Verso le elezioni in Israele? (con una coda sull'antisemitismo della sinistra)
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Tzipi Livni, Benjamin Netanyahu, Yair Lapid
Cari amici,
al momento in cui scrivo, sembra che siamo alle soglie dello scioglimento del parlamento israeliano, la Knesset. E' possibile, come sempre in politica, che le cose vadano diversamente, ma i giochi sembrano fatti. La sinistra del governo, Livni e Lapid, sembra decisa a non accettare la solidarietà di governo che Netanyahu ha posto come condizione per continuare. In particolare Lapid ha rifiutato i cinque punti che Netanyahu aveva posto come base di un accordo: 1)smettere di attaccare la coalizione, 2) dare all'esercito i soldi di cui ha bisogno per prepararsi e per 3) trasferire delle basi nel Negev come pianificato, 4) accettare la versione di Netanyahu della legge sulla nazionalità ebraica, 5) rinunciare alla proposta di annullare le tasse sull'acquisto di case (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/188116). Bisogna ricordare che i punti 2, 3 e 5 dipendono da Lapid in quanto ministro del bilancio. Livni, dal canto suo, ha fatto sapere che la campagna elettorale non si farà sulle case, ma sui “principi” e ha avuto anche la cortesia di aggiungere che esse serviranno a sostituire il governo “estremista, provocatorio e paranoico” di cui lei ancora fa parte, anzi come ministro degli esteri è magna pars (http://www.jpost.com/Breaking-News/Livni-New-elections-are-to-replace-extremist-provocative-paranoid-government-383406).
Non c'è nulla di traumatico in queste elezioni, bisogna dire. Il sistema politico israeliano essendo multipartititico, con una soglia di sbarramento molto bassa e un collegio unico nazionale, tende a portare alla Knesset molti partiti e a produrre governi di coalizione, che spesso cadono concludendo precocemente le legislature. Molto probabilmente ci sarà una maggioranza trasversale molto ampia che voterà nei prossimi giorni una legge di convocazione delle elezioni per marzo. E la parola passerà agli elettori. La cosa strana, semmai, è che a questo risultato si arriverà per causa dei due partiti che secondo i sondaggi dovrebbero perdere molto: quello di Lapid, che ha dilapidato nella confusione delle intenzioni il capitale di simpatia di cui godeva (ma probabilmente non voleva davvero le elezioni e si è messo da solo in un angolo sottovalutando la decisione di Netanyahu) e quello della Livni, fuoriuscita dal Likud per formare Kadima con Sharon, poi fuoriuscita da Kadima quando ha perso le elezioni interne e ora esponente di un partitino che non dovrebbe riuscire a tornare in parlamento. E' probabile che cerchi un'alleanza con i laburisti di Herzog, che certo non le cederà la leadership; e allora probabilmente si troverà la scelta fra mettersi in seconda fila o tornare a casa.
Le ragioni della crisi sono tante: ambizioni personali, conflitto caratteriale fra i leaders, ma innanzitutto una coalizione troppo estesa perché l'elettorato del 2012 ha troppo spalmato i suoi consensi. Netanyahu ha una grave colpa nella crisi, quello di aver scelto dopo le elezioni di allearsi per prima con Livni, allo scopo di sminuire le pretese dei vincitori veri delle elezioni, che erano Bennett e Lapid. Per farlo diede alla Livni due ruoli strategici: il ministero della giustizia, che nel sistema israeliano ha competenza non solo sulle nomine dei giudici, ma anche sulla possibilità per i ministri di proporre leggi; e l'incarico di negoziatrice capo con l'Autorità Palestinese. In entrambi i ruoli Livni ha cercato di far passare un'agenda pacifista e utopica, che fa credito all'Autorità Palestinese di una buona volontà che evidentemente le manca. Livni insomma ha giocato di conserva con l'amministrazione Obama, il cui primo scopo è sempre stato di rovesciare il governo Netanyahu, e probabilmente è riuscita a farlo, presumibilmente a costo della sua carriera politica.
Ma non è affatto detto che questo segni anche la fine di Netanyahu, anzi forti indizi dicono il contrario: i sondaggi indicano che è lui il politico che l'elettorato israeliano giudica più adatto a fare il primo ministro, non certo Livni o Lapid. Bisognerà vedere come saranno gli schieramenti elettorali, perché c'è il rischio di una scissione per motivi di potere anche nel partito di Bennett. Sarebbe auspicabile che i tre partiti che difendono il carattere ebraico di Israele (Netanyahu, Bennett e Lieberman) si unissero e così facessero i partiti e partitini di sinistra (Avoda, Meretz, Hatnua), in modo da offrire una scelta chiara agli elettori. In mezzo resterebbero i partiti dei charedim, che non hanno avuto spazio in questa legislatura, ma possono risultare determinanti; i modernisti non estremi alla Lapid, che hanno una storia di partiti che vanno e vengono, con subitanei successi e altrettanto rapidi tramonti. Poi ci sono i partiti antisistema, quelli che canalizzano il voto arabo verso l'antagonismo e si spera non abbiano nessun ruolo nella prossima legislatura (anche se bisogna ricordare che gli accordi di Oslo passarono con il loro appoggio determinante, il che spiega molte cose).
Anche se la legislatura si sciogliesse subito, c'è tempo prima delle elezioni. Il sistema politico israeliano ha la tradizione di campagne elettorali lunghe e di governi che nel frattempo non si limitano a gestire l'ordinaria amministrazione, ma possono anche, se è necessario, fare campagne militari o cercare accordi, come provò a fare Olmert. Certamente i prossimi mesi della democrazia israeliana non mancheranno di spunti interessanti.
Ugo Volli
PS Un post scriptum che non c'entra, se non per l'attualità. Vi scrivo il risultato della votazione del parlamento francese di oggi sul riconoscimento della “Palestina”. Eccolo (la fonte con i nomi dei singoli votanti è qui http://jssnews.com/2014/12/02/vote-sur-un-etat-palestinien-la-liste-complete-des-deputes-et-le-vote-de-chacun-dentre-eux/:
PARTI SOCIALISTE 279 POUR 1 CONTRE 5 ABSTENTIONS 1 NON-VOTANT
UMP (centro destra) 9 POUR 136 CONTRE 4 ABSTENTIONS
EELV (verdi) 18 POUR
GROUPE RADICAL (sinistra) 11 POUR
GAUCHE DEMOCRATE Sinistra) 15 POUR
NON-INSCRITS 3 POUR 3 ABSTENTIONS
Piccola conclusione: Non tutti gli antisionisti (cioè gli antisemiti) sono di sinistra; ma tutta la sinistra (323 contro 1) è antisionista (cioè antisemita). Ho spiegato nella cartolina di ieri perché questo voto non è per i palestinesi, ma contro Israele. Così è andata in Francia. In Gran Bretagna il voto contro Israele è stato imposto obbligatoriamente a tutti i suoi deputati dal partito laburista, in Svezia lo ha fatto un governo di sinistra. E in Italia? Non è ancora successo, perché, si sa, i nostri politici sono prudenti. Ma se si arrivasse a una mozione parlamentare? Pensate che la situazione sarebbe diversa? E allora come si fa ad essere per Israele (che lo ripeto è la condizione per non essere antisemiti) e di sinistra? Come fanno i soloni della sinistra ebraica? Non si sentono un tantino in contraddizione? Coma fanno a meravigliarsi che se la sinistra è contro Israele, non sia simpatica agli ebrei (almeno a quelli che si ricordano di esserlo)? Ricordatevene, cari lettori, quando si tratterà di votare
PPS E, a proposito, guardate che cosa è successo nella civile Francia, così preoccupata per i poveri palestinesi: tre uomini armati sono entrati in casa di una coppia vicino a Parigi, hanno rapinato quel che hanno trovato, violentato la padrona di casa e spiegato che lo facevano “perché siete ebrei”. Non c'è posto per gli ebrei in Europa, Auschwitz non è finita.