Stupratori sciocchi
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Lo stato di Palestina
Cari amici,
vorrei dire anch'io la mia sui 750 (o 800 o 850) firmatari israeliani dell'appello perché i parlamenti europei riconoscano la “Palestina” su cui Informazione Corretta è già intervenuta ieri (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=56324). Credo che valga la pena di commentarla anche da altri punti di vista oltre alla vicenda dei tre famosi scrittori che hanno aderito su cui ha scritto benissimo Angelo Pezzana.
Intanto 750, o 800 o 850 (fra cui un certo numero di nomi molto noti) sono pochi o sono tanti? Certamente non sono pochissimi. Ma in un paese di 8 milioni di abitanti non sono una cifra particolarmente significativa. Gli elettori dei partiti di estrema sinistra sono alcune decine di volte superiori di numero e così i lettori di Haaretz, che sostiene le stesse posizioni. I manifestanti che si sono ritrovati in diverse occasioni negli ultimi anni in piazza contro il governo erano di più. Insomma, non è il numero che conta, ma semmai il fatto di esprimere abbastanza compattamente un certo gruppo di intellettuali, quelli che da sempre sostengono le Ong finanziate dall'Europa come “Peace Now”. E' degno di nota che un mese fa una lettera perfettamente analoga fu spedita al parlamento inglese con sole 300 firme, raccolte, badate bene, da tale Alon Liel, ex direttore generale del Ministero degli Esteri israeliano e sostenitore del boicottaggio contro Israele (http://www.timesofisrael.com/israeli-figures-urge-uk-to-recognize-palestinian-state/). Il precedente è istruttivo non solo perché l'aumento delle firme (a ottobre non c'erano per esempio i tre scrittori) indica che c'è stato un certo effetto bandwaging: così lo chiamano i politologi americani, è quel “saltare sul carro del vincitore" che in Italia conosciamo bene - naturalmente non del vincitore in Israele ma di quello in Europa, dov'è il mercato del lavoro di riferimento per molti di loro.
Oltre a questa indicazione il nome di Liel ci riporta al fatto che ci sono importanti pezzi dello stato e della politica israeliana che non hanno mai accettato la legittimità dei governi non di sinistra. L'arrivo al potere di Begin nel '77 e poi di Shamir nell'83 e nell'86 e poi di Netanyahu nel '96, nel 2002 e nel 2009) non è mai stata pienamente accettata, tutti i primi ministri del Likud sono stati soggetti a campagne di delegittimazione e demonizzazione, ma soprattutto non è mai stata pienamente accettato, da un pezzo di società intellettuale e politica, il buon diritto della loro maggioranza e dunque il sistema democratico israeliano.
Questo è il punto di appelli come quello famoso del direttore di Haaretz Landau, alcuni anni fa, al segretario di stato americano Rice a “stuprare” (letteralmente “stuprare”, to rape) Israele per costringerlo a fare contro la sua volontà la politica della sinistra: http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/124729. Appelli del genere, espressi in maniera meno colorita, si sono ripetuti spesso e anche questa lettera va in questa direzione. Vuol dire chiedere che le potenze straniere (l'America, l'Europa, magari in futuro la Russia e la Cina) costringano Israele ad andare in una direzione politica che il suo elettorato ha respinto. Per il suo bene, naturalmente. Questo tecnicamente è tradimento. Non solo tradimento del paese: per questo i firmatari si possono difendere dicendo che lo fanno per amore di Israele, naturalmente un amore un po' particolare, piuttosto patologico, di quelli che autorizzano nella mente dell'amante deluso lo stupro - e in effetti qualche tempo fa da parte degli americani colleghi e alleati del gruppo dei firmatari andava di moda l'espressione “tough love”, amore tosto, che è un altro modo disgustosamente eufemistico per parlare di stupro.
Ma è anche tradimento della democrazia. Mentre i tre scrittori e gli altri 797 personaggi firmavano la loro lettera ai parlamentari europei, si consumava nel sistema politico israeliano una crisi di governo che ha portato allo scioglimento della Knesset e a nuove elezioni che si svolgeranno nel marzo 2015. Si apre cioè un momento in cui il popolo è chiamato a decidere, il momento centrale della democrazia. La logica del sistema è che tutte le posizioni sono offerte al voto e gli elettori scelgono. Ma gli illustri 800 non si sognano di fare questo, non si presentano alle elezioni, benché celebri e ben organizzati. Fanno bene, perché il partito ebraico più vicino alle loro posizioni, l'estrema sinistra ideologica di Meretz, è accreditata di 6-7 seggi su 120, come ne aveva nel parlamento sciolto. Il 5 per cento, come i partiti arabi. Dunque non solo non esiste una maggioranza in Israele per posizioni come il riconoscimento immediato “a prescindere”, senza garanzie e senza trattative di uno Stato di “Palestina” (perché questo non lo vogliono neanche il partito laburista e i vari frammenti della sinistra razionale come Livni e Lapid). Insomma si tratta di un'infima minoranza nel corpo elettorale, paragonabile a Sel o alla Lista Tsipras da noi, che non ha la minima possibilità di imporre democraticamente le proprie idee.
Ma gli 800 firmatari pensano evidentemente di essere molto più lucidi del proprio elettorato, credono di aver capito la giusta strada e vogliono obbligare (stuprare) il 90 per cento e passa del proprio popolo, che non concorda con loro a fare quel che pensano di aver capito, usando per questo il sostegno (possiamo dirlo: il sostegno per nulla disinteressato e amichevole, il sostegno da cui promana tanta puzza di antisemitismo) dell'Europa. Se non è tradimento questo...
C'è di più. Alla memoria storica del popolo ebraico questa posizione ricorda dei precedenti molto importanti. Fra il basso Medioevo e il Rinascimento vi furono alcuni seguitissimi dibattiti, ordinati dai re del tempo, contro il popolo ebraico, per esempio a Barcellona e a Parigi, per obbligarlo a convertirsi “per il suo bene” e per distruggere i libri che traviavano la sua religione come il Talmud. I “pubblici ministeri” di questi dibattiti, che in realtà erano processi, si chiamavano Pablo Christiani (a Barcellona) e Nicholas Donin (a Parigi) ed erano ebrei convertiti che, per il bene degli ebrei naturalmente, volevano obbligarli a rinunciare alla loro superstizione e alle loro menzgne per abbracciare la vera fede. Non riuscirono a ottenere la vittoria che cercavano, né in termini di prevalenza intellettuale (anche perché i difensori di Israele erano di altissimo valore, a Barcellona per esempio il Nachmanide, uno dei più grandi pensatori della tradizione ebraica) sia in termini concreti di conversione. Ma ne seguirono persecuzioni terribili, la distruzione della comunità ebraica di Barcellona, la cacciata degli ebrei dalla Francia. Da allora è accaduto molto spesso che dietro alle persecuzioni, ai pogrom, ai roghi dei libri e delle persone ci fossero degli ebrei o ex ebrei che cercavano di fare il bene del popolo di Israele contro la sua volontà: tough love, per l'appunto.
La lettera degli 800 non ha lo spessore intellettuale dei conversos. E' del tutto infantile. Leggetela se non l'avete fatto nell'articolo di Pezzana che vi ho citato sopra. Al cuore c'è una dichiarazione data come ovvia: “È chiaro che le prospettive per la sicurezza e l’esistenza di Israele dipendono dall’esistenza di uno Stato palestinese al fianco di Israele. Israele dovrebbe perciò riconoscere lo Stato di Palestina e questa dovrebbe riconoscere lo Stato di Israele basato sui confini del 4 giugno 1967.” E' chiaro che la sicurezza di Israele dipende dall'esistenza di uno Stato Palestinese al fianco di Israele? Tanto chiaro? Lo chiedano agli abitanti di Sderot e dei kibbutzim del Negev occidentale che hanno il privilegio di vivere a fianco dello Stato Palestinese di Gaza. Israele dovrebbe perciò riconoscere i “confini del 4 giugno 1967”. Si vuole cioè ricostruire pari pari il muro di Gerusalemme? Trasferire mezzo milione di persone? Lasciare senza sorveglianza il confine del Giordano nel momento in cui in Siria e in Giordania le infiltrazioni dell'Isis sono forti? Autorizzare i vari movimenti palestinisti a istallarsi sulle colline a portata di armi da spalla da Tel Aviv, l'aeroporto Ben Gurion, tutta l'industria e metà della popolazione di Israele? Così, senza garanzie, senza discussioni, fidando nella bontà d'animo di Fatah e Hamas? Non c'è solo tradimento, qui, c'è una dose di infantilismo e di superficialità degna di miglior causa. Difficile pensare a stupratori più sciocchi. C'è un solo elemento positivo in questa storia, che persone del genere fanno solo un danno propagandistico, perché nessuno che non sia una stampa che agisce come megafono della propaganda palestinista può prenderli sul serio.
Ugo Volli