n0. Anche se lo volesse, Abbas non potrebbe accettare un compromesso. Perfino la sua mozione è contestata violentemente da un'ala importante del suo partito, da quel Barghouti che qualcuno si ostina a presentare come “il Mandela palestinese”, magari concedendogli la cittadinanza onoraria (e purtroppo da noi non c'è un giudice che reprima l'apologia di reato da parte dei sindaci di sinistra, come invece avviene in Francia: http://www.algemeiner.com/2014/12/22/french-judge-orders-communist-council-to-remove-plaque-honoring-palestinian-terrorist/).

Barghouti in sostanza non vuole solo tutto quello che vuole Abbas, ma esige anche che non vi sia alcuno scambio di terra rispetto alla linea verde, rendendo ancora più impossibile l'accordo, e inoltre vuole che la “liberazione dei prigionieri”, cioè la scarcerazione degli assassini come lui sia al primo posto fra le condizioni della mozione: quando si dice disinteresse... (http://fr.timesofisrael.com/barghouti-remet-en-cause-la-demande-palestinienne-a-lonu/). Per non paralare di Hamas, che ha chiarito bene di non voler riconoscere i termini della mozione e dell'accordo che ne dovrebbe seguire (http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4606977,00.html). In sostanza quella di Abbas è una mossa propagandistica, rivoltà più verso l'interno che verso la “comunità internazionale”. Riuscire sconfitto gli funziona meglio che vincere, anche perché nel suo partito risuona la voce di chi dice che dei “territori palestinesi occupati” fanno parte anche Jaffa (cioè Tel Aviv), Acco (San Giovanni d'Acri), Nazaret, Beer Sheva, insomma tutto Israele (http://palwatch.org/main.aspx?fi=408&fld_id=408&doc_id=13438#.VJmie61FnJM.facebook).

C'è infatti una domanda che va fatta a tutti quelli che dicono: con Abbas bisogna trattare, lui ha davvero rinunciato alla violenza e vuole fare la pace. A parte la rinuncia alla violenza, che sul terreno proprio non si vede, la domanda è: perché i palestinisti non hanno accettato nel '99 e nel 2000 e poi nel 2006 quel che offrivano loro Barak e poi Olmert, che non è così diverso da quel che oggi vorrebbe la mozione francese e in fondo neppure, sul piano territoriale, da quel che c'è scritto nella loro stessa mozione? E' una domanda capitale, su cui vale la pena di riflettere. Nel 2006 Olmert offriva il 98% della Giudea e Samaria (oltre a Gaza che era già stata sgomberata) e inoltre uno scambio per il 2% restante; nell'offerta era inclusa anche Gerusalemme. Perché Abbas non solo non accettò allora, ma non fece neppure una controproposta? Perché adesso fa una mozione che sa benissimo inaccettabile a qualunque governo israeliano, anche il più di sinistra che si possa immaginare? Perché? (http://blogs.timesofisrael.com/a-very-good-question/)

Il fatto è che contrariamente a quel che credono pacifisti e politici “progressisti”, il progetto storico chiaramente iscritto negli statuti dell'Olp, di Fatah come di Hamas non è la pace e neppure la costruzione di uno “Stato Palestinese”, che interessa solamente a chi potrebbe governarlo e rubarci sopra. Il progetto generale è la “liberazione” di tutta la “Palestina storica”, cioè di Israele. Quel che Abbas non può consentirsi di fare e non poteva farlo neppure Arafat, né lo voleva, è di arrivare a un punto finale della vertenza con Israele, di ammettere la convivenza pacifica con uno stato degli ebrei, che questo sia scritto in un accordo o sia solo un dato di fatto. Abbas vuole il riconoscimento internazionale dello Stato di Palestina, ma non come punto finale della vertenza come si illudono gli occidentali. Può forse accettare una sistemazione parziale, nonostante la spinta massimalista che è parte essenziale della visione del mondo palestinista. Ma solo se questa sistemazione non è statuita come “la pace”, cioè il punto finale, oltre al quale non ci sono altre vertenze e rivendicazioni. Perché per lui e per tutto il gruppo dirigente palestinista, può essere solo una tappa intermedia da cui rilanciare il progetto “del salame” (che si mangia una fetta dopo l'altra). Cioè come una vittoria parziale della guerra contro Israele, che è il vero senso, per nulla nascosto del resto, dell'azione delle organizzazioni palestiniste da quando furono fondate cinquant'anni fa.

Per questa ragione l'approvazione o il respingimento della mozione non sono questione di vittoria o di sconfitta, come non lo è la realizzazione o meno di uno “Stato di Palestina” sulla Giudea e Samaria, che tutti sanno essere solo una “pericolosa finzione” (http://www.israelnationalnews.com/Articles/Article.aspx/16172), anche se le cancellerie occidentali fingono di ignorarlo. Sono semplicemente posizioni tattiche, da giudicare per il danno che fanno a Israele e per il vantaggio al progetto di distruggerlo. Per questa ragione Abbas ha già pensato come usare la sconfitta che sperabilmente otterrà all'Onu: la userà per alimentare il vittimismo dei suoi, per minacciare di interrompere la collaborazione di sicurezza con Israele (che non può davvero abbandonare, perché sarebbe subito vittima lui stesso della “mafia vincente” di Hamas), per andare alla corte dell'Aja a cercare di far processare i capi israeliani (mossa rischiosa, perché il terrorismo è un crimine di guerra e può essere portato in tribunale: http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/188987). Insomma per rilanciare il progetto di “guerra di lunga durata” (Mao) contro Israele (http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Abbas-If-resolution-to-end-occupation-not-voted-we-will-stop-dealing-with-Israeli-government-385531).


Ugo Volli

http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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