Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 16/12/2014, a pag. 5, con il titolo "Dresda, sfilano gli anti-islam: 'Siamo noi i veri tedeschi' ", la cronaca di Tonia Mastrobuoni.
Non lasciamo ai neonazisti - in qualunque paese tentino di rialzare la testa - il copyright della sacrosanta guerra contro il Califfato e l'islam terrorista.
Il neonazismo va combattuto alla radice ovunque si manifesti.
Tonia Mastrobuoni
Un fischio assordante, poi una voce stridula riempie la piazza. «Ci sono tentativi di infiltrare manifesti anticostituzionali, per favore sorvegliate i vostri vicini». A tre metri dal palco, visibilissimo, un cartello con la scritta «Alibaba e i quaranta spacciatori». Il proprietario, un cinquantenne brizzolato dall’aria pacifica, non accenna ad abbassarlo. Del resto, nessuno ha vietato i manifesti razzisti; solo quelli anticostituzionali. E vai a capire la differenza.
Dalle ultime file parte anche una selva di fischi e un coretto, «Deutschland, Deutschland». Una dozzina di teste rasate applaudono scandendo il ritmo, per fortuna il coro si spegne quasi subito. Quello che contagia invece tutti, ogni volta che qualcuno lo accenna, è «Wir sind das Volk», «Noi siamo il popolo», lo slogan scippato alla rivoluzione pacifica che un quarto di secolo fa portò alla caduta del muro di Berlino.
In piazza molte teste rasate
Nell’autunno dell’89 anche qui a Dresda manifestavano ogni lunedì, come nel resto della Germania comunista, contro il regime di Honecker. E rischiavano il carcere o la vita. Ma in una piazza stracolma di teste rapate, «noi siamo il popolo» ha un suono sinistro. E quello di Pegida, dei «Patrioti europei contro l’islamizzazione dell’Occidente», movimento nato a ottobre nella capitale sassone e divenuto ormai un appuntamento fisso e sempre più popolare anche in altre città della Germania - Duesseldorf, Kassel, Colonia, Ulm - è sempre sul filo dell’equivoco.
La simpatia degli anti-euro
Di più: è proprio nella città simbolo del «mattatoio» di Vonnegut, nella «Firenze sull’Elba» rasa al suolo con furia dalle bombe alleate a febbraio del 1945, che rischia di saldarsi la nuova destra tedesca. Gli anti-euro Afd, passati dalla priorità dell’uscita della moneta unica a quello del freno all’immigrazione, stanno già tentando di mettere il cappello su Pegida. Sono stati i primi, nelle settimane scorse, a mostrare una - cauta - disponibilità al dialogo, con gli anti islamisti. Se il movimento dovesse trovare uno sbocco nel partito di Bernd Lucke, cresciuto anch’esso a dismisura nei consensi fino ad entrare in ben tre assemblee regionali a settembre, con percentuali di voto oltre il 10%, per Angela Merkel sarebbe un bel grattacapo. La cancelliera continua a demonizzare Pegida, anche ieri ha fatto sapere che la Germania «non è un posto per odio e calunnie». Tuttavia, sarà difficile ignorarlo a lungo. Così come per gli Afd sarà difficile mantenere l’ambiguità, sul movimento.
«Siamo di destra»
Eppure, non è che manchino i momenti di verità, in questa piazza. Ad esempio, quando una ragazza poco più che ventenne urla dal palco, «ascoltatemi bene, giornalisti: questa è una piazza di destra» e dalla folla partono un boato e un’ovazione. E poi giù, a sparare parole d’ordine che echeggiano epoche buie, «deutsche Sitte», «usanza tedesca» e tante, troppe volte «Volk», «popolo». Ufficialmente, gli organizzatori della manifestazione di Dresda, cercano in tutti i modi di tenere lontani i neonazisti e gli slogan di estrema destra dal movimento. Sulla pagina Facebook c’è addirittura un omino stilizzato che getta una svastica nel cestino. E nella piazza di Dresda, a stragrande maggioranza maschile e piena di teste rapate, c’è anche tantissima gente comune. Donne, famiglie con bambini, molte coppie di anziani. Uno urla con forte accento sassone «sono fiero di essere tedesco», segue un applauso.
«Pensiamo ai nostri figli»
Horst, tassista 53enne venuto a manifestare con la moglie, spiega la popolarità di Pegida soprattutto nella ex Germania est: «Noi qui accettiamo ancora lavori che i tedeschi dell’ovest non accettano più da un pezzo, per noi gli immigrati dell’Est Europa sono concorrenti veri». Inutile ricordargli i numeri, dirgli che in Sassonia ci sono appena 100mila stranieri, il 2,5% della popolazione - a Berlino il 13,4% degli abitanti ha un passaporto non tedesco, tanto per fare un confronto. O che di quegli stranieri in Sassonia, neanche lo 0,1% sono musulmani. Horst scuote la testa: «Io devo pensare al futuro dei miei figli».
La paura dello straniero
Anche dal palco, uno dei capi del movimento sintetizza il motivo della popolarità di Pegida: «Non siamo un one man show, ma il risultato di anni di errori nelle politiche di immigrazione», strilla. La cosa inquietante, è che i sondaggi sembrano dargli ragione: il 34% dei tedeschi - uno su tre - secondo un’indagine dello Spiegel, pensa che la Germania si stia islamizzando.
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