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La Stampa Rassegna Stampa
01.11.2014 Chi è Paolo Gentiloni, nuovo Ministro degli Esteri
Ritratto di Fabio Martini

Testata: La Stampa
Data: 01 novembre 2014
Pagina: 2
Autore: Quel ministro rutelliano politicamente renziano prima ancora di Renzi
Titolo: «Fabio Martini»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 01/11/2014, a pag.2. con il titolo "Quel ministro rutelliano politicamente renziano prima ancora di Renzi" il ritratto di Fabio Martini.

a destra Paolo Gentiloni, nuovo Ministro degli Esteri


Fabio Martini

Cominciamo dalla buona notizia, la scelta di Paolo Gentiloni ha cancellato il pericolo più grave, la consegna della Farnesina a Lapo Pistelli, un futuro in stile Emma Bonino/Massimo D'Alema, una politica squilibrata in favore dei regimi arabi, terzomondisti, aperta a regimi criminali come l'Iran. Abbiamo scelto il commento di Fabio Martini fra i molti usciti oggi su quasi tutti i quotidiani in quanto informato e, insieme, lontano da prese di posizione pro o contro.
Gentiloni arriva dopo la breve conduzione di Federica Mogherini, che ha voluto chiudere con un comunicato sulla crisi mediorientale che avrebbe fatto meglio ad evitare. Vedremo come si comporterà in Europa.
Di Gentiloni desta sospetto la lunga militanza politica segnata da appartenenze tutt'altro che edificanti, avendo percorso diversi raggruppamenti, quali la collaborazione con Luciana Castellina nella rivista "Pace e Guerra", seguita dalla direzione della rivista "La nuova ecologia", da sempre ostile a Israele. Migliora con la collaborazione con Francesco Rutelli, avvicinandosi poi a Renzi all'interno del PD.
In politica il passato va giudicato in base al presente, a Gentiloni va riconosciuto un deciso miglioramento. Il ritratto di Martini si conclude con un "  
considerato un amico all’ambasciata degli Stati Uniti e in quella di Israele, ". Ci auguriamo corrisponda a realtà. Le seguiremo con attenzione, il PD non è certo immune da posizioni ostili, più che in direzione nei gruppi parlamentari, affollati ancora da trinariciuti vecchio stile catto-comunista. In attesa che Renzi provveda al loro pensionamento.
 Auguri di buon lavoro.

Ecco l'articolo:

Fino a tre giorni fa, ignaro di quel che stava per accadergli, Paolo Gentiloni era impegnatissimo nel diramare inviti per il suo compleanno: «Quest’anno compio 60 anni, il 22 novembre ci vediamo a casa mia?». Casa Gentiloni è uno degli appartamenti del palazzo interamente di proprietà dei discendenti del famoso conte Ottorino Gentiloni Silverj, uomo di fiducia di Pio X e promotore del «patto» col quale i cattolici tornarono a votare nelle elezioni del 1913. Ma del sangue blu dei suoi antenati Paolo Gentiloni ha mantenuto poco, di sicuro la distanza da tutto ciò che è ribollire di passioni, una freddezza che può diventare la prima credenziale per il lavoro diplomatico che lo attende. Racconta Ermete Realacci, l’amico di una vita: «Per dire che uno è un cretino, è capace di perifrasi fredde, taglienti ma non offensive, del tipo: non sono sicuro che io mi comporterei così...». E l’altra caratteristica destinata a tornar utile alla Farnesina è quella di «essere uno sgobbone, uno che approfondisce i dossier fino all’ultima pagina - sostiene Michele Anzaldi, deputato Pd che lo conosce da 30 anni - un perfezionista che non sopporta intromissioni improprie: quando era ministro delle Comunicazioni scriveva sul suo portatile provvedimenti e circolari e poi portava il testo a casa, i superburocrati apprendevano tutto a cose fatte». Romano, 59 anni, buona conoscenza dell’inglese e del francese, un look all’antica (loden verdi, mocassini, completi grigi) e un’idiosincrasia per i mezzi motorizzati (in città si muove sempre a piedi) Paolo Gentiloni è stato “renziano” ancora prima ancora che scoppiasse il “renzismo”. Tra il 2001 e il 2005, negli anni d’oro della Margherita di Francesco Rutelli e poi nella stagione della riconquista del potere da parte degli ex Ds, Gentiloni è stato uno dei teorici del superamento della tradizione politica post-comunista, antesignano di un Pd che, anziché allearsi con i centristi alla Casini, fosse capace di parlare agli artigiani veneti o alle partite Iva. Capofila di quella predicazione era Rutelli, il capostipite di una intera generazione che ora è alla guida del Paese. Tutto ebbe inizio nel 1993, quando la sinistra riconquista il Campidoglio. Portavoce di quella amministrazione, e poi “regista” del Giubileo, è il quarantenne Paolo Gentiloni, che delle nobili radici famigliari aveva già dismesso quasi tutto: leaderino del Movimento studentesco negli anni del borghesissimo liceo classico “Tasso, collaboratore della rivista pacifista, «Pace e guerra» di Luciana Castellina e poi direttore del mensile La Nuova ecologia. Ma dopo l’esperienza del Campidoglio - dove lavorava anche Filippo Sensi, oggi portavoce di Renzi - lo scatto che trasforma Gentiloni in un personaggio di prima fascia della politica nazionale è un’impresa che non finisce nei curriculum ma che tutti gli addetti ai lavori ben conoscono: la regia, sapiente e cinica, della campagna elettorale del 2001, nel corso della quale Francesco Rutelli, senza Rifondazione comunista, Di Pietro e D’Antoni, riuscì quasi a raggiungere in voti assoluti uno dei più brillanti Berlusconi del ventennio. In quella occasione Gentiloni ottiene la collaborazione di Stan Greenberg, il guru che aveva portato alla vittoria leader progressisti in tutto il mondo. Per anni di Greenberg non si seppe più nulla in Italia e recentemente proprio Gentiloni ha confidato: «Casualmente ho appreso che Renzi, per conto suo, ci aveva parlato». Come dire che Renzi iperattivo come è, bypassa le mediazioni anche degli amici. Perché Gentiloni, politicamente parlando, è stato uno dei primi amici politici di Matteo Renzi a Roma. A far conoscere i due era stato (di nuovo) Francesco Rutelli, dopo che nel 2004 Renzi era diventato presidente della Provincia di Firenze in quota rutelliana.Già alloraRutelli, che pure puntava su Renzi, aveva messo a fuoco il personaggio: «Un paravento che farà carriera... ». Renziano della prima ora, nelle riunioni della Direzione del Pd sempre ricco di argomenti “alti” per supportare Renzi, da anni Gentiloni è un cultore della politica anglosassone e l’essere considerato un amico all’ambasciata degli Stati Uniti e in quella di Israele, ha rappresentato un viatico importante nell’ultimo miglio che lo ha portato alla Farnesina.

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