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Ugo Volli
Cartoline
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Un tram o un muro? 05/11/2014
 Un tram o un muro?
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli


La metropolitana leggera di Gerusalemme

 Cari amici,

volete capire quel che succede a Gerusalemme? E in fondo in tutta Israele? Non guardate alle antiche pietre, non leggete i libri sacri, non preoccupatevi per una volta della strategia militare, delle delibere dell'Onu, dei missili di Hamas, delle minacce di Hezbollah. Ignorate il pomposamente inesistente “Stato di Palestina”. Guardate (come ha fatto nei giorni scorsi il Washington Post) a qualcosa di moderno, ma anche di umilmente quotidiano, di utile: il tram.

Gerusalemme è una città grande, ha 890.000 abitanti, più i sobborghi, un'estensione di 200 kmq (il doppio di quella di Torino, con lo stesso numero di abitanti), è costruita su colline e valli, notoriamente è difficile da girare per gli ingorghi e le strade strette (a parte le poche autostrade urbane). I trasporti pubblici sono sempre stati autobus, ingombranti e inquinanti. Una quindicina d'anni fa la città decise finalmente di dotarsi di una metropolitana, ma per non dover scavare in un terreno pieno di antichità optò per una “metropolitana leggera”, insomma un grosso tram, che dopo varie vicende, compreso un tentativo di boicottaggio arabo delle imprese costruttrici, è stato inaugurato 3 anni fa. E' per ora una linea sola, lunga quasi 14 chilometri, con 23 fermate, che serve quotidianamente 130.000 persone in media: il 15% della popolazione urbana (http://en.wikipedia.org/wiki/Jerusalem_Light_Rail). Il biglietto costa circa un euro e mezzo.


La metropolitana leggera di Gerusalemme unisce tutti gli abitanti della capitale di Israele

Il percorso parte dal Monte Herzl, dove c'è il grande cimitero militare e non lontano da Yad Vashem, attraversa i quartieri popolari alla periferia occidentale della città, supera il grande ponte di Calatrava, passa per la stazione centrale, sfiora lungo Yaffa Street il popolare mercato di Mahane Yehuda, arriva fino alle mura della città vecchia poco sopra Mamilla, dove svolta a nord seguendo la vecchia linea armistiziale e serve i quartieri arabi a Est come quelli ebraici a ovest della linea, passa poi attraverso zone arabe come Shafuat per arrivare al quartiere ebraico di Beit Hanina. L'intero percorso dura 46 minuti, il tram va piano nelle strade centrali affollate di pedoni. Ma comunque è un mezzo molto comodo per raggiungere il centro da Ovest e da Nord.

E' stato concepito come un mezzo per unificare la città, dando a tutti i suoi abitanti di qualunque religione ed etnia l'accesso al centro. Non un privilegio per la popolazione ebraica, ma uno strumento utile a tutti. E in effetti, chi l'ha usato non può che essere stato colpito dalla grande mescolanza dei passeggeri: ebrei tradizionalisti in nero coi berretti di pelliccia e donne arabe velate, soldati dell'esercito israeliano e preti delle più diverse confessioni cristiane, ragazzi variopinti e manager dagli abiti businesslike. Questo era l'effetto atteso, e questo è avvenuto. Israele non vuole affatto isolare le sue minoranze, anzi cerca di rimescolarle e di offrire a tutti cittadinanza attiva, sicurezza, servizi sociali e diritti politici. Il percorso è stato studiato tendendo a questi obiettivi.

Proprio per questa ragione, però, il tram di Gerusalemme è diventato un obiettivo del terrorismo a bassa intensità organizzato da Abbas e dalla sua Autorità Palestinese. Da luglio i vagoni del tram, luoghi civili e non certo obiettivi militari, sono stati presi a sassate 150 volte. 15 dei 23 convogli disponibili sono stati danneggiati tanto da aver bisogno di riparazioni. Diverse stazioni sono state distrutte, dando alle fiamme i distributori di biglietti, abbattendo le pensiline, cercando di danneggiare i binari. Da ultimo, proprio una delle fermate a nord, Ammunition Hill è stato teatro dell'ultimo orribile attentato contro i civili. Un arabo di nome Abd Al Rahman al Ahaludi , residente a Silwan, due passi dalla fermata della Porta di Damasco, ha investito con la sua automobile un gruppo di passeggeri che scendeva dal tram, ammazzando una bambina di tre mesi nel suo passeggino e una ragazza ecuadoregna di 23 anni.

Tutti questi attacchi alla popolazione civile, a persone innocenti che viaggiano su un mezzo pubblico sono stati compiuti da arabi. Nessuno è stato condannato dall'Autorità Palestinese, che anzi ha esaltato l'attentatore e ha chiamato a raccolta i suoi sudditi per restaurare il possesso islamico di Gerusalemme, negando anche ora che il controllo è israeliano, il diritto degli ebrei di pregare sul Monte del Tempio, da tremila anni centro della spiritualità ebraica e anche al Kotel, quello che gli occidentali chiamano Muro del pianto, il contrafforte occidentale della costruzione erodiana, dove perfino i romani, che fra il 70 e il 130 distrussero Gerusalemme e ne fecero pulizia etnica, consentivano agli ebrei di venire a pregare - una consuetudine che si è interrotta solo per i 18 anni dell'occupazione giordana della città.

Ora c'è qualcuno in Europa e in America che vorrebbe restaurare quella condizione. Questo è quello che chiede Abbas sotto il nome dei “confini del '67": una nuova pulizia etnica. Gli attacchi fisici al tram sono l'aspetto materiale, evidente, dell'attacco politico all'unificazione di Gerusalemme che va sotto il nome di “stato di Palestina nei confini del 67”. Dove oggi c'è il tram, dove ci sono alberghi, centri commerciali, parchi, l'Autorità Palestinese vorrebbe un nuovo muro (in attesa di conquistare il resto della “Palestina”, naturalmente. Haifa e Jaffa e Beer Sheva e Acco e tutto il resto che continuano a rivendicare).

Ma fermiamoci qui: quel che vogliono è un muro al posto del tram. Quel che il Parlamento inglese ha inteso riconoscere e con lui il governo svedese, il senato irlandese è questo: un muro al posto del tram. Quel che la nuova ministra degli esteri europea Mogherini ha detto di volere (uno Stato palestinese, non la pace o l'accordo delle parti) significa questo: un muro al posto del tram. Sarebbe interessante capire che ne pensano i pacifisti che dicono “ponti e non muri". Ponti sì e tram no? Chi vuole unire e chi vuole dividere? Chi fornisce servizi e lavoro agli altri e chi glielo toglie? (Questa domanda si spiega col successo ottenuto dal boicottaggio di Soda Stream, che è stata costretta a chiudere nei giorni scorsi il suo impianto oltre la linea verde, per riaprirlo nel Negev, con questo risultato ottenuto dai boicottatori: il licenziamento di 500 operai arabi, che ricevevano stipendi e sicurezza sociale di tipo occidentali e ora si ritrovano sul lastrico -http://www.bloomberg.com/news/2014-10-29/sodastream-to-close-factory-at-center-of-israel-palestinian-spat.html ). Insomma, chi vuole la pace e chi vuole lo scontro? Chiedetelo al tram e la risposta sarà chiarissima.


Ugo Volli


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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