Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 24/12/2014, a pag. 15, con il titolo "In Iraq un Natale senza cristiani", cronaca e commento di Francesca Paci.
Francesca Paci Papa Francesco
Per Babbo Natale sarà facile quest'anno... l'unico posto del Medio Oriente... dove ci sono ancora cristiani a cui portare doni è... lo Stato ebraico
«Ci saranno ancora dei cristiani in Medioriente nel terzo millennio?» si chiedeva nel 1994 il diplomatico francese Jean-Pierre Valognes in «Vie et mort de chrétiens d’Orient». Una voce controcorrente all’epoca, quando il crollo del muro di Berlino e gli accordi di Oslo disegnavano orizzonti di pace, ma dall’eco profetica ora che la minaccia del Califfato accelera un esodo fattosi significativo negli ultimi 15 anni. Le chiese sono sempre più vuote in Libano, in Giordania, nei Territori Palestinesi ma soprattutto in Siria e in Iraq dove le squadracce dello Stato Islamico stando spegnendo le residuali fiammelle del Natale. Nel 2013 il parroco di San Giorgio dei Caldei a Baghdad recitava la messa dell’Avvento per circa 400 cattolici: adesso padre Miyassir al Makhlasse ne ha di fronte al massimo una sessantina e, dice, «il futuro è un deserto». Avanzando dal Nord del Paese a colpi di crocifissioni e sgozzamenti d’infedeli, gli uomini di Al Baghdadi mettono in fuga le estreme sentinelle della cristianità. Nel 2003 l’antichissima comunità irachena contava un milione di persone, oggi ne restano 400 mila ma sono spariti del tutto nella Piana di Ninive e a Mosul dove la sharia lascia loro poche chance: convertirsi, pagare una tassa per essere «protetti» o scappare.
L’appello di Francesco
Nella lettera ai cristiani del Medioriente pubblicata ieri, il Papa lancia l’allarme per «i cristiani cacciati via in maniera brutale dalle loro terre dai terroristi». Serve - è l’appello del Papa – «una presa di posizione chiara e coraggiosa da parte di tutti i responsabili religiosi per condannare in modo unanime tali crimini». E dialogare con l’islam, «religione di pace è - conclude il Santo Padre - l’antidoto migliore alla tentazione del fondamentalismo».
L’Iraq e la Siria sono la trincea ma la battaglia per la sopravvivenza è in corso anche nel resto della regione dove, stima la Catholic Near East Welfare Association, già nel 2007 di una presenza plurisecolare rimaneva il 2% in Israele e l’1,5% nei Territori Palestinesi, il 4% in Giordania, il 20-25% in Libano che un tempo ne contava almeno il doppio. «Il declino è iniziato nel 1400, quando la percentuale regionale scese al 10%, ma poi, per secoli, i cristiani sono riusciti a proteggersi nelle loro enclave» nota l’islamologo egiziano padre Samir Khalil Samir. Siamo all’epilogo? Alcuni come Aysad Saaed, ex parroco di quella Nostra Signora della Salvezza di Baghdad teatro della strage del 31 ottobre 2010, ripetono l’urgenza di resistere per bloccare l’emorragia. Un altro come il connazionale 22enne Ayad Imad racconta che questo sarà il suo ultimo Natale in Iraq: i genitori hanno già venduto la casa e l’auto e poi partiranno per iscriversi all’agenzia Onu per i rifugiati in Turchia.
Dall’Egitto alla Nigeria
Régis Debray, l’intellettuale francese che combatté con Che Guevara, ha scritto che «i cristiani del Medioriente sono l’angolo cieco della nostra visuale del mondo» troppo cristiani per i terzomondisti e troppo orientali per gli occidentalisti. Ma anche in altre parti del mondo i cristiani sono e si sentono nel mirino: i copti egiziani, terrorizzati dagli attacchi alle chiese e dalla minaccia salafita, si sono schierati con il nuovo corso autoritario del presidente Sisi. E in Nigeria l’imperversare di Boko Haram, sta trasformando il tradizionale contenzioso economico tra il Nord rurale e musulmano e il Sud commerciale e cristiano in una guerra settaria. Il rapporto annuale di Porte Aperte/Open Doors International che sarà presentato a gennaio 2015 ricorda che ci sono anche altri angoli di persecuzione come la Colombia, il Nord del Messico, lo Xinjiang, il Kachin in Birmania.
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