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La Stampa - La Repubblica - Corriere della Sera - Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
16.12.2014 Ritiro senza pace: la proposta indecente fatta a Netanyahu
Cronaca di Paolo Mastrolilli

Testata:La Stampa - La Repubblica - Corriere della Sera - Il Sole 24 Ore
Autore: Paolo Mastrolilli - Vincenzo Nigro - Paolo Valentino - Ugo Tramballi
Titolo: «Kerry frena Abu Mazen e la Francia»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 16/12/2014, a pag. 17, con il titolo "Kerry frena Abu Mazen e la Francia", la cronaca di Paolo Mastrolilli.
Di seguito, proponiamo spunti di critica degli altri articoli comparsi sull'argomento sui quotidiani di oggi.


John Kerry con Benjamin Netanyahu

Ecco l'articolo di Paolo Mastrolilli "Kerry frena Abu Mazen e la Francia":


Paolo Mastrolilli

Gli Stati Uniti stanno valutando l’ipotesi di lanciare una nuova proposta per la ripresa dei negoziati in Medio Oriente, per neutralizzare l’effetto delle due risoluzioni sul riconoscimento della Palestina, che potrebbero arrivare tra breve al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Se n’è parlato durante gli incontri avuti ieri a Roma dal premier israeliano Netanyahu con il collega italiano Renzi, e poi col segretario di Stato Kerry, che ha visto anche il segretario di Stato vaticano Parolin, a cui ha chiesto che la Santa Sede aiuti gli Usa a trovare paesi disposti a prendere detenuti da Guantanamo, in modo da favorirne la chiusura. Era circolata anche la voce di un incontro con Renzi, forse per superare qualche tensione sull’Ucraina, ma l’appuntamento non rientrava nel protocollo e non è avvenuto.

Imbarazzi a Washington
L’Autorità palestinese, attraverso la Giordania, vorrebbe presentare in settimana una risoluzione all’Onu che chiede ad Israele di ritirarsi nei confini del 1967 nel giro di due anni. Anche la Francia sta valutando una iniziativa simile, sollecitando però la ripresa del negoziato per far nascere il nuovo stato.
Prima di partire per Roma, Netanyahu ha chiarito che entrambi i testi sono inaccettabili, in particolare in vista delle elezioni programmate a marzo, e ha chiesto agli Usa di bloccarli con il veto. La Casa Bianca non ha ancora preso posizione, perché è in imbarazzo: se non fermasse le due risoluzioni rovinerebbe il rapporto con Israele; se lo facesse, comprometterebbe tra gli arabi la sua posizione di mediatore nel processo di pace. La settimana scorsa a Washington si è discussa l’iniziativa francese, e i collaboratori di Obama si sono divisi: Kerry voleva starne alla larga, mentre la consigliera per la sicurezza nazionale Susan Rice suggeriva di valutare con gli alleati un possibile compromesso.
Durante l’incontro con Renzi, Netanyahu ha ribadito che per lui la situazione è molto complessa ed entrambe le risoluzioni sono inaccettabili. L’Italia non è in Consiglio di Sicurezza, ma mentre i parlamenti europei discutono il riconoscimento della Palestina, le sarebbe difficile ostacolare l’iniziativa francese.

Roma media con Parigi
L’inviato dell’Onu per il Medio Oriente, Robert Serry, ha detto al Consiglio che nonostante una risoluzione sarebbe importante, «non potrebbe sostituire un genuino processo di pace che va negoziato tra entrambe le parti». Questo è il terreno che Kerry sta provando ad esplorare, per disinnescare la crisi. Quindi ha discusso con Netanyahu le condizioni per una possibile ripresa della trattativa interrotta ad aprile, e oggi vedrà a Londra il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat. «Ho detto a Kerry - ha rivelato Netanyahu - che i tentativi dei palestinesi e di alcuni paesi europei di imporre condizioni a Israele avranno il solo effetto di deteriorare la situazione nella regione e rappresentano un pericolo per noi. Per cui ci opporremo con vigore». Ieri sera il segretario ha visto a Parigi Federica Mogherini e i ministri degli Esteri di Francia, Gran Bretagna e Germania, per verificare se è possibile ammorbidire la risoluzione francese e trasformarla in uno strumento per la ripresa dei colloqui.

 

Secondo quanto scrive Vincenzo Nigro su REPUBBLICA, a pag. 19, "se  [Israele] continua con l'occupazione dei Territori il terrorismo troverà nuovi adepti".


Vincenzo Nigro

Innanzitutto, i Territori sono contesi e non "occupati", come abbiamo diffusamente ricordato nel commento a due articoli pubblicati ieri: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=999920&sez=120&id=56410
Inoltre, il nesso causale sostenuto da Nigro è il rovesciamento esatto della realtà: non è vero che il terrorismo palestinese esiste perché Israele controlla (in parte) il West Bank, ma Israele ha la necessità di mantenere il controllo del West Bank perché esiste il terrorismo palestinese. Lo stesso terrorismo palestinese che esisteva già prima del 1967, e che ha mietuto vittime non solo in Israele ma anche in Europa e nel Mondo.

Paolo Valentino sul CORRIERE della SERA, a pa. 13, ritiene che "Netanyahu ha confermato la linea dura".


Paolo Valentino

Come sempre, a Benjamin Netanyahu vengono attribuiti caratteri di durezza senza motivo. Che cosa dovrebbe fare? Riproporre dal West Bank il medesimo ritiro unilaterale di cui Israele è stata protagonista nel 2005 da Gaza, con gli esiti che sono sotto gli occhi di tutti? Dieci anni con tre guerre, infiltrazioni terroristiche, rapimento e uccisione di civili e soldati israeliani, tunnel della morte, lancio ininterrotto di missili. E' questo ciò a cui - con dimensioni amplificate - la comunità internazionale vuole condannare Israele con il ritiro completo dai territori contesi?

Ugo Tramballi sul SOLE 24 ORE, a pag. 21, sostiene che la proposta giordano-palestinese avanzata presso l'Onu per un ritiro unilaterale di Israele dai territori contesi entro il 2016 non sia "una forzatura" ma "un'esortazione alla ripresa del negoziato".


Ugo Tramballi

Ci si chiede come possa fare il giornalista una simile affermazione, dal momento che un ritiro unilaterale non ha proprio nulla a che vedere con un negoziato.
E', al contrario, un modo per ignorare la necessità di pace, che è l'unica richiesta che da sempre Israele fa ai palestinesi e agli Stati arabi. Una soluzione unilaterale imposta a Israele ha l'obiettivo di creare uno Stato palestinese in guerra con Israele, non certo due Stati in pace.

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