Israele/Elezioni: tre i nomi in prima fila, Netanyahu, Livni, Herzog
Commento di Manfred Gerstenfeld
(Traduzione di Angelo Pezzana)
Isaac Herzog con Tzipi Livni Benjamin Netanyahu
Lo scioglimento della 19a Knesset è stato deciso l’8 dicembre con 93 favorevoli e nessun voto contro. Le elezioni sono previste il 17 marzo 2015. Questa settimana due sono gli eventi di rilievo, il primo nel centro destra, l’altro nel centro sinistra. Nel primo, Netanyahu ha proposto che l’elezione del leader del Likud venga posticipata al 31 dicembre, una decisione che è stata vista come un tentativo di bloccare una possibile sfida dell’ex Ministro dell’Interno Gideon Sa’ar: in questo modo non avrebbe il tempo di organizzare una campagna efficace in così poco tempo per sfidare Netanyahu, avendo oltre a tutto lasciato ogni impegno politico diversi mesi fa.
Netanyahu ha poi proposto che il presidente del Likud verrà autorizzato a nominare due candidati a sua scelta per essere inseriti all’11° e 24° posto nella lista elettorale. Il comitato centrale del Likud, nella riunione del 10 dicembre, ha approvato con una maggioranza del 65%, una dimostrazione del forte sostegno che Netanyahu ha nel suo partito. Sa’ar ha invece annunciato che non sfiderà Bibi quale leader del Likud, una decisione giudicata saggia, anche nel caso risultasse vincitore, una lotta fra i due avrebbe provocato seri danni al Likud. Diversi sondaggi hanno dimostrato che se Netanyhau avesse perso la guida del partito, il Likud avrebbe preso meno voti. Se a capolista ci fosse Moshe Feiglin, il Likud guadagnerebbe 18 seggi. Uno in meno se alla guida ci fosse Danny Danon, mentre con Netanyahu sarebbero 20, lo stesso numero di quando a capolista c’era Bibi. All’interno del Likud, Limor Livnat ha annunciato che non si ricandiderà.
Danny Danon
Molti media hanno presentato le prossime elezioni con lo slogan “ tutti contro Netanyahu”. Ha’aretz, per esempio, ha titolato un articolo “ Israele, un Referendum su Netantahu”. Persino il novantunenne ex Presidente Shimon Peres è intervenuto pubblicamente, sostenendo che le politiche di Netanyahu hanno allontanato Israele dalla pace e dalla sicurezza. Una frase perlomeno bizzarra, dal momento che sia Peres che Yitzhak Rabin, allora Primo Ministro, erano i responsabili degli Accordi di Oslo del 1993, che non hanno certo portato sicurezza e pace in Israele.
Nel centro sinistra, il leader del Partito Laburista Isaac Herzog e Tzipi Livni, leader di Hatnuah (Il Movimento) presentano una lista unitaria, con Herzog in testa, seguito da Livni. Nel caso toccasse a loro formare il prossimo governo, Herzog sarà Primo Ministro per i primi due anni e Livni per i due successivi. I numeri due e tre di Hatnuah, i deputati Amram Mitzna e Amir Peretz, già leader del Partito Laburista, saranno fra i candidati della lista comune. Anche gli altri tre deputati di Hatnuah saranno inseriti tra il 20 e il 25esimo posto in lista. Un sondaggio Migdam per Canale 10, prevede che avrà 22 seggi, contro i 20 del Likud. Non si candiderà invece l’ex Ministro laburista Binyamin Ben Eliezer che lascia la Knesset per motivi di salute. Eppure, anche se la lista guidata da Herzog dovesse avere più seggi di tutte le altre liste, non è detto che riesca a formare il prossimo governo. La sfida tra centro destra e centro sinistra per avere la maggioranza sarà uno dei temi più rilevanti nei prossimi mesi.
Un sondaggio condotto dal Rafi Smith Institute per conto di Hiddush, una lobby per la libertà religiosa, ha rilevato che il 62% degli intervistati è favorevole alla esclusione dal prossimo governo dei partiti ultra-ortodossi. Di questi, il 76%, che di definisce laico, è per un governo senza United Torah Judaism e Shas, stessa opinione il 66% di quelli che si sono definiti religiosi tradizionali, così come l’80% degli immigrati dalla ex Urss. Mentre il 65% dei religiosi nazionalisti e il 95% degli ultra-ortodossi sono contro l’esclusione dal governo dei partiti ultra-ortodossi. Il sondaggio ha poi rilevato che il 71% degli elettori laburisti e l’86% di Meretz e Kadima sono contro la presenza degli ultra-ortodossi nella prossima coalizione.
Le decisioni che l’attuale governo prenderà durante la campagna elettorale sono giudicate dalle opposizioni propaganda elettorale, come, ad esempio, il bombardamento dei depositi siriani di armi destinate a Hezbollah. Yfat Kariv, di Yesh Atid, ha accusato il governo di averlo programmato solo per speculazione elettorale. La stessa accusa è stata rivolta a Netanyahu quando ha proposto di portare a zero l’IVA sui prodotti alimentari indispensabili.
Moshe Kahlon
Gli spostamenti delle candidature sia nel centro destra che nel centro sinistra sono ormai avvenute, per cui si guarderà nelle prossime settimane con più attenzione a quanto avviene negli altri partiti. Un tema in discussione è la formazione di un nuovo partito, Tekumah (Unione Nazionale), nato da una costola di Habayt Hayehudi, formato da Eli Yishay, fuoruscito dall’ultra-ortodosso Shas. Se si presentasse, otterrebbe 7 seggi, secondo il sondaggio realizzato da Minna Tzemach e Rafi Emith. Non si sa ancora nulla del nuovo partito Kulanu (Tutti noi), fondato dall’ex Ministro delle Comunicazioni Moshe Kahlon. Non si sa da quale parte sceglierà di stare, il suo interesse è comunque rivolto verso i problemi sociali.
Atro tema che dovrà essere risolto riguarda i tre partiti arabi, se riusciranno a formare una coalizione. Gli arabi votano meno degli ebrei, per questo gli attuali deputati ritengono che una coalizione possa far diminuire l’astensione araba. Una novità è stata la campagna politica delle donne attiviste ultra-ortodosse per avere almeno una candidata donna nelle liste dei partiti ultra-ortodossi, La loro pagina su Facebook, chiamata “ Nessun Voto Senza Rappresentanza” ha ottenuto migliaia di interventi. Attualmente, una rappresentante donna è ancora considerata incompatibile con i valori ultra-ortodossi. I due maggiori partiti e le altre forze stanno in questi giorno preparando le elezioni interne per scegliere i candidati alla Knesset, mentre in tutti gli altri minori, le liste vengono compiute dai leader di partito o con dibattiti interni.
Manfred Gerstenfeld è stato presidente per 12 anni del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta.