Vorrei offrire un punto di vista su quanto sta avvenendo nei rapporti internazionali e sul futuro di Israele, pur consapevole che partiamo da presupposti ideologici differenti. Premetto per onestà intellettuale che sono un antisionista, e non ritengo che questo sia assimilabile con l'antisemitismo. Sionismo ed ebraismo sono concetti differenti. L'ebraismo è una religione che ha 4 mila anni, e anche un popolo altrettanto antico, il sionismo è un'ideologia politica che ha appena due secoli e che non riguarda tutti gli ebrei, in quanto molti non lo sono, mentre ci sono molti sionisti che non sono ebrei. Fatto questo distinguo vi espongo il punto di vista di quanti (ormai la maggioranza) voi considerate a torto antisemiti. L'isolamento di Israele (rispetto all'occidente, non entro nel merito dell'odio dei paesi in via di sviluppo) e il rifiuto del sionismo dipende, a mio parere, dai seguenti elementi: punto primo per gli occidentali l'autodeterminazione dei popoli è un concetto irrinunciabile. Questa autodeterminazione prescinde dall'esistenza storica di uno stato (qualcuno ha mai avuto notizie dello stato del kossovo?) dallo sviluppo di infrastrutture (quando molti paesi ex colonie hanno ottenuto l'indipendenza erano a livello inesistente) o dalla democraticità dei popoli che vogliono autodeterminarsi. Questo diritto all'autodeterminazione si concretizza semplicemente nella presenza, in una data area geografica, di una maggioranza che chiede la propria indipendenza. In base a quanto detto è inevitabile che per l'occidente la Cisgiordania appartenga alla maggioranza araba che la abita, a prescindere da chi vi risiedeva 2000 anni fa, dai legami storici, dalle infrastrutture o dalla democraticità delle istituzioni palestinesi. Tale diritto può essere momentaneamente messo tra parentesi per ragioni eccezionali, ma la parentesi non può durare 60 anni e, soprattutto, non può essere utilizzata per modificarne la struttura demografica, cosa che da sempre è l'obbiettivo del sionismo. Dunque in assenza dell'accettazione da parte del sionismo del diritto dei palestinesi di determinare il destino dei territori in cui sono maggioranza lo scontro tra Israele e occidente è destinato a aumentare fino all'imposizione ad Israele degli obblighi internazionali. Un altro elemento di contrasto è quello in base al quale lo stato palestinese può nascere solo con trattative dirette, dunque con l'avvallo degli israeliani, ma questo significa applicare due pesi e due misure: infatti Israele non è nato da trattative dirette con l'avvallo degli arabi (avreste aspettato per sempre) ma con un atto unilaterale riconosciuto dalla comunità internazionale nonostante non ci fossero confini riconosciuti (tutt'ora non ci sono) non ci fosse l'accordo con la controparte e non ci fosse neppure una maggioranza ebraica, venuta dopo a seguito della fuga di molti palestinesi. Dunque perché mai Israele può nascere unilateralmente e la Palestina no? Un altro elemento di disaccordo è quello in base al quale la condizione palestinese sia assimilabile a quella di vari popoli (i curdi, i tibetani o gli irlandesi) ma dimenticate che, pur non avendo l'indipendenza, tali popoli sono cittadini a pieno titolo degli stati (democratici o dittatoriali) in cui vivono, mentre i palestinesi di Cisgiordania e Gaza non solo non hanno un loro stato ma nemmeno la cittadinanza israeliana. Ignorare tali obbiezioni e accusare di antisemitismo e nazismo quanti invece le presentano, considerando che sono la conseguenza di principi fondamentali del modello occidentale significa portare gradualmente Israele al destino del Sudafrica, ossia l'isolamento totale e l'imposizione di una soluzione. Sarebbe più opportuno che tale soluzione nasca da un negoziato, che però parta dal presupposto del diritto inalienabile di un popolo di governare le terre in cui è maggioranza, e non consideri questo diritto un regalo da concedere, forse e in parte, a seguito di decenni di trattative. Non è nuovo quanto vi dico, ma vi invito a rifletterci senza pregiudizi.
Lettera firmata
Rispondiamo con piacere a questa lettera:
1) L'antisionismo oggi quasi sempre cela dietro di sé l'antisemitismo. Perché non esiste nessuna altra ideologia al mondo che critica il diritto stesso all'esistenza di uno Stato. Nessuno, in altre parole, ritiene che l'Argentina, la Finlandia o la Corea del Nord - per esempio - non abbiano diritto a esistere, ma tuttalpiù ne critica il governo. Invece per Israele è diverso: l'antisionismo non si scaglia contro una o più scelte del suo governo, ma mette in discussione il diritto all'esistenza. Cosa ha Israele di tanto speciale, se non il fatto di essere l'unico piccolo Stato ebraico del mondo?
2) Israele è nata proprio nell'ambito della decolonizzazione e dell'autodeterminazione dei popoli, negli stessi anni in cui sono sorti decine di Stati in Asia e Africa. Israele è uno dei frutti della decolonizzazione, non certo un progetto neocoloniale.
3) La risoluzione ONU del novembre 1947 divideva la regione in due parti, destinare a costituirsi in stati: uno arabo e uno ebraico. Gli arabi non hanno accettato la divisione, e poche ore dopo la proclamazione dello Stato di Israele, il 14.05.1948, hanno attaccato il neonato Stato ebraico. In quella e in molte altre guerre Israele si è sempre difesa, mai ha perseguito un piano di espansione a danno degli arabi palestinesi.
4) L'argomento su cui fonda la sua argomentazione è quello della maggioranza, secondo cui è sempre giusto seguire quello che essa propone. Ma è un argomento falso, perché non basta l'appoggio della maggioranza della popolazione a rendere giusta una proposta politica. Altrimenti, lei giustifica anche il nazismo.
IC redazione