Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 01/12/2014, a pag. 15, con il titolo "Una biografia smentisce Helmut Schmidt: 'Era nazista' ", il commento di Tonia Mastrobuoni.
Tonia Mastrobuoni Helmut Schmidt
Schmidt nel 1940
Possono tre attestazioni di fedeltà all’ideologia nazionalsocialista, formulate con frasi di rito da ufficiali della Wehrmacht, fornire una prova certa sull’adesione al culto di Hitler? Non in maniera definitiva, probabilmente. Ma sono imbarazzanti perché riguardano un personaggio amatissimo e simbolo della rinascita democratica postbellica tedesca come Helmut Schmidt. Il problema, oltretutto, è che l’ex cancelliere socialdemocratico, di cui era noto il passato nell’esercito nazista, ha sempre sostenuto di aver preso però le distanze molto presto dalla dittatura.
Invece, a febbraio del 1942 il suo capo gli attestò «talento organizzativo», «capacità di imporsi in situazioni difficili», soprattutto una «visione del mondo nazionalsocialista, che è in grado anche di trasmettere al prossimo». Un anno più tardi, a settembre del 1943, un altro ufficiale gli riconobbe «un atteggiamento nazionalsocialista impeccabile» e l’anno dopo ancora, nel 1944, i superiori di Schmidt scrissero di lui che la sua fedeltà all’ideologia del Führer era «priva di macchie».
Tre giudizi inediti, nascosti negli archivi militari di Friburgo, che la biografa Sabine Pamperrien ha trovato assieme ad altre prove che mettono in discussione la versione dei fatti raccontata sinora dal politico novantaseienne. Ma che l’autrice stessa, in una biografia sugli anni giovanili dell’ex cancelliere che sta per uscire ed è stata anticipata dallo «Spiegel», non attribuisce alla malafede, piuttosto alla sua cattiva memoria e a una ricostruzione, a tratti, approssimativa.
Le ricerche di Pamperrien smentiscono ad esempio la vulgata - diffusa da Schmidt stesso - che vuole che da ragazzo non si fosse lasciato ammaliare dal Führer: nel 1933 aderì tra i primi studenti della sua scuola alla Gioventù hitleriana. E la sua insegnante di tedesco, Erna Stahl, che si unì più tardi al movimento di resistenza della Rosa bianca, dopo la liberazione lo collocò tra coloro che stavano «nella fazione opposta». Nel 1979 Schmidt stesso, che aveva un nonno ebreo, ammise in una lettera ad un compagno di partito che mentre i genitori erano stati «chiari oppositori di Hitler e nel partito», nei primi anni della dittatura lui era stato «sotto l’influenza» dei nazisti.
Anche il suo biografo più accreditato, Hartmut Soell, ammette che non è chiaro quando l’ex cancelliere si sia davvero distaccato da Hitler. Nel 1937 cominciò il servizio militare e già nell’anno successivo si trovano degli appunti in cui, dopo il pogrom, Schmidt sostenne di vergognarsi della persecuzione degli ebrei. Ma «Hitler personalmente», notò, «è ancora escluso da questo giudizio». Solo nel 1941, dal fronte orientale, la sua fede nel Führer crollò. Ma fino alla fine della guerra nascose bene questa delusione, a giudicare dalle rivelazioni di Pamperrien.
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