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Libero Rassegna Stampa
16.11.2014 Incredibile: l'ambasciatrice di Abu Mazen in Italia esalta i terroristi
Inchiesta esplosiva di Fausto Carioti

Testata: Libero
Data: 16 novembre 2014
Pagina: 16
Autore:
Titolo: «L'ambasciatrice di Abu Mazen che in Italia esalta i terroristi»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 16/11/2014, a pag.16, con il titolo " L'ambasciatrice di Abu Mazen che in Italia esalta i terroristi " l'articolo di Fausto Carioti.
Carioti ha tracciato un ritratto a tutto tondo della rappresentante dell'Anp in Italia, non proprio una ambsciatrice ma quasi, perchè lo stato di Palestina non esiste. Ma le qualifiche e mansioni sono le stesse, tra le quali il riconoscimento ufficiale da parte dell'Italia.
Come possiamo non chiederci il motivo per cui le è stato concesso ? A tutti gli effetti  non potrebbe nemmeno risiedere nel nostro paese, viste le posizioni che assume nel confronti del terrorismo palestinese, come ci informa la precisa e importante inchiesta di Fausto Carioti.
Occorre subito un passo ufficiale per il suo disconoscimento, seguito dalla espulsione quale 'persona non grata'. E già che ci siamo, un ripensamento sulla scelta di inviare in Italia un personaggio simile, nominato - e questo è rivelatore - da Abu Mazen, il 'moderato che dovrebbe fare la pace con Israele.


E' stato Napolitano a darle il benvenuto ?

Ecco l'inchiesta di Fausto Carioti:

Stavolta forse ci siamo: la Palestina come Stato sovrano dotato di pieno riconoscimento. Al momento non è cosi: la Palestina non è membro dell'Onu, dove deve accontentarsi dello status di osservatore permanente presso l'Assemblea. Sul suo definitivo upgrade pesa il veto di Stati Uniti e Israele. Nei prossimi giorni l'Autorità nazionale palestinese presenterà una proposta al Consiglio di sicurezza per ottenere il completo riconoscimento. Quanto all'Italia, non ha effettuato scambi ufficiali di ambasciatori con la Palestina. Il nostro Paese ha comunque una propria rappresentanza consolare a Gerusalemme Est e ospita una missione diplomatica palestinese, guidata dalla signora Mai Al Kaila, riconosciuta ufficialmente come «ambasciatore straordinario e plenipotenziario».
Federica Mogherini, ex funzionaria del Pd, quindi ministro degli Esteri e da qualche giorno responsabile della politica estera europea, appena entrata in carica ha messo il riconoscimento della Palestina in cima alla propria agenda. «Sono profondamente convinta che la migliore garanzia perla sicurezza di Israele sia la nascita di uno Stato palestinese», ha spiegato. Nessun riflesso pavloviano di una esponente di sinistra verso la questione palestinese, insomma, ma sana realpolitik condotta anche nell'interesse di Israele.
Sarebbe una posizione apprezzabile, se non fosse contraddetta dalle frequenti prese di posizione di un personaggio che la Mogherini dovrebbe conoscere bene: la stessa Mai Al Kaila, che non perde occasione per manifestare la propria vicinanza ai terroristi responsabili di azioni contro Israele e i civili israeliani. Classe 1955, legata al partito Al Fatah, prima di venire in Italia la signora Al Kaila ha servito come ambasciatore in Cile. Nata a Gerusalemme, ha studiato medicina. Per 17 anni ha lavorato per la Unrwa, l'Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati palestinesi e i cui dipendenti spesso sono stati scoperti essere complici o affiliai di Hamas e altre organizzazioni terroristiche.
Nel 1986 è stata prigioniera nelle carceri israeliane. Ha ricevuto il gradimento di Giorgio Napolitano come ambasciatore in Italia nell'agosto del 2013. Le uscite di Mai Al Kaila forse sfuggono all'attenzione della Mogherini e degli altri responsabili della diplomazia italiana ed europea perché rilasciate non su canali ufficiali, ma su Facebook e in arabo, dunque ad «uso interno», o quasi, dei suoi referenti palestinesi.
Una traduzione dall'arabo di alcuni dei suoi post più recenti può quindi essere utile. I14luglio scorso la signora Al Kaila dedica il suo messaggio a Moataz Washaha, 22 anni, membro del Fronte popolare perla liberazione della Palestina, organizzazione terroristica (riconosciuta come tale anche dalla Ue) di matrice marxista. Washaha era stato ucciso dall'esercito israeliano il 27 febbraio, nella città di Bir-zeit in Cisgiordania. Era accusato di avere pianificato e condotto numerosi raid terroristici. L'uomo aveva rifiutato di arrendersi ai soldati: barricatosi in casa, aveva iniziato a sparare con un fucile d'assalto. Al Kaila si reca in visita alla casa del terrorista e scrive sul social network: «Migliaia di ringraziamenti al martire Moataz, rimarrà immortale nei nostri ricordi». 
Il 20 agosto la benedizione via Facebook dell'ambasciatrice ricade su un membro delle brigate Abdul Qader Husseini, braccio arenato di Al Fatah. Costui faceva parte della unità che Ianciava missili sugli israeliani. Al Kaila chiede per lui la misericordia di Allah e l'accesso al paradiso islamico.
Il 5 novembre Al Kaila annuncia via Facebook un evento organizzato dalla sua ambasciata per richiamare la solidarietà degli italiani su Ahmad Sa'dat e Marwan Barghouti, prigionieri nelle carceri israeliane. Previsto anche un seminario per spiegare «la lotta coraggiosa dei nostri prigionieri». In realtà Sa'dat, segretario del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, è in carcere perché ritenuto responsabile dell'omicidio del ministro israeliano del Turismo Rehavam Zeevi nel 2001, oltre che di diversi civili. Era stato arrestato nel 2002 dall'Autorità nazionale palestinese e prelevato con la forza dall'esercito israeliano nel 2006.
Quanto a Barghouti, leader dell'Intifada, in carcere dal 2002, è stato condannato a cinque ergastoli per altrettanti omicidi. Il 6 novembre oggetto degli elogi di Al Kaila è il terrorista Moataz Hijazi, 32 anni, ucciso pochi giorni prima dall'esercito israeliano dopo che costui aveva tentato di assassinare il rabbino ed attivista Yehuda Joshua Glick. «Pietà per il mille volte martire Moataz Hijazi e per Abu Ammar, signore dei martiri», scrive su Facebook l'ambasciatore palestinese, che con ogni probabilità quando parla di Abu Ammar» intende riferirsi ad Arafat.
Difficile capire come il riconoscimento di uno Stato i cui rappresentanti considerano «martiri» i responsabili di atti terroristici contro i civili possa portare sicurezza a Israele.

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