Corea del Nord e Iran preparano i propri missimi nucleari, Obama è impegnato a edificare castelli di sabbia
Cari amici,
sento l'esigenza di sottrarre voi e me un giorno alla morsa della cronaca sulle gesta dell'antisemitismo (il bambino di quattro anni ferito nell'assalto a sassate contro la macchina di “coloni” su cui viaggiava, il “pazzo” che ha ripetuto a Digione, Francia, l'impresa terroristica tipica degli islamisti gerosolomitani di investire con l'automobile passanti ignoti, ferendo undici persone, naturalmente “per vendicare i bambini palestinesi”; la sfilza delle dichiarazioni di politici italiani molto “democratici” a favore del riconoscimento dello stato di Neverland, dove regna Capitan Uncino, detto anche Palestina...).
Vi invito a riflettere allora su due episodi in cui Israele e gli ebrei non c'entrano, per capire un po' in che mondo viviamo. Il primo è il più recente, la storia del film della Sony, che è stata elettronicamente invasa da hacker (cioè banditi telematici) della Corea del Nord, minacciata, ricattata a proposito di un film in uscita che dipingeva in luce ovviamente negativa il dittatore di quel paese, e ha scelto di rinunciare a far uscire la pellicola, con perdite di decine, se non centinaia di milioni. Il solito patetico Obama gli ha fatto la lezione, dicendo che non dovevano farlo e che dovevano sentire prima lui, il che significa fra l'altro che non l'hanno fatto, dimostrando ancora una volta che nessuno più pensa alla sua amministrazione come garanzia di sicurezza neanche dentro gli Stati Uniti. Non c'è dubbio che, se si fosse presentato lui al funerale dei due agenti di New York uccisi da un terrorista, la polizia di New York avrebbe riservato a lui lo stesso atteggiamento che ha avuto col suo collega di estrema sinistra De Blasio, sindaco della città, voltandogli le spalle quando è arrivato a commemorare i due membri di un corpo contro cui fino al giorno prima aveva espresso distanza e critica se non disprezzo. Fatto sta che la Sony si è arresa (
http://www.aish.com/ci/s/Sonys-Capitulation.html) e ha ritirato il film.
Un gesto di viltà da parte dell'azienda? Probabilmente, tutto il contrario di quel che era successo trent'anni fa in Gran Bretagna con Rushdie (ma allora era al potere la Thatcher, l'ultima grande della politica europea). Fatto sta che la difesa della sicurezza non è compito delle imprese né dei singoli cittadini, ma dello stato - è la ragione per cui nasce, come ha spiegato Hobbes: se lo stato non difende la sicurezza a che serve? A ingrassare la burocrazia? Obama ha replicato che forse (badate al forse) avrebbe potuto reinserire la Corea del Nord nella lista dei paesi terroristi. Sai che paura per il dittatore sanguinoso che regge il paese. Semmai un'altra dimostrazione del modo in cui la sinistra manipola le liste del terrorismo, come la sentenza della Corte Europea su Hamas. Conclusione: un qualunque staterello asiatico può minacciare a casa loro gli Stati Uniti: perché c'è un presidente inetto e un 'amministrazione di estrema sinistra, naturalmente. Ma anche perché la Corea del Nord ha l'atomica. Immaginate se l'avesse l'Iran, che è ben più ricco, popolato, e strategicamente collocato. E però l'amministrazione Obama ha fatto in questi anni il possibile e l'impossibile per togliere le sanzioni al regime iraniano, concedendogli tempo e risorse per avvicinarsi all'atomica. Già, dirà qualcuno, ma in cambio di un accordo per la limitazione della sperimentazione nucleare. A parte che l'accordo non si è visto e che le proposte americane - sdegnosamente rifiutate dall'Iran - gli lasciavano largo spazio di accumulo del materiale nucleare, anche con la Corea del Nord ci sono stati degli accordi, che hanno retto finché al regime comunista facevano comodo. E ancora oggi Obama non è sicuro se rinunciare al prezioso accordo, di cui i coreani non tengono alcun conto. Quel che gli interessa è di far la pace coi nemici dell'America e dell'Occidente, chiedendo loro scusa, come ha fatto pochi giorni fa con Cuba. Poi proseguano pure a fare i loro danni all'interno e all'estero, al Presidente degli Stati Uniti difendere la libertà non piace, ha più simpatia per l'islamismo e il comunismo.
Israele e Tibet: due Paesi che devono lottare contro altrettanti giganti antidemocratici: l'intero mondo musulmano e la Cina
Il secondo episodio è di un paio di settimane fa, più delicato e ancora più amaro. Consiste in questo. Per ricordare la morte di Nelson Mandela, un gruppo di premi Nobel per la pace aveva organizzato una riunione solenne in Sudafrica. Ma dato che del gruppo doveva far parte il Dalai Lama, il governo sudafricano, erede a modo suo del coraggio di Mandela, gli rifiutò il visto per non dispiacere alla Cina. Naturalmente si tratta di un paese che condanna duramente “l'occupazione israeliana” di Giudea e Samaria (buffa l'idea di occupare la propria patria...), ma di quella della Cina in Tibet non gli importa. I Nobel allora decisero di rinunciare al Sudafrica e scelsero Roma. Questa volta il visto per il Dalai Lama, che ha visitato più volte l'Italia, sembra esserci, ma il leader buddhista ha fatto una mossa in più, ha chiesto udienza al Papa. Non è Francesco un sant'uomo che promuove la libertà religiosa, un rinnovatore, un papa coraggioso che sfida le convenzioni per le sue idee?
Be' il Papa non solo gli ha detto di no, ma lo ha fatto sapere pubblicamente, spiegando che voleva avere buoni rapporti con la Cina: ragionamento molto sudafricano, in questo momento, ma perfettamente degno di una certa tradizione vaticana di - diciamo - non provocare i potenti, per esempio della “saggia politica” di Pio XII. Ma non voglio discutere qui di questo aspetto, ci sono anche le eccezioni, i papi che hanno saputo sfidare almeno alcuni poteri mondiali, come Woytila con l'Urss. Magari Francesco ha fatto benissimo, non mi interessa; certamente ha tutelato gli interessi particolari della Chiesa e non la giustizia; certi giornalisti l'hanno anche lodato per questo “realismo”.
La conclusione che voglio trarre da questa storia è che il coraggio e l'idealismo nella politica contemporanea non hanno proprio corso. E che quindi la difesa delle minoranze fatta in maniera politically correct, senza violenza, come predica il Dalai Lama, non viene per questo sostenuta dalla comunità internazionale e neppure dai leader spirituali “della pace” come viene ritratto il Papa. Chi si illude che vi sia spazio per la buona volontà nella politica internazionale, può trarre da questa storia una seria lezione. Il mondo non perdona quelli che Machiavelli chiamava “profeti disarmati”; “fare i bravi” non è affatto una garanzia di riconoscimento e di protezione internazionale. Non è vero, nonostante quel che si proclama, che vi sia una regola etica nella politica internazionale contemporanea. Chi dice di regolare moralmente le sue scelte, come fa l'Europa, usa semplicemente uno schermo di ipocrisia. Anche questa, se ce ne fosse bisogno, è una lezione sul Medio Oriente. Non è vero che il modo di uscire dai conflitti vedendo riconosciuti i propri diritti sia il pacifismo. Un piccolo popolo, come quello tibetano e come quello ebraico, attaccato da un grande nemico (la Cina, il mondo musulmano) può solo cercare di difendersi al meglio. Trovare ragionevoli e ben garantire soluzioni di compromesso, sì; cedere illudendosi di vedersi riconosciuto in cambio anche solo il diritto di dire le proprie ragioni, è follia.
Ugo Volli