Il presidente e il cantante
Commento di Deborah Fait
Amir Benayoun
Reuven Rivlin
Il Presidente di Israele Rueven Rivlin ha negato la partecipazione di Amir Benayoun alla commemorazione degli ebrei scacciati in massa dai paesi arabi negli anni immediatamente successivi alla fondazione dello Stato di Israele. Amir Benayoun, di origine algerina, una delle voci più amate e note in Israele, si è visto inaspettatamente estromesso dalla residenza presidenziale a causa delle parole di una sua canzone ritenute razziste.
Il fatto senza precedenti ha creato giustamente una serie di accese e veementi polemiche tra le varie anime politiche israeliane e di grande delusione tra i cittadini e i tanti ammiratori del cantante. Posso capire la decisione del Presidente in un momento così delicato, con una terza intifada alle porte, con il terrorismo palestinese che ogni giorno, ogni santo o maledetto giorno, fa vittime tra gli israeliani. Sì, posso capire ma posso anche non capire e pensare che sia stata commessa un’ingiustizia, che la decisione sia stata presa in modo troppo impulsivo, di pancia, a causa di un eccessivo sentimento policamente corretto. Benayoun, proprio pensando agli ultimi terribili attentati, ha scritto una canzone in cui esprime la realtà degli arabi israeliani, cittadini a tutti gli effetti, con gli stessi diritti allo studio e al lavoro che, nonostante siano tra gli arabi i più fortunati proprio perché vivono in una democrazia, si rivoltano contro di essa arrivando in alcuni casi alla violenza e all’assassinio.
Ecco le parole della canzone incriminata:
E’ vero che arriverà il momento in cui tu ti girerai e allora io ti pugnalerò.
E’ vero che ho studiato nelle migliori università.
Oggi sorrido e sono moderato. Domani vorrò andare in paradiso.
Io manderò uno o due ebrei all’inferno.
Sono un ingrato. E’ vero ma non mi sento colpevole.
Non sono nato nell’amore.
La verità è che arriverà il momento in cui voi mi volterete la schiena e io pianterò un’ascia in quella schiena.
Giudicate voi se queste parole sono razziste o se rispecchiano esattamente la realtà. In questi giorni in Israele si commemora l’espulsione in massa degli ebrei dai paesi arabi nel momento in cui l’ONU decise, a maggioranza, per la fondazione dello Stato di Israele. 850.000 ebrei che vivevano in quei paesi da centinaia d’anni, furono scacciati, depredati di tutti i loro beni, molti furono uccisi, i sopravvissuti costretti a fuggire. Arrivarono in Israele dove furono accolti e, nonostrante le difficoltà, guerra e seri problemi economici, del neonato Stato di Israele, nel giro di pochi anni furono completamente integrati.
Il mondo non ricorda questa enorme ingiustizia, questo crimine contro gli ebrei, nessuno ne parla come se non fosse mai accaduto. Il mondo ricorda invece molto bene, incolpando chi la guerra la stava subendo, che nello stesso periodo fuggirono da Israele, su ordine degli stati arabi e della Lega araba, 600.000 arabi viventi nella Palestina del Mandato britannico. Israele non costrinse nessuno ad andarsene, i paesi arabi promisero che sarebbero tornati non appena avessero distrutto lo Stato ebraico. Il mondo, dopo quasi 70 anni, ancora ci incolpa, ci insulta, ci odia per quei profughi e non dice nemmeno una parola per gli altri... erano solo ebrei.
Gli arabi rimasti divennero cittadini di israele, con ogni diritto ma anche con qualche dovere, spesso disatteso. La Dichiarazione della Fondazione dello Stato di Israele comincia con queste parole: “In ERETZ ISRAEL è nato il popolo ebraico, qui si è formata la sua identità spirituale, religiosa e politica, qui ha vissuto una vita indipendente, qui ha creato valori culturali con portata nazionale e universale e ha dato al mondo l'eterno Libro dei Libri. Dopo essere stato forzatamente esiliato dalla sua terra, il popolo le rimase fedele attraverso tutte le dispersioni e non cessò mai di pregare e di sperare nel ritorno alla sua terra e nel ripristino in essa della libertà politica.”
E conclude: “Lo Stato d'Israele sarà aperto per l'immigrazione ebraica e per la riunione degli esuli, incrementerà lo sviluppo del paese per il bene di tutti i suoi abitanti, sarà fondato sulla libertà, sulla giustizia e sulla pace come predetto dai profeti d'Israele, assicurerà completa uguaglianza di diritti sociali e politici a tutti i suoi abitanti senza distinzione di religione, razza o sesso, garantirà libertà di religione, di coscienza, di lingua, di istruzione e di cultura, preserverà i luoghi santi di tutte le religioni e sarà fedele ai principi della Carta delle Nazioni Unite. Lo Stato d'Israele sarà pronto a collaborare con le agenzie e le rappresentanze delle Nazioni Unite per l'applicazione della risoluzione dell'Assemblea Generale del 29 novembre 1947 e compirà passi per realizzare l'unità economica di tutte le parti di Eretz Israel. Facciamo appello alle Nazioni Unite affinché assistano il popolo ebraico nella costruzione del suo Stato e accolgano lo Stato ebraico nella famiglia delle nazioni. Facciamo appello - nel mezzo dell'attacco che ci viene sferrato contro da mesi - ai cittadini arabi dello Stato di Israele affinché mantengano la pace e partecipino alla costruzione dello Stato sulla base della piena e uguale cittadinanza e della rappresentanza appropriata in tutte le sue istituzioni provvisorie e permanenti. Tendiamo una mano di pace e di buon vicinato a tutti gli Stati vicini e ai loro popoli, e facciamo loro appello affinché stabiliscano legami di collaborazione e di aiuto reciproco col sovrano popolo ebraico stabilito nella sua terra. Lo Stato d'Israele è pronto a compiere la sua parte in uno sforzo comune per il progresso del Medio Oriente intero.“ http://digilander.libero.it/thatsthequestion/indipendenza.htm
La democrazia non è mai abbastanza, su questo non ci piove, Israele ne è la bandiera e la luce ma capita a volte che per essere giusti verso qualcuno si sia ingiusti verso altri. E’ inevitabile e secondo me è esattamente quanto accaduto tra il Presidente e il cantante. Non vedo nessun tipo di razzismo nelle parole della canzone di Benayoun, quello che noto è tristezza, rabbia e delusione per una realtà dolorosa provocata dalla propaganda di odio della leadership palestinese di Ramallah e dal desiderio infame di un definitivo genocidio degli ebrei della leadership di Gaza.
Amir Benayoun ha scritto sulla sua pagina di Facebook: “La canzone – Ahmed loves Israel - esprime dei sentimenti dolorosi e non parla nel modo più assoluto di violenza. Io sono contro ogni tipo di violenza. Chi è rimasto scioccato dalle parole di una canzone dovrebbe essere scioccato dal terrorismo che attraversa il Paese, dal massacro di ebrei in preghiera. Dai terroristi che mandano missili contro le nostre scuole e gli ospedali al sud. Vi sono molte cose più scioccanti di una canzone che esprime dolore, paura e nulla più.” Questo scrive Amir Benayoun. Giudicate voi.
Deborah Fait, Gerusalemme capitale di Israele unica e indivisibile.