Riprendiamo da SHALOM, dicemvre 2014, a pag.12, con il titolo "Quella bizzarra e assurda alleanza tra Usa e Iran in funzione anti Isis", l'analisi di Fiamma Nirenstein.
Fiamma Nirenstein
Ora più che mai la battaglia per un Iran denuclearizzato è aperta, ma non si scorge nessuno che la combatta davvero, fuorché Israele. C’è una grande confusione sul tema dell’Iran, mentre in realtà lo svolgimento delle trattative è stato molto chiaro, l’idea che si è diffusa sulla disponibilità effettiva dell’Iran non è mai stata confermata altro che da una messe insensata di contatti diplomatici, di parole senza costrutto. Il fatto è che la speranza odierna ha un carattere esclusivamente ideologico: è stata la disperata determinazione di Obama, per altro adesso fallita, ad ottenere insieme ai 5+1 (USA con Inghilterra, Francia, Russia, Cina e Germania) un accordo con il Paese degli Ayatollah a creare un’ansiosa, sorridente aspettativa verso il sopracciglioso leader supremo Khamenei e il suo fragile presidente Hassan Rouhani. Cina e Russia hanno i loro business con l’Iran, che li spinge a un’attitudine più che positiva. L’Europa ha seguito a ruota, esaltata dal comportamento di Obama: basta guardare le foto della baronessa Ashton a supplicante colloquio con Mohammed Jaraf Zarif per capire in che stato d’animo l’Europa ha condotto i colloqui di Vienna. La baronessa, nonostante abbia concluso il suo mandato come ministro degli Esteri europeo, è tuttora la responsabile per il dialogo con l’Iran; e poiché in realtà la sua delega era ai sorrisi incantati degli iraniani (prego, consultate il materiale fotografico per verificare) la sua permanenza in un ruolo tanto delicato dimostra come il mondo abbia preso un atteggiamento sottomesso e melenso, come si sia incomprensibilmente messo in ginocchio di fronte a una nazione pericolosa, estremista islamica, antisemita, in difficoltà sociali e politiche, con una regime fra i più oppressivi del mondo, che opprime le donne fino all’assassinio, e condanna a morte la libertà sessuale e di opinione (le esecuzioni dei terroristi, delle adultere, dei dissidenti sono consuete), sponsor riconosciuto del terrorismo. Adesso poi Obama, che di fronte alle decapitazioni dell’Isis si domanda come restare fedele alla sua fama di pacifista mentre deve condurre una guerra di salvezza, ha promosso l’Iran ad alleato combattente contro la sponda sunnita del mondo islamico, anzi, a leader nella guerra contro l’Isis. Ma il ruolo dell’Iran è quello di un Paese leader della sharia contro il mondo della sunna, non di un combattente contro il terrorismo: lo si vede in Libano, in Iraq, in Yemen... essere presenti e armati in quei Paesi e nel Golfo assume per l’Iran, e lo sanno bene l’Egitto e l’Arabia Saudita, un significato ben diverso da quello di combattere dell’Isis. L’Iran ha un disegno egemonico sul Medio Oriente che manovra molto bene, tanto da aver rafforzato e rimodellato sulle sue necessità il dittatore Assad, che era quasi morto. Prima nemico numero uno del mondo intero, tanto che Obama stava per attaccarlo militarmente dopo che egli aveva sorpassato la famosa “linea rossa” utilizzando il gas nervino contro i suoi stessi cittadini, poi la marcia indietro compiuta per richiesta di Putin con l’evidente fatale pressione dell’Iran, ha restituito Assad agli onori del mondo. Una nebbia confusa ha avvolto i suoi 240mila morti, mentre l’Iran, che per altro in Iraq si era già piazzato con le Guardie della Rivoluzione per combattere la sua battaglia shiita, si è ritrovato alleato degli USA nel combattere la guerra contro l’Isis. Una bizzarra, incauta scelta che rafforza Assad e gli Hezbollah (gruppo terrorista universalmente definito tale) e Hamas, che l’Iran fornisce di munizioni e denaro, mentre in Yemen ormai la forza iraniana sta prendendo il potere. Quando Khamenei ha accettato la preghiera dei 5+1 di ritrovarsi dopo il fallimento dei colloqui, e continuare la trattativa per altri 7 mesi non ha potuto fare a meno di bestemmiare di nuovo Israele condannandolo come sempre a morte, cosa che ripete contando su un’effettiva indifferenza dell’Occidente. Il fatto è che questo suo corollario è una parte essenziale dell’ideologia dello Stato Islamico, che vede in Israele l’avanguardia della civiltà occidentale che odia. Il giorno che dovesse raggiungere la bomba atomica non ci sarà pace per nessuno, il ricatto varrà per tutti quanti, la dominazione degli ayatollah diventerà il peggiore incubo che il mondo possa figurarsi. La storia non è finita, l’islamismo ha molte facce e non solo quella dell’Isis. E, a differenza dell’Isis, l’Iran è un’antica civiltà che ha conosciuto nei secoli un immenso potere e ha deciso di recuperarlo puntando sulla bomba atomica, e la menzogna è una via del tutto consentita dai sacri testi quando la si usa per il bene. E’ strano che nessuno si ricordi come nel 2003 gli ayatollah siano riusciti a far credere al mondo di aver smesso di arricchire l’uranio, strano che non ci si ricordi come la determinazione a farlo sul proprio territorio sia stato perseguito anche con centrali segrete, Natanz e Qom, nascoste alle ispezioni dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, che è rimasta burlata. Mille episodi raccontano le trappole in cui l’Occidente è caduto prima dei sorrisi della Ashton. Perché adesso sono fallite le trattative? Per motivi tutti quanti inerenti alla determinazione a mantenere sul proprio territorio tutta la potenza necessaria per poter procedere a un arricchimento rapido e effettivo quando gli ayatollah prendano la decisione. Restare in possesso del mazzo di carte, questa è stata la scelta fatta. Tutto in mano. Così di fronte alla richiesta di una diminuzione graduale in dieci anni delle sanzioni di fronte a un’effettiva realizzazione delle condizioni accettate, l’Iran ha detto no. Probabilmente ha capito che una volta che Obama se ne sarà andato, fra tre anni, il prossimo presidente non avrà voglia di essere preso in giro. Ha detto no anche alla prima proposta di mantenere sul suo territorio 1500 centrifughe, le ha alzate a 4500, poi a 9000. Ha rifiutato di consegnare a Putin l’uranio arricchito perché possa essere trasformato in materiale utilizzabile solo a fini pacifici. Ha portato i suoi interlocutori a dimenticare la proposta di smantellare le centrifughe (specie quelle veloci) e riserve di uranio, ovvero l’insieme della struttura che può condurre all’arma atomica. Ha rifiutato anche che gli USA controllassero come misura preventiva l’ammontare di energia elettrica che potrebbe da un momento all’altro essere aumentata enormemente in seguito a decisioni improvvise. Anche la richiesta di definire condizioni per cui occorrano nove invece di tre mesi per raggiungere condizioni in cui la bomba atomica sia possibile è stata messa da parte. Infine, quello che non ha convinto durante i colloqui è anche la maniera in cui sono stati fissati i controlli, volatili, non completi, senza accesso a tutte le strutture. I controlli non sono mai serviti, non servirebbero neanche adesso. E’ difficile immaginare che Zarif si prepari a un’altra manche di colloqui con maggiore disponibilità, a meno che Obama, spinto con decisione dal Congresso Americano, e quindi poi seguito a ruota come sempre dall’UE, non recuperi un atteggiamento più severo, ovvero che si torni a sanzionare in Iran tutto quello che puzza di bomba atomica. Israele, minacciata più di ogni altro, è in questo momento uno spettatore molto attento e preoccupato. E’ chiaro che il Paese non può permettersi un Iran nucleare, e questo lo sanno in molti. Ma quello che Israele sa meglio, è che anche l’Europa e gli USA non possono. Speriamo che la consapevolezza vinca, e che non si vada a nessun accordo fatale.
Per inviare a Shalom la propria opinione, telefonare: 06/ 87450205, oppure cliccare sulla e-mail sottostante