Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 10/12/2014, a pag. 3, con il titolo "Le piroette di Drahi, il franco-israeliano che fa ballare Telecom", l'analisi di Ugo Bertone; dal CORRIERE della SERA, a pag. 43, con il titolo "L'editore Bergé contro il critico del suo Le Monde", il commento di Stefano Montefiori.
Questi due servizi ci riguardano. Il primo, su Patrick Drahi, richiama il fondatore di i24News, la rete satellitare israeliana, che si può vedere andando sulla nostra home page, che trasmette in inglese/francese/arabo, con gli studi a Tel Aviv. IC ne ha scritto diffusamente, ecco il link:
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=157&sez=120&id=53484
Ecco gli articoli:
IL FOGLIO - Ugo Bertone: "Le piroette di Drahi, il franco-israeliano che fa ballare Telecom"
Ugo Bertone
Il logo di i24news Patrick Drahi
Milano. Attention: sulle tlc d'Europa l'uragano Drahi, con una pioggia di miliardi di euro (7,4, per l'esattezza) su Portugal Telecom, costola di Oi, promessa sposa brasiliana di Tim Brazil, figlia prediletta (anzi, unica) di Telecom Italia. E dopo tante chiacchiere, si avvicina l'ora del giudizio per la società italiana, già assorbita dalle trattative su Metroweb, oggetto del desiderio anche di Vodafone e non solo. Sarà, insomma, un dicembre ad alta tensione per le telecom di casa nostra, cui di sicuro fa difetto il decisionismo che caratterizza il mercato d'oltralpe: da una parte la verve di Orange, ex France Telecom, titolo principe (più 60 per cento da gennaio) del listino europeo; dall'altra il pirotecnico Xavier Niel di Free, comproprietario di Le Monde, che ha tentato invano di sbarcare sul mercato americano in T Mobile dopo aver seminato il panico con il taglio dei prezzi in patria.
Ma, più di tutti, pesa Patrick Drahi da Casablanca, classe 1963, figlio di due matematici emigrati nel Midi francese nel 1978. Di lui, prima enfant prodige all'Ena, poi all'Ecole des Télécommunications, si sa tutto ma anche molto poco. In meno di vent'anni, grazie a una girandola di acquisizioni e cessioni nel mondo del cavo, ha accumulato una fortuna leggendaria (circa dieci miliardi di dollari secondo Forbes) controllata attraverso una piramide societaria assolutamente politically incorrect: capogruppo a Guernsey ("il Paradiso fiscale della Regina Elisabetta II", tuonò l'allora ministro della gauche Arnaud Montebourg), holding operativa Altice in Lussemburgo. Residenza fiscale del proprietario, la Svizzera. Abbastanza per spingere il ministero delle Finanze parigino a tentare un tackle disperato per evitare che Altice si impadronisse del controllo di Sfr. Invano. Il venditore, cioè Vivendi (prossimo grande azionista di Telecom Italia) preferì l'offerta di monsieur Drahi: 13,5 miliardi, ovvero 450 milioni in più di Bouygues. E a nulla servi l'appello dell'Eliseo a "rimpatriare i capitali in Francia".
Ma Drahi, doppio passaporto israeliano e francese, replicò per le rime: "Si accontenti degli investimenti che farò in Francia, almeno 3 miliardi. Quando altri imprenditori decideranno di spostare la residenza fiscale ci ripenserò". Nel frattempo, tanto per non sbagliare, ha comprato Libération, il quotidiano mito della sinistra sull'orlo del tracollo. Oggi Drahi è tornato a far parlare di sé con la conquista di Portugal Telecom, una delle tlc più moderne e attrezzate d'Europa, dopo i forti investimenti nella rete a fibra ultra rapida che copre il 60 per cento del territorio lusitano. Una bella piattaforma che Drahi, cresciuto a suon di acquisizioni aggressive se non temerarie, intende usare come trampolino per nuove imprese: certo, il suo impero naviga tra i debiti (almeno 20 miliardi), ma finché i tassi restano cosí bassi... Anzi, già si parla di nuove prede per allargare un impero che s'allarga dall'Ungheria a Israele, dal Belgio alla Guyana.
Senza intralciare, però, l'azione di Marco Patuano e Giuseppe Recchi, ad e presidente di Telecom Italia, ansiosi di riprendere l'iniziativa dopo il letargo dell'ex gioiello delle tlc italiane. La vendita di Portugal Telecom, infatti, segna la fine dello stallo nelle trattative tra Oi, quarto gestore brasiliano, e Tim Brazil. Le nozze tra le due società potrebbero ripagare Telecom Italia delle tante delusioni patite, anche in terra carioca: la newco sarebbe leader in uno dei mercati più promettenti, con la benedizione delle autorità. A maggioranza italiana, per giunta, almeno se i soci avranno voglia di metter mano al portafoglio. Oppure, ipotesi meno gradita, Telecom potrebbe cedere Tim Brasil a una cordata capeggiata da Vivo (scuderia Telefonica) e America Movil di Carlos Slim. Il tutto alla vigilia di una partita ancor più cruciale: la sorte di Metroweb, la società della fibra che Telecom Italia, dopo il lungo tergiversare, vuole far sua per guidare l'espansione della rete in fibra ottica, prospettiva osteggiata da Vodafone, Fastweb (già socio di Metroweb) e Wind, pronta a conferire Infostrada alla società oggi controllata da F2i. Finalmente, insomma, il quadro delle tlc si muove anche dalle nostre parti.
CORRIERE DELLA SERA - Stefano Montefiori: "L'editore Bergé contro il critico del suo Le Monde"
Il secondo, difende Patrick Modiano, spesso attaccato sul supplemento libri di LE MONDE, di cui Pierre Bergé è comproprietario. Un fatto inusuale ma significativo. L'astio del critico Eric Chevillard verso Modiano va al di là della critica letteraria. Bergé se n'è accorto e ha agito di conseguenza.
Stefano Montefiori Eric Chevillard
Pierre Bergé Patrick Modiano
Il co-editore di «Le Monde», Pierre Bergé, attacca ancora una volta il suo giornale. È una guerra che va avanti da tempo, e che stavolta ha per oggetto Patrick Modiano, Nobel per la letteratura. Autore molto amato in Francia da ben prima del premio ma che è stato comunque oggetto di critica su «Le Monde des Livres», supplemento culturale del giornale. Tanto Modiano è mite e schivo, tanto Bergé è stato duro e plateale, via Twitter, nel difenderlo. O meglio, nell’insultare chi aveva dubbi sull’ultimo romanzo, Pour que tu ne te perdes pas dans le quartier (Gallimard). Bergé, 84 anni, imprenditore e mecenate, per decenni e fino alla sua morte compagno di Yves Saint Laurent, è proprietario di «Le Monde» (e di recente anche del «Nouvel Observateur») assieme al banchiere Mathieu Pigasse e all’imprenditore delle telecomunicazioni Xavier Niel. A differenza dei due soci, che tengono almeno in pubblico una rispettosa distanza rispetto al contenuto editoriale, Bergé non esita a criticare le scelte della redazione. In particolare, quelle del «Monde des Livres», che pubblica le pagine a lui più sgradevoli. Stavolta a infastidire Bergé è stato lo scrittore Éric Chevillard, che il 2 ottobre — prima dell’attribuzione del Nobel — aveva scelto di uscire dal coro delle lodi e di fare un po’ di ironia (garbata) sul romanzo e sulla poetica di Modiano. Il libro è esile (150 pagine), nota Chevillard, e «la letteratura per Modiano è già tutta ellisse. Se continua a farla dimagrire ancora, presto pure le parole saranno implicite. E che cosa resterà? Quasi niente. Questo è l’inizio del romanzo, e si potrebbe scorgervi il credo di quest’estetica letteraria del minimo, del trattenuto, dello sfumato, dell’evanescente». Il resto del commento non è più cattivo, anche se si tratta di un’obiezione non solo al romanzo ma a tutto il modo di fare letteratura di Modiano: un regno delle nebbie, di ricordi rarefatti e atmosfere sfuggenti che molti amano e alcuni (tra questi Chevillard) un po’ meno. A prima vista, un normale esercizio del diritto, anzi del dovere, di critica. Ma Bergé non la pensa così. Dopo aver definito «ridicolo» l’intervento di Chevillard, l’editore è tornato sull’argomento ieri, dopo avere letto il resoconto pieno di ammirazione firmato da Denis Cosnard, inviato da «Le Monde» a seguire il discorso di accettazione di Modiano a Stoccolma. «Chevillard o Cosnard? Il connard (l’imbecille, ndr ) non è chi potrebbe sembrare», ha twittato Bergé. Un gioco di parole per dare del cretino a Chevillard, che ha risposto nel suo blog: «Sono mesi che rispondo solo con battute alle frasi insultanti di Pierre Bergé nei miei confronti (...). Ora siamo ai confini della persecuzione morale, no? O gli presento le dimissioni — e perché non mandargli pure dei fiori? O mi immolo con il fuoco nella hall del giornale». Certi che Chevillard non ricorrerà a misure così estreme, i colleghi hanno comunque reagito su Twitter protestando per i metodi di Bergé, che da co-proprietario sarebbe tenuto a «astenersi dall’intervenire nelle scelte editoriali della redazione», secondo la Carta che regola i rapporti tra giornalisti ed editori. In passato quel passaggio era stato già opposto a Bergé, per esempio quando aveva dichiarato che «”Le Monde des Livres” non parla di letteratura e di veri libri, preferisco le pagine culturali del “Figaro”».
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