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La 'cattiva scuola' a Roma e a Gaza Commento di Dario Sanchez
Dario Sanchez, italo-israeliano, reporter freelance e attivista sionista, 24 anni, è nato due volte: il 21 ottobre del 1990 a Roma e il 29 aprile del 2014 nel kibbutz Palmach Tzuba, alle porte di Gerusalemme. Diplomatosi al liceo classico, ha dedicato gli anni della sua adolescenza al contrasto dell'antisemitismo e del neonazismo, e facendo volontario in diverse basi militari israeliane a partire dai 17 anni. Protagonista del Movimento Studentesco romano, viene espulso nel 2012 da una formazione della sinistra radicale italiana per i suoi ideali sionisti senza possibilità di difesa e di appello e con revoca immediata della tessera, scoprendo così il piacere di poter vivere benissimo senza padrini e padroni.
Cari amici, Nel momento in cui vi scrivo dalla mia casa di Gerusalemme i giornali italiani mi parlano di strade e piazze piene di studenti e lavoratori impegnati a controbattere e contrastare la riforma del lavoro e della scuola portata avanti dal Governo, con le consuete ricorrenze e ritualità che si ripetono uguali a se stesse ogni Ottobre da ormai dieci anni, condite dell’immancabile estetica del conflitto e della rivolta per la rivolta. Ero anch’io fino a una qualche dozzina di mesi fa parte di questo copione, parte del corredo urbano autunnale, “animale da corteo”, fino a quando chi teneva le reti del teatrino non decise che per via della mia identità ebraica e sionista ero diventato un corpo estraneo portatore di pensieri scomodi, non più compagno ma “nemico”, traviatore di giovani e fragili menti. Un nemico da allontanare, umiliare, denigrare, isolare, abbattere. Esattamente come perlomeno dal 1967, su scala ovviamente diversa, la maggioranza delle sinistre del mondo intero si comportano nei confronti del mio Paese, Israele. Inviso tanto ai rossi quanto ai neri, ho smesso di contare le volte che sono stato additato come “infiltrato” e come “spia”: permettetemi, dunque, in questo mio primo intervento su IC, di rivolgermi a quelli che - fino a quando nelle riunioni a porte chiuse della sinistra extraparlamentare romana "i compagni" non decisero di mettermi alla porta - erano i miei naturali lettori: quei ragazzi e quelle ragazze, per lo più tra i quattordici e i venticinque anni, che in questi giorni riempiono e animano quelle piazze. E permettetemi di spiegare loro quello che ad esempio Marco Rizzo - giusto per citare un nome noto a tutti, non per dargli una importanza che non merita - non mi hai permesso di raccontargli pubblicamente, e cioè perché oggi, se ancora vivessi in Italia, in quelle piazze non ci metterei più piede. Non si può, cari ragazzi, sfilare a cuor leggero dietro ai carri di chi un giorno si riempie i polmoni di parole come “salario minimo garantito” e “scuola pubblica e gratuita di qualità” e il giorno dopo con nonchalance vi invita a bruciare bandiere israeliane e a sostenere “la resistenza palestinese “ di Hamas “fino alla vittoria”, per una “Palestina libera e rossa” (!?!)… e non soltanto perché qui in Israele il salario minimo fissato per legge la scuola pubblica e di qualità che voi tanto bramate noi ce l’abbiamo da un pezzo e senza aver mai avuto l’esigenza di manifestare, ma perché sostenere le avanguardie dell’islamofascismo più nero e becero e al contempo definirsi progressisti, quando non “socialisti” oltre che un controsenso è un suicidio, quando non un crimine contro l'umanità. Tralasciando - non perché sia meno importante - i sogni genocidi degli islamisti di Gaza, che nel loro statuto scrivono di voler ammazzare ogni ebreo presente sulla faccia della terra, e non solo da Israele, vorrei raccontarvi oggi, cari studenti italiani , della “Buona Scuola” di Hamas: la “Buona Scuola” dove ai bambini si insegna a sparare fin dall’asilo, e dove si inculca il valore sacro del martirio, dell’immolazione con le bombe per mutilare e ammazzare quanti più ebrei possibile. La “Buona Scuola” dove la geografia è militante, la Storia e la Filosofia inesistenti, le scienze - e in modo particolare la matematica e la chimica - piegate alla logica del terrore e la Religione - solo una, ovviamente - onnipresente. La “Buona Scuola” dove è proibito ballare e cantare. La “Buona Scuola” contro cui se ti ribelli, se scendi in piazza, se manifesti… ti sparano, ti ammazzano, muori. La “Buona Scuola” dove in tempo di pace si reclutano le manine per scavare senza alcun “salario minimo” i tunnel del terrore, tombe di decine e decine di bambini e adolescenti costretti a scavare spesso a mani nude, e che in tempo di guerra diventa rampa di lancio per i missili del terrore puntati contro altre scuole, le scuole israeliane. La “Buona Scuola” contro cui il “moderato" Abu Mazen non ha mai proferito parola. La “Buona Scuola” di cui nessuno vi ha mai parlato, fatta come ogni scuola di insegnati, presidi e bidelli: adulti tesserati all’unico partito concesso, che si sentono forti nell’ingrato ruolo di carcerieri di giovani menti, aguzzini a loro volta vittime di un potere brutale e spietato. La “Buona Scuola” dove i programmi scolastici li scrivono i burocrati di Hamas e i soldi ce li mette l’ONU in silenzio, cioè i nostri governi attraverso le nostre tasse. La “Buona Scuola” che Vittorio Arrigoni, che di certo non si può definire un sionista, ha tentato di denunciare raccontando in un post del suo blog il clima di terrore respirato dai giovani ragazzi gazawi che tentano di contrastare la follia di Hamas: una denuncia che Arrigoni ha pagato con l’accusa di tradimento da parte dei suoi lettori italiani prima e con la morte per mano dello stesso regime che in origine voleva aiutare poi. Eccola, la “Buona Scuola” di Hamas, la "Buona Scuola" che mai vorreste avere a casa vostra ma che implicitamente accettate ogni qual volta bruciate una bandiera israeliana e ne reclamate la distruzione. La “Buona Scuola” di cui voi probabilmente non sapevate niente, ma che è ben nota ai tizi sui carretti e in testa agli spezzoni dietro cui urlate a pieni polmoni: i vecchi arnesi e i giovani vecchi che vi incitano ad odiare uno Stato dove l’istruzione è garantita a tutti e veramente senza spendere un soldo fino ai massimi livelli, a prescindere dalla religione professata e dalle origini, e dove nella sola Haifa, sede del prestigiosissimo Technion, il politecnico israeliano noto e invidiato da tutto il mondo, più del 20% degli studenti sono arabi musulmani. Non vi chiedo di abbandonare le piazze, tutt’altro. Vi chiedo di diventare grandi, di scegliere quale modello di scuola volete costruire in alternativa alle riforme avanzate dal Governo italiano: se vorreste per voi stessi “Buone Scuole” come quella di Hamas o qualcosa di meglio. Non vi chiedo di isolare e abbandonare a loro stessi ai margini dei cortei quegli individui che difendono il diritto sacrosanto all’istruzione pubblica per bieco calcolo politico e non come voi, mi auguro, spinti da un vero ideale, perché mi rendo conto sarebbe pretendere troppo: ma sappiate che non si può lottare per la difesa della scuola pubblica sperando di ottenere davvero qualcosa se allo stesso tempo come dei dissociati mentali si manifesta a giorni alterni anche per Hamas e la sua “scuola”. Ad oggi, che piaccia o meno, la Storia ci racconta che l’unica realtà in tutto il Medio Oriente che ha garantito e continua a garantire ai vostri coetanei arabi una reale opportunità di formazione e istruzione, una formazione e una istruzione come vorreste averla voi in Italia - e che ancora non avete, nonostante tutte le lotte di questi anni - si chiama Israele. Per un Movimento Studentesco sano “Buone Scuole” come quelle di Hamas non dovrebbero proprio esistere. Ma - ed è proprio per questo che non mi vedrete più in piazza - il Movimento Studentesco, per vie delle sue per me inaccettabili contraddizioni, mi duole dirlo, è ormai marcio. Se potete - e volere è potere - siete ancora in tempo, cari studenti, per stupirci tutti.
http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90 |
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