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Ugo Volli
Cartoline
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Chi alimenta il conto alla rovescia 21/12/2014

Chi alimenta il conto alla rovescia
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari amici,

c'è un orologio che ticchetta dalle parti di Israele. No, non è questo (http://israelhasbeenrocketfreefor.com/ ) o almeno non solo questo, che vi dice da quanto tempo il territorio israeliano non viene colpito da un razzo.
Dategli un'occhiata, tenetolo sul computer, è istruttivo.
Per esempio mentre scrivo, in un periodo che sembra pacifico, si tratta di un giorno e qualche ora. No, l'orologio cui mi riferisco è un po' più vasto e generale, se mi passate la metafora, va all'indietro e misura il conto alla rovescia per la prossima guerra di Gaza.
Nessuno naturalmente ne conosce il computo esatto, salvo forse i capi di Hamas che fanno la programmazione a lungo termine del movimento, ma potete stare sicuri di una cosa: il conto alla rovescia c'è, fra un mese, una stagione, un anno o massimo due, Hamas ricomincerà ad attaccare e Israele sarà costretto a restituire il colpo con un'altra operazione di difesa e dissuasione.

Gli elementi per dirlo sono tanti, i razzi che ricominciano a piovere sul territorio israeliano, per ora ancora isolati come le gocce di pioggia che iniziano un temporale (http://www.timesofisrael.com/rocket-alert-sounds-in-ehskol-region/ ), poi chissà. Il fatto che nell'indifferenza generale, anzi sotto la supervisione ufficiale di chissà quali agenzie internazionali, Hamas ha ricominciato a costruire o restaurare i suoi tunnel d'assalto, usando il materiale edilizio che è stato introdotto a Gaza con il patto esplicito di servire per la ricostruzione e non per nuove istallazioni militari (http://www.jpost.com/Breaking-News/Report-Material-for-Gaza-reconstruction-diverted-to-Hamas-for-tunnel-reparations-385178 ).

E poi i nuovi test di missili sparati spesso verso il mare nelle scorse settimane da Gaza (http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4603003,00.html) , la grande parata militare di Hamas a Gaza dei giorni scorsi (http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4603331,00.html ), le manovre militari sempre di Hamas, le più imponenti dalla fine della guerra (http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Hamas-holds-biggest-military-exercise-in-Gaza-since-end-of-Operation-Protective-Edge-385060 ) che sono venute subito dopo, il sostegno e l'incoraggiamento per gli atti di terrorismo sul territorio israeliano, come la strage alla sinagoga del mese scorso.

Insomma, davvero i segnali di una nuova offensiva si infittiscono con una frequenza crescente (http://www.gatestoneinstitute.org/4963/next-gaza-conflict ), l'accordo con l'Iran riannodato dopo i dissensi sulla Siria. E dire che sul piano regionale vi sarebbero finalmente le condizioni per arrivare a una sistemazione. L'atteggiamento dei paesi arabi, finalmente meno ideologico nei confronti di Israele (http://jcpa.org/arab-world-turns-backs-palestinians/ ); lo scatenarsi di problemi regionali che non hanno nulla a che vedere con Israele, in particolare l'antico conflitto fra sciiti e sunniti che è riesploso in Iraq, in Siria, in Yemen e altrove; il pericolo iraniano percepito da tutti; la sconfitta della Fratellanza Musulmana e del suo tentativo di spostare in senso militante islamista la politica dei paesi arabi: tutte queste sarebbero condizioni per dare una svolta realista al movimento palestinista, per far accettare agli arabi che vivono in Giudea, Samaria e Gaza l'esistenza e il diritto di uno stato ebraico, che è la premessa evidente per qualunque convivenza pacifica.

E invece questo non avviene. Benché divisi su tutto, sia Abbas che Hamas continuano il loro tentativo cieco, ostinato, coattivo di provare in qualunque modo a fare del male a Israele: Abbas con una guerriglia diplomatica che qualcuno chiama “intifada dell'Onu” (http://foreignpolicy.com/2014/12/18/the-security-council-intifada-palestine-united-nations/ ), un'altra sconfitta annunciata, come dice una fonte sempre ostile ad Israele come l'Economist (http://www.economist.com/news/middle-east-and-africa/21636779-how-far-will-mahmoud-abbas-push-resolution-end-israeli-occupation-another) Hamas con le armi.

La ragione di questa insistenza non è solo la coazione a ripetere di movimenti che sono nati terroristi e non possono cambiare natura; non è solo l'interesse di un apparato che dal terrorismo ricava benefici materiali e giustificazione sociale e neppure la terribile forza di inerzia di una propaganda della violenza ripetuta ogni giorno su tutti i canali, dalle scuole elementari alla televisione ai giornali ai discorsi pubblici alle cerimonie per decenni. Vi è soprattutto l'atteggiamento dell'Europa che ha deciso di far intervenire tutto il suo peso per pareggiare la bilancia di potenza fra Israele e i palestinisti.
Lo dicono molto chiaramente: dato che Israele è il più forte e i movimenti palestinisti sono più deboli, l'Europa deve schierarsi con loro a prescindere dal merito delle questioni, per principio. Lo riconoscono anche i commentatori arabi: “Non c'è dubbio che il crescente entusiasmo crescente europeo sul dossier palestinese, che si manifesta nei riconoscimenti simbolici dei parlamenti europei di uno Stato palestinese è una forza trainante per convincere i palestinesi a cercare una risoluzione dell'ONU.” (Raed Omari , commentatore giordano sul sito della televisione panaraba Al Arabjia: http://english.alarabiya.net/en/views/2014/12/18/Palestine-s-bid-at-the-U-N-Better-off-postponed.html ).

Mettere le parti in equilibrio è però sempre, in qualunque guerra, in qualunque controversia, la ricetta sicura per la prosecuzione di qualunque conflitto. Nessuno può prevalere, nessuno è così debole da arrendersi o cambiare programma politico, lo stallo è inevitabile. Questo è quello che sta facendo l'Europa, magari con la speranza di riuscire a rendere prima o poi Israele abbastanza debole da doversi arrendere e sparire. Insomma, la responsabilità del conflitto è in questo momento dell'Europa, dei parlamenti e dei governi progressisti che stanno facendo di tutto per evitare che la situazione si normalizzi e il conflitto finisca. La responsabilità dell'orologio che ticchetta segnando il conto alla rovescia di una nuova guerra è certamente dei capi di Hamas, terroristi nella speranza di diventare genocidi. Ma dietro di loro una responsabilità pari è dell'Europa, che fa il possibile per non far terminare il conflitto.

Decidete voi se credere che lo faccia per semplice inabilità politica, mediocrità di pensiero, stolido atteggiamento burocratico nei confronti del mondo. O perché nel profondo del suo cuore, inconfessabile anche a se stessa, alberga la nostalgia della soluzione finale della questione ebraica, lasciata incompiuta dal nazismo e ora affidata ai coltelli e ai razzi dei volonterosi carnefici palestinisti

Ugo Volli


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