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La Stampa Rassegna Stampa
03.12.2014 Crisi di governo in Israele, si voterà forse in primavera
Cronaca di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 03 dicembre 2014
Pagina: 16
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Netanyahu licenzia gli alleati di centro e punta a vincere con la destra religiosa»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 03/12/2014, a pag. 16, con il titolo "Netanyahu licenzia gli alleati di centro e punta a vincere con la destra religiosa", la cronaca di Maurizio Molinari.


Maurizio Molinari


"Possiamo fare in un modo o nell'altro...
... oppure possiamo aspettare che arrivi l'estate"
(da Israel Hayom)

Benjamin Netanyahu licenzia i «ministri ribelli», dà inizio allo scioglimento della Knesset e punta a elezioni anticipate in marzo per riuscire a guidare un «governo più forte e stabile». L’accelerazione del premier israeliano nasce dai dissidi con Yair Lapid e Tzipi Livni, leader dei partiti centristi «Yesh Atid» e «Hatnua», divenuti insanabili dopo alcuni incontri burrascosi. Netanyahu li accusa di aver voluto orchestrare «un putch contro il governo» attraverso un’offensiva di duri attacchi pubblici. Da qui la decisione di licenziarli da ministro delle Finanze e della Giustizia, riversandogli contro una valanga di accuse con cui inizia la campagna elettorale. «Lapid e Livni si sono dimostrati in disaccordo sul nucleare iraniano, sulla legge sullo Stato ebraico e sulle costruzioni a Gerusalemme - dice Netanyahu - e in queste condizioni non si può governare».

A due anni dalla formazione dell’attuale governo, Netanyahu apre la sfida elettorale sul terreno della sicurezza. La contesa è particolarmente accesa sul progetto di legge che definisce «ebraica» l’identità dello Stato perché Lapid accusa Netanyahu di «nuocere al carattere democratico della nazione penalizzando le minoranze» e Livni è ancora più dura: «Le elezioni ci consentiranno di scegliere fra uno Stato sionista e uno estremista».
Tanto il presidente Reuben Rivlin che il predecessore Shimon Peres hanno criticato la bozza di legge. È un terreno sul quale Lapid e Livni puntano per allontanare dal Likud gli elettori laici. «Netanyahu ci licenzia per consegnare il Paese nelle mani degli ortodossi», accusa Lapid. Ma i sondaggi suggeriscono che il Likud di Netanyahu resta il partito più forte e, puntando sulla legge «Stato ebraico», può costruire una coalizione con «Bait Ha-Yehudì» di Naftali Bennet, «Israel Beitenu» del ministro degli Esteri Avigdor Lieberman e i partiti religiosi dando vita a un patto di destra, più stabile. Il leader laburista, Yizhak Herzog, ritiene tuttavia che «gli israeliani sapranno scegliere» e parla di «tramonto di Netanyahu» candidandosi a guidare un patto fra le opposizioni di centro-sinistra.
Anche Livni pensa a questo scenario ma il leader che suscita più curiosità è un candidato ancora in fieri: Moshe Kahlun, ex ministro del Likud, ostile a Netanyahu e possibile sorpresa politica. Gli altri interrogativi riguardano Lieberman perché nel centro-sinistra c’è chi ipotizza di sottrarlo a Netanyahu, offrendogli la guida dello schieramento avversario. Da oggi la Knesset inizia la procedura di scioglimento, il voto potrebbe svolgersi in marzo e Lieberman lo vuole il «prima possibile». Anche perché la campagna elettorale comporta il congelamento dei negoziati con i palestinesi.

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