IC 7 - Il commento di Valentina Colombo
Dal 14 al 20 dicembre 2014
Hamas: colpisce Israele facendosi scudo con i civili, eppure per qualcuno non è un'organizzazione terroristica
Il 15 novembre scorso gli Emirati Arabi Uniti hanno pubblicato un elenco di 83 organizzazioni terroristiche: da Al Qaeda all’ISIS, dai Boko Haram in Nigeria agli Huthi nello Yemen, dai Fratelli musulmani in generale alle rappresentanze locali della Fratellanza quali la Federazione delle Organizzazioni Islamiche in Europa, all’Unione delle Organizzazioni Islamiche di Francia al CAIR negli Stati Uniti. Un elenco confuso in cui evidenziano interessi nazionali, regionali e internazionali volti a colpire in prima istanza la rete internazionale dei Fratelli musulmani.
Nessuna menzione a Hamas, che potrebbe essere compresa nella voce Fratelli musulmani, ma al contempo inclusione di Islamic Relief Worlwide e Islamic Relief UK, grandi sostenitori di Hamas. Le reazioni non si sono fatte attendere: richieste di smentite, minacce di querele e ricorsi, e accuse incrociate di terrorismo. Nel dicembre 2013 l’Egitto aveva già provveduto a inserire i Fratelli musulmani tra le organizzazioni terroristiche e di tutta risposta i Fratelli musulmani hanno accusato e continuano ad accusare Al Sisi di terrorismo. Nel marzo 2014 è stata la volta dell’Arabia Saudita che, dopo avere fornito le basi ideologiche ad Al Qaeda e avere ospitato e finanziato per anni la Fratellanza, mette al bando il movimento fondato da Hasan al-Banna e inizia ad arrestare liberi pensatori (Raif Badawi), avvocati per diritti umani (Walid Abu al-Kheir) e attivisti di ogni genere in base alla stessa legge anti-terrorismo. Dal canto suo il Gran Mufti d’Egitto Shawki Allam pubblica il saggio “The ideological battlefield” per chiarire che l’ISIS non è l’islam e che il terrorismo non ha religione, ma al contempo ribadisce la teoria del jihad che è alla base della distinzione, tanto cara ai Fratelli musulmani, tra terrorismo e resistenza. Ai primi di dicembre l’Interpol, su richiesta dell’Egitto, inserisce nella lista dei Red Alert Yusuf Qaradawi, che tra l’altro è il presidente del Consiglio Europeo per la Fatwa e la Ricerca con sede a Dublino, e altri rappresentanti dei Fratelli musulmani.
Nel frattempo lo scorso 17 dicembre si assiste a un’azione in senso opposto: la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha annullato l’iscrizione di Hamas nella lista delle organizzazioni terroristiche “per motivi procedurali“, anche se ne mantiene temporaneamente in vigore gli effetti per garantire il congelamento dei beni. D’altronde, come spesso dichiarano i membri della Fratellanza, Hamas agisce solo in un’area ben specifica nella quale resiste all’occupazione. E’ come se la parola terrorismo avesse perso un significato assoluto a favore di un relativismo che fa considerare terrorista solo chi attenta all’ordine pubblico in una certa area o in un dato paese, mentre la stessa persona o la stessa organizzazione se agisce a distanza di sicurezza può anche dirsi “moderata”.
Purtroppo siffatto relativismo fa solo il gioco del terrorismo e dei terroristi, purtroppo vedere il terrorismo solo nell’ISIS e in Al Qaeda fa perdere conto del fatto che l’ideologia della resistenza è altrettanto pericolosa poiché, in un’epoca in cui tutto è relativo, il passo che separa resistenza da terrorismo è davvero breve. Il motto dei Fratelli musulmani è il versetto coranico: “E preparate contro di loro forze e cavalli quanto potete, per terrorizzare il nemico di Dio e vostro, e altri ancora, che voi non conoscete ma Dio conosce, e qualsiasi cosa avrete speso sulla via di Dio vi sarà ripagata e non vi sarà fatto torto” (Corano VIII, 60). Resta solo da specificare di volta in volta chi sia il “nemico”. Al Sisi? Israele? Gli Emirati Arabi Uniti? Oppure l’Europa? Ancora una volta, tutto è relativo.
Valentina Colombo