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La Repubblica Rassegna Stampa
23.10.2014 Canada: il terrorismo islamico colpisce un Paese amico di Israele
Cronaca di Alberto Flores d'Arcais

Testata: La Repubblica
Data: 23 ottobre 2014
Pagina: 2
Autore: Alberto Flores d'Arcais
Titolo: «Canada, attacco al Parlamento: ucciso un soldato a Ottawa, l'ombra del terrorismo islamico»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 23/10/2014, a pagg. 2-3, con il titolo "Canada, attacco al Parlamento: ucciso un soldato a Ottawa, l'ombra del terrorismo islamico", la cronaca di Alberto Flores d'Arcais.

Alberto Flores d'Arcais

L'intervento delle forze canadesi sul luogo dell'attentato
Il giorno più lungo del Canada inizia alle 9.52 di una tiepida mattina d’autunno. Due uomini, raccontano i testimoni, scendono d’improvviso da una Toyota Corolla grigia, sono armati, nel giro di pochi secondi sparano, feriscono, uccidono. Uno dei due resta a terra, freddato anche lui, mentre tutto intorno, tra urla di paura, gente paralizzata, fughe e sirene che ululano, la placida Ottawa fa la sua conoscenza, diretta e sanguinosa, con il terrorismo. Wellington Street è la grande arteria che costeggia Parliament Hill, il cuore dei palazzi del potere, è lì che gli uomini che hanno scelto di uccidere hanno parcheggiato l’auto, in un punto strategico tra il War Memorial e il palazzo da dove ministri e deputati governano il paese. È l’inizio di ore di caos, di cittadini che scappano o vengono chiusi in edifici trasformati in trappole, con gli agenti speciali che battono l’area palmo a palmo quasi fosse una zona di guerra, con proiettili che fischiano in un centro commerciale, cecchini agli angoli delle strade e un commando di terroristi — forse erano in tre, qualcuno parla addirittura di un commando — a sparare da un tetto. E con un primo ministro portato in salvo, in un luogo segreto e in modo spettacolare, dalle forze speciali.
Il primo caduto, quasi fosse una guerra vera, è un soldato: Nathan Cirillo, italocanadese. Lo hanno colpito alle spalle mentre faceva la guardia al War Memorial, il grande arco di pietra bianca con i bronzi che ricordano i soldati canadesi morti nelle guerre mondiali. Lo ha ucciso con un fucile da caccia un uomo vestito di nero, dicono i testimoni, con i capelli lunghi e scuri e con una sciarpa a coprirgli mezzo volto. Lo stesso terrorista, stando alle prime ricostruzioni, dopo essersi impadronito di un’auto ufficiale (le uniche autorizzate ad entrare nell’area) si è diretto verso il Parlamento, facendosi largo a colpi di fucile automatico. La sua esistenza dannata è stata chiusa dalle pallottole sparate da un ex “Mountie”, le giubbe rosse della polizia canadese, che si trovava per caso da quelle parti: un ex poliziotto, di cui già si parla come di un eroe. Il suo nome è Kevin Vickers, responsabile della Sicurezza al Parlamento canadese: «I parlamentari e il personale devono la loro vita a Vickers che ha ucciso l’aggressore appena fuori dell’aula dove erano riuniti». Poche ore dopo, la polizia ha fatto filtrare anche il nome dell’uomo ucciso: si tratterebbe di Michael Zehaf-Bibeau, cittadino canadese nato nel 1982 e convertito all’Islam (prima, si chiamava Michael Joseph Hall), su cui ora sono convogliati tutti gli sforzi investigativi. Non solo: la sua foto è stata subito postata in rete dall’Is.
Per il Parlamento ieri doveva essere una giornata importante: quando è partito l’attacco era appena iniziato il “caucus” dei deputati conservatori, e il premier Stephen Harper nel giro di un paio d’ore avrebbe dovuto consegnare la cittadinanza onoraria a Malala Yousafzai, l’attivista pachistana premio Nobel per la pace. È stato invece un inferno: fucilate da una parte e dall’altra, tre feriti, dimessi in serata. All’interno dell’edificio principale si sono vissuti momenti di vero e proprio terrore. Tutto intorno il centro di Ottawa è stato completamente bloccato, tutti costretti ad andarsene sotto scorta, divieto assoluto di affacciarsi dalle finestre, mentre centinaia di agenti in assetto di guerra e squadre speciali anti-terrorismo appoggiati da blindati leggeri, si impadronivano del territorio. Troppo tardi per evitare un’altra sparatoria, questa volta al Rideau Center, il grande centro commerciale su tre piani a poche decine di metri dal Parlamento, in tempo per mettere in fuga un paio di terroristi cecchini appostati su un tetto.
Dopo cinque ore dai primi spari Ottawa è una città in stato d’assedio, con gli appelli diffusi a mezzo radio e social network affinché chi ha informazioni utili a rintracciare i terroristi in fuga le fornisca in tempo reale, mentre il premier Harper parla dell’assalto come di un «atto spregevole». Ogni auto viene controllata, agenti armati fino ai denti perquisiscono ogni angolo di edifici pubblici, case private, portoni, negozi. In centro le scuole, gli uffici e le ambasciate sono state messi in lockdown, nessuno (e niente) può entrare o uscire. Chiusa ed evacuata anche l’ambasciata italiana, con l’ambasciatore Gian Lorenzo Cornado rimasto bloccato al Convention Center dove era in corso una riunione sull’Artico. L’attacco al Parlamento arriva — forse non a caso — il giorno dopo in cui in Canada era stato proclamata la massima allerta anti-terrorismo, per l’adesione del Paese alla coalizione internazionale. Martedì era morto uno dei due soldati che lunedì erano stati investiti con l’automobile da Martin Couture-Rouleau (anche lui convertito all’Islam, poi ucciso dalla polizia) a Saint-Jeansur Richelieu, piccolo centro vicino Montreal. Per l’intelligence Usa quello dell’“incidente automobilistico” è uno degli scenari previsti dai manuali dello Stato Islamico nei suoi messaggi ai simpatizzanti in Occidente. Pur avendo elevato il livello di allarme le autorità canadesi avevano precisato di non essere in presenza di una minaccia specifica ma che «individui o gruppi all’interno del Canada hanno l’intenzione e le capacità di commettere atti di terrorismo».
Anche negli Stati Uniti l’Fbi, nel timore che si tratti di un attentato di matrice jihadista, ha alzato il livello di allerta, mentre Obama, appena informato dei fatti, ha subito telefonato al premier canadese. A Washington sono state rafforzate le misure di sicurezza attorno all’ambasciata canadese e attorno al cimitero monumentale di Arlington, dove sono sepolti i reduci di tutte le guerre.
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