Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 26/11/2014, a pag. 15, con il titolo "Non chiudo la porta al dialogo con l'Is", la cronaca di Marco Ansaldo.
Se il Papa ha tanto desiderio di dialogare con i sanguinari terroristi dell'Isis - che perpetrano violenze quotidiane contro i cristiani in Medio Oriente, lo ricordiamo noi dal momento che la Chiesa non lo fa - perché non dà il buon esempio?
Prego, Eccellenza, prima Lei.
Marco Ansaldo Papa Francesco
L’immagine del pioppo usata dal poeta Clemente Rebora («i rami protesi al cielo, il tronco solido, le radici che s’inabissano»). Un richiamo a Martin Lutero. Una citazione di Ernesto Cardenal. Sorride il Papa, è sereno e rilassato in volo, prima dello sbarco all’aeroporto di Strasburgo. E nell’emiciclo del Parlamento Europeo il suo discorso raccoglie 13 applausi a scena aperta, una standing ovation finale, e molti consensi anche nei corridoi del Consiglio dove fa la sua seconda apparizione della sua breve ma intensa visita nel cuore dell’Europa.
Una tappa di 3 ore e 50 minuti, la più rapida nell’ormai lunga storia dei viaggi papali. L’ultima volta di un Pontefice qui fu nel 1988, con Giovanni Paolo II. Ma era un continente, un mondo, completamente diverso: solo 12 Paesi, mentre oggi sono 28, e il Muro di Berlino ancora in piedi.
Poi, come spesso succede, da quando Francesco si concede ai media sul volo del ritorno, arrivano altre suggestioni. Come il tema del terrorismo, urgente visto che dopodomani Francesco già riparte per la Turchia, Paese al confine con Iraq e Siria. E alla domanda se pensa che con «questi terroristi» si possa avere un dialogo, risponde: «Non so se si possa dialogare con lo Stato Islamico, ma io non chiudo mai una porta. È sempre aperta. C’è la minaccia dei terroristi, ma c’è anche un’altra minaccia: quella del terrorismo di Stato. Quando la violenza sale, lo Stato si sente in dovere di massacrare i terroristi, e così spesso colpisce anche chi è innocente. Bisogna fermare l’aggressore ingiusto, ma nessun Paese ha il diritto di farlo per conto suo».
Alla richiesta di capire meglio le parole sulla “trasversalità” dei politici giovani, dopo il breve incontro con il premier italiano Matteo Renzi nella sua qualità di presidente di turno della Ue, Jorge Mario Bergoglio spiega: «Nei miei dialoghi con i giovani politici, al di là della loro appartenenza, ho potuto vedere che parlano con una musica diversa, tendente alla trasversalità, che è un valore. Sono coraggiosi». E a chi gli chiede se i suoi sentimenti siano socialdemocratici, replica: «Questo è un riduzionismo. Io mi sento in una collezione di insetti, lì... Questo è un insetto socialdemocratico! No, io non oso qualificarmi di una o di un’altra parte. Il mio è il messaggio del Vangelo, della dottrina sociale della Chiesa».
Immediato il suo richiamo a quanto detto nel Consiglio d’Europa: «Abbiamo troppe cose, che spesso non servono, ma non siamo più in grado di costruire autentici rapporti umani. E così abbiamo davanti l’immagine di un’Europa ferita, un po’ stanca e pessimista, che si sente cinta d’assedio dalle novità che provengono dagli altri continenti».
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