Riprendiamo dal FATTO QUOTIDIANO di oggi, 12/11/2014, a pag. 17, l'articolo "Barghouti: 'Pronti all'Intifada' ".
Marwan Barghouti e Yasser Arafat: tra terroristi ci si intende
Il Fatto Quotidiano si occupa poco di politica estera, per fortuna. Quando lo fa, però, esprime tutti i peggiori stereotipi anti-israeliani, il terzomondismo più sfrenato, il più vergognoso rovesciamento della realtà.
1) Nel pezzo che segue vengono riportate le parole del terrorista pluriomicida Barghouti, condannato a sette ergastoli, presentandolo come un "esponente di Fatah in carcere".
2) Le parole dell'assassino Barghouti, che parla della morte di Arafat nei termini di un "assassinio" che "è stata una decisione ufficiale israeliana e americana", non vengono commentate dal Fatto. Si tratta di parole che fomentano il solito, vecchio complottismo che tiene insieme quelle creature fantasmatiche create dalle menti antisemite come i savi di Sion, le lobby ebraiche, il terribile Mossad (e magari anche altre assurdità patenti come scie chimiche e ufo responsabili dei cerchi nel grano...).
3) La cronaca segue il canovaccio del consueto rovesciamento totale della realtà e delle responsabilità: prima si parla dei terroristi eliminati da Israele (senza dire che sono tali) e solo dopo si fa cenno al "soldato" e alla "colona" uccisi, la risposta del governo israeliano è come sempre "dura", si parla della Palestina come se fosse uno Stato e della terribile "occupazione" di cui è colpevole il malvagio Stato ebraico.
Ecco l'articolo:
La tensione tra Israele e Palestina torna a crescere e i venti di guerra si spostano da Gaza in Cisgiordania. Marwan Barghouti, esponente di Fatah in carcere, ha invocato una terza intifada ricordando la figura di Yasser Arafat di cui ricorre il decennale della morte: "Il suo assassinio è stata una decisione ufficiale israeliana e americana. Si deve riprendere in considerazione l'opzione della resistenza per sconfiggere l'occupazione", ha dichiarato in una nota. La provocazione arriva in un momento delicato, contrassegnato da episodi di violenza. Un palestinese di 21 anni è stato ucciso dai militari dello Stato ebraico durante una manifestazione contro l'occupazione, degenerata poi in lanci di sassi e molotov. Nei giorni scorsi, invece, due palestinesi hanno ucciso a coltellate un soldato, a Tel-Aviv, e una ragazza di 25 anni, nell'insediamento ebraico di Alon Shvut, in Cisgiordania. La risposta del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è stata dura: "Risponderemo agli attacchi. Invito tutti coloro che dimostrano contro lo Stato di Israele e per la Palestina a trasferirsi in Cisgiordania o a Gaza. Non vi creeremo difficoltà in questo cammino". Dall'altra parte, si consuma una nuova frattura tra Fatah e Hamas. Il presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, si è scagliato contro quest'ultima ritenendola "responsabile dei recenti attentati contro Fatah nella Striscia, di rallentare la ricostruzione di Gaza e di distruggere l'unità nazionale".
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