La violenza e la sua ricetta
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
A destra: La "road map verso la pace" di Hamas e Fatah
Cari amici,
mi permetto di pensare che, dato che leggete le mie cartoline, crediate anche voi che il terrorismo sia un male, palestinese o neozelandese, arabo o lappone che sia. E mi permetto di pensare che concordiate sul fatto che investire apposta degli sconosciuti alla fermata del tram, buttare sassi sulle macchine che passano sperando di ammazzare qualcuno, accoltellare il primo giovane che capita a tiro, sparare a un leader religioso su cui non si è d'accordo, buttare molotov sulla polizia eccetera eccetera sono atti di terrorismo. Bene, siamo d'accordo. Dunque in questo momento c'è il terrorismo in Israele, in Giudea e Samaria, come c'è in Iraq e Siria, in Libia, in Yemen, in Nigeria. Terrorismo islamico, per dire le cose come stanno.
Questa ammissione, che comunque vi mette in minoranza rispetto all'opinione dei benpensanti, in tensione con i Kerry e le Mogherini, le Repubbliche e i Mondes, però non basta. Perché c'è il rischio di essere indotti a credere, dal fatto che i giornali cercano di parlarne il meno possibile e anche dall'orchestrazione “a bassa intensità” del suo svolgimento (fra parentesi: le orchestre hanno un direttore, chi dirige qui, che stabilisce i limiti, i tempi, le intensità dell'ondata terroristica? Chi se non il “moderato” Abbas?) - c'è dunque il rischio di pensare che il terrorismo sia episodico, isolato, un sintomo di disagio tutto sommato superficiale - così sembrano credere le Mogherini e i Kerry, se si lasciano indurre a parlare di terrorismo.
Non è vero. Sono alcuni giorni, per esempio, che non si sente più parlare dell' ”intifada delle auto”, ma non perché i terroristi arabi abbiano smesso di cercare di investire gli ebrei in Israele, solo perché per una ragione o per l'altra sono gli ultimi attentati stati fermati (questo è un esempio di ieri: http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/187493). E l' ”intifada dei coltelli" è invece continuata tranquillamente. Sempre ieri pomeriggio, in pieno centro di Gerusalemme, alla Porta di Damasco, l'ingresso principale al quartiere musulmano e anche quello più diretto per il Kotel dai quartieri settentrionali di Gerusalemme (http://www.jpost.com/Israel-News/Man-stabbed-with-screwdriver-on-central-Jerusalem-street-381957).
L'ondata terroristica non è affatto finita qualche giorno fa con la benevola mediazione del re di Giordania e l'assicurazione di Abbas a Kerry che avrebbe allentato la tensione (ma se la può allentare vuol dire che la controlla lui, non vi pare?). Sfogliate per favore le otto pagine di questo link (http://www.jewishpress.com/news/breaking-news/last-week-in-israel-240-terror-attacks-23-wounded-and-2-dead/2014/11/16/), che riportano i 240 attentati terroristici, i 23 feriti e i 2 morti della settimana che si è conclusa giovedì scorso. Questo è il ritmo, e la probabilità è purtroppo che continui.
Duecentoquaranta attentati vuol dire probabilmente un migliaio di attentatoiri, un migliaio di famiglie coinvolte negli attacchi. Non sono moltissimi, non sono manifestazioni di massa, ma significa che esiste una base terrorista abbastanza estesa, e ben disposta a sacrificarsi (perché la maggior parte di questi attentatori finisce in carcere, se pure non sono abbattuti durante l'attentato). E c'è consenso intorno ad essi, un consenso approvato, anzi organizzato dalle strutture dell'Autorità Palestinese. In questo senso vanno lette le notizie intorno all'”ambasciatrice” a Roma dell'A.P., i suoi post su facebook che approvano gli assassini pubblicata su “Libero” di ieri (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=16&sez=120&id=56041).
E' un problema per Israele? Certamente sì e non nuovo. Ma non è un problema DI Israele, è un problema DEGLI islamici. Lo si vede bene in questo periodo un po' dappertutto. La loro intolleranza è tale che attaccano tutto e tutti quelli che sono diversi da loro, inclusi altri musulmani. Gli esempi sono notissimi: l'Isis e le chiese in Iraq, Boko Haram e le ragazze cristiane in Nigeria, la Turchia e il genocidio negato degli armeni, le stragi in Siria degli aramei di Malula e di nuovo degli armeni di Aleppo... Oggi vi dò ancora un esempio, che riguarda di nuovo Israele. In un villaggio della Galilea, Abu Snam, ci sono stati nei giorni scorsi scontri durissimi fra gli arabi e i drusi (http://www.rightsreporter.org/israele-gli-arabi-moderati-attaccano-anche-i-drusi/), accusati di non partecipare alla sollevazione contro Israele, il che è ovvio, dato che i drusi hanno in Israele rispetto e sicurezza come non ne hanno mai avuto in nessuno stato arabo. Alla fine ci sono stati 42 feriti (http://www.jpost.com/Breaking-News/10-hurt-during-a-brawl-in-Northern-Israel-some-by-grenade-fire-381844), e non è detto che la cosa sia finita qui.
Insomma l'aggressività arabo/islamica si scatena anche in Israele e se lo fa poco, è solo perché è contenuta dalla forza dello stato ebraico. Se ci fosse compiacenza, complicità, tolleranza, come vorrebbero i Kerry e le Mogherini, la situazione peggiorerebbe molto. Se si arrivasse alla “pace” che costoro vogliono, il risultato sarebbe una situazione di tipo siriano, un carnaio immane. Teniamone conto, quando qualcuno auspica che “crollino i muri e cessi la repressione”: è la ricetta sicura per la violenza indiscriminata.
Ugo Volli