Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 03/12/2014, a pag. 17, l'ultima frase dell'articolo di Fabio Scuto sulla crisi di governo in corso in Israele; dalla STAMPA, a pag. 16, il titolo che presenta l'articolo di Maurizio Molinari; dal CORRIERE della SERA, a pag. 19, il titolo preposto all'articolo di Davide Frattini; dal SOLE 24 ORE, a pag. 28, con il titolo "Fuori i ministri ribelli dal governo Netanyahu", cronaca e commento di Ugo Tramballi.
Benjamin Netanyahu
LA REPUBBLICA - Fabio Scuto
Fabio Scuto
Fabio Scuto termina il proprio articolo scrivendo:
"Ieri il Parlamento francese ha votato il riconoscimento della Palestina, Italia, Slovenia e Spagna seguiranno tra poco".
Invece di raccontare lo svolgersi degli eventi, Fabio Scuto esprime in queste righe i propri personali auspici di vedere la "Palestina" riconosciuta anche dal Parlamento italiano. Questo nonostante il Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni sia stato chiaro: niente riconoscimento se non al momento opportuno, ovvero quando questo potrà (eventualmente) essere utile per un percorso di pace.
Certamente, siamo molto lontani da questo stadio, per cui il riconoscimento dello stato che non c'è, la Palestina, non è altro che uno dei tanti mezzi con cui l'Europa cerca di danneggiare Israele.
LA STAMPA
Il titolo dell'articolo di Maurizio Molinari, a pag. 16, è "Netanyahu licenzia gli alleati di centro e punta a vincere con la destra religiosa". Questo evidenzia la usuale schizofrenia della redazione esteri del quotidiano torinese: agli ottimi articoli di Molinari (è possibile leggere quello di oggi alla pagina http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=6&sez=120&id=56269) corrispondono pessime titolazioni che disinformano e, in questo caso, dipingono uno scenario ancora da definire.
Rimandiamo inoltre alla lettura della cartolina di oggi, 03/12/2014, di Ugo Volli, alla pagina http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=56267
CORRIERE della SERA
L'articolo di Davide Frattini, a pag. 19, è introdotto dal titolo "Israele, via i ministri moderati. Netanyahu va al voto anticipato", cui segue il sottotitolo "Il premier sempre più vicino alla destra oltranzista. E a Parigi il Parlamento francese riconosce la Palestina".
Secondo il Corriere della Sera, evidentemente, la lotta al terrorismo e la difesa del proprio Paese dagli attacchi rientra nella categoria "oltranzismo".
IL SOLE 24 ORE - Ugo Tramballi: "Fuori i ministri ribelli dal governo Netanyahu"
Ugo Tramballi
Ugo Tramballi, che pure descrive la crisi di governo in corso in Israele con dovizia di particolari, descrive Israele, l'unica democrazia dell'intero Medio Oriente, come un paese in mano a militari e "coloni". Nello stesso tempo, non scrive il motivo per il quale la sicurezza in Israele è un problema fondamentale, ovvero l'aggressività di gran parte del mondo arabo, a partire dagli arabi israeliani, contro lo Stato ebraico.
Ecco l'articolo:
Venti mesi dopo le precedenti - a meno di metà del mandato dell'attuale Knesset, in un Medio Oriente più caotico e con i prodromi di una nuova Intifada a Gerusalemme - Israele sta per andare al voto anticipato. La scelta non è stata fatta, ma ieri sera Bibi Netanyahu ha licenziato dal governo i due ministri ribelli: Yair Lapid e Tsipi Livni. «Non tollero un'opposizione interna all'esecutivo», denuncia il premier. Crisi certa e nuove elezioni fra tre mesi, senza la certezza che, dopo, Israele avrà un esecutivo diverso e più stabile di quello attuale.
Più dello scontro inconciliabile tra i favorevolie i contrari a una pace con i palestinesi, come in quasi tutte le ricorrenti crisi di governo israeliane la causa dello scontro è il bilancio dello Stato.Yair Lapid, ex giornalista televisivo, leader dei laici centristi di Yesh Atid (primo partito alla Knesset con 19 seggi su 120) e ministro delle Finanze, vuole che le risorse dello Stato vadano ai più poveri, ai giovani, alla costruzione di nuove case: la sua proposta/ultimatum è l'azzeramento dell'Iva per le giovani coppie che comprano la prima casa. Netanyahu, premier al terzo mandato e leader del Likud, vuole aumentare le risorse per l'esercito e la sicurezza.
Ma implicito nello scontro sul bilancio è quello fra due visioni di Israele. Come dice Tsipi Livni, ex ministro degli Esteri e ora della Giustizia, leader del partito di centro Hatnua e in questa crisi sodale di Lapid, «le elezioni non saranno su zero Iva, ma se qui debba esserci un Paese sionista o estremista». Il punto è questo: l'idea di un Paese normale che investe in una società più equa, che costruisce case e offre opportunità per gli israeliani dentro i confini riconosciuti di Israele; o il Paese in allarme permanente che dedica le sue risorse per avere più armi e più progetti politici che sociali: come la costruzione delle colonie per le quali il Paese continua a investire e garantire benefici fiscali che gli altri israeliani non hanno. L'attuale governo di destra-centro presieduto è spaccato in due da che è nato, 18 mesi fa: da una parte una maggioranza di partiti di destra, nazional-religiosi, sostenitori dei coloni e ideologicamente contrari a un compromesso con i palestinesi; dall'altra i centristi, moderati e sostenitori del negoziato. All'opposizione i laburisti, i pacifisti di Meretz, i partiti religiosi ortodossi e quelli arabi.
L'esplosivo della crisi è la proposta di legge su «Israele Stato-nazione degli ebrei», la totale ebraicizzazione del Paese senza alcun equilibrio con la minoranza araba, il 20% della popolazione. La legge, presentata dai nazional-religiosi è stata limata e corretta da Netanyahu senza modificarne l'assetto. La crisi congelerà la legge, che deve essere votata dalla Knesset. Non è tuttavia così facile che i sostenitori del sionismo per così dire storico e laico, riusciranno a vincere le probabili consultazioni di marzo. Il primo passo, molto difficile, dovrebbe essere l'unione sotto gli stessi propositi elettorali di Lapid, Livni, del leader laburista Isaac Herzog, della sinistra di Meretz, più lo Shas il più forte partito religioso, quello degli ultra-ortodossi sefarditi. Il secondo passo sarebbe di conquistare la maggioranza degli israeliani appena usciti da una guerra a Gaza e forse in marcia verso una nuova Intifada a Gerusalemme e in Cisgiordania. Senza contare il qaidismo alle porte d'Israele: a Sud nel Sinai e nel Nord, alle pendici del Golan. Fra Iva zero sulla prima casa e una casa minacciata, a tre mesi dal probabile voto non è così difficile scommettere su cosa sceglieranno gli israeliani.
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