Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 24/12/2014, a pag. 3, l'analisi dal titolo "Sisi spegne al Jazeera in Egitto e inaugura il disgelo con Doha".
Uno dei simboli della Fratellanza Musulmana
Hamad Bin Khalifa Al Thani, emiro del Qatar
Lunedì scorso la presentatrice del telegiornale di al Jazeera Mubasher Misr, l’emittente egiziana del colosso televisivo del Qatar, ha annunciato in diretta la fine temporanea delle trasmissioni “finché non si ricreeranno le circostanze per riprendere a lavorare in Egitto e previa autorizzazione delle autorità locali”. Al Jazeera era stata finora l’unico canale a coprire le manifestazioni di protesta dei Fratelli musulmani contro il governo filomilitare di Abdel Fattah al Sisi e a difendere l’immagine della leadership della Fratellanza egiziana. A partire dal colpo di stato del luglio 2013, l’asse composto dal governo militare di Sisi, dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti ha spinto affinché il Qatar interrompesse il proprio sostegno all’opposizione del presidente egiziano.
La decisione di sospendere le trasmissioni è stata raggiunta un paio di settimane fa, in occasione della riunione a Doha dei paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo. L’intesa raggiunta tra l’emiro del Qatar, Sheikh Tamim, e il sovrano saudita, Abdullah bin Abd al Aziz, è semplice: fine del sostegno di Doha ai Fratelli musulmani, già dichiarati fuorilegge, in cambio di una normalizzazione delle relazioni con il Cairo e, ancora più importante, con le altre monarchie del Golfo. Sabato scorso, Tamim si è presentato nella capitale egiziana e dopo un incontro con Sisi ha suggellato l’accordo. La sospensione delle trasmissioni di al Jazeera in Egitto è una vittoria diplomatica dell’Arabia Saudita e inaugura una distensione tra il Qatar, isolato in medio oriente per il suo sostegno all’estremismo islamico, e le monarchie sunnite del Golfo che rafforzano così la propria cerchia di alleati laici (e spesso repressivi) nella regione. Durante il summit di Doha non è stato però raggiunto alcun accordo sul sostegno del Qatar ai combattenti islamisti di Jabhat al Nusra in Siria e di Hamas a Gaza. L’impressione è che le monarchie del Golfo stiano testando in Egitto la reale volontà di Doha a trattare, con l’obiettivo di risolvere in un secondo momento anche le questioni di al Nusra e Hamas. “Serve la giusta combinazione tra parole e azioni: i fatti concreti sono molto importanti”, ha detto il portavoce del ministro degli Esteri egiziano, Badr Abdelatty, commentando la chiusura di al Jazeera in Egitto.
Non è la prima volta che il canale qatariota viene oscurato nel paese e restano dubbi sulle reali intenzioni di Doha. Poche settimane fa, il Cairo ha chiesto all’Interpol di arrestare un predicatore egiziano molto influente di nome Yusuf al Qaradawi. Costui, in diretta su al Jazeera Mubasher, aveva definito Sisi “un macellaio” e la deposizione del governo islamista di Mohammed Morsi “un colpo di stato”. Sabato scorso, mentre l’inviato dell’emiro del Qatar incontrava il presidente Sisi, il capo dell’intelligence egiziana, generale Farid al Tohami, era stato rimosso dall’incarico, ufficialmente per “motivi di salute”. Sembra però che Tohami, fino ad allora fermo oppositore della Fratellanza, sia stato avvicinato dal Qatar per cambiare atteggiamento verso l’opposizione degli islamisti. A rendere ancora più incerta la durevole chiusura dell’emittente è stato un tweet con cui, due giorni fa, una giornalista di al Jazeera, Nadia el Magd, ha comunicato che un nuovo canale di Mubasher “sarà lanciato presto”.
Secondo Diaa Rashwan, ricercatrice dell’istituto al Ahram per gli studi politici e strategici, la decisione di chiudere al Jazeera “è un segnale forte che conduce l’Egitto verso il regime”. Rashwan ha anche detto al New York Times che presto i tre giornalisti di al Jazeera arrestati nel dicembre 2013 con l’accusa di destabilizzare il paese e di cospirare con i Fratelli musulmani potrebbero essere liberati.
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